Il governo di Washington DC vorrebbe imporre a Facebook di modificare il suo algoritmo di codifica di Messenger per permettere alle forze di polizia l’ascolto di eventuali conversazioni utili nelle investigazioni.
Tutto ciò deriverebbe da un caso avvenuto a Fresno in cui è coinvolta l’MS-13, una potente e molto violenta banda criminale sudamericana, oggi molto attiva negli Stati Uniti.
Il social Facebook sarebbe stato accusato di oltraggio alla corte dal pubblico ministero per essersi rifiutato di collaborare e i suoi legali starebbero contestando fermamente questa richiesta giunta dal Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti.
Non è la prima volta che il governo statunitense cerca con un atto di forza, di poter accedere alle conversazioni private degli utenti. Già nel 2016, l’Fbi aveva provato a infrangere la privacy di Apple sull’iPhone di uno dei due implicati nella strage di San Bernardino, l’eccidio dove Syed Rizwan Farook e Tashfeen Malik uccisero molte persone in un centro sociale per disabili.
In quel caso comunque, gli investigatori volevano accedere soltanto ai dati contenuti in un IPhone bloccato, mentre adesso si vorrebbe entrare direttamente negli account privati, senza tener conto che in questo tipo di conversazioni, a differenza di Gmail o dei normali messaggi di Facebook, il messaggio viene criptato durante il trasferimento, senza che il fornitore del servizio possa in alcun modo leggerne il contenuto.
Se questa richiesta dovesse essere accolta, ci potrebbero essere conseguenze considerevoli sugli altri servizi di questo tipo, come WhatsApp ad esempio, che si vedrebbero costretti a modificare i propri software per conservare conversazioni, immagini, chiamate e messaggi vocali, così da poterli fornire in caso di richiesta, alle forze di polizia.
Quindi una possibilità ulteriore di compiere un passo ancora verso un controllo globale su ogni cittadino, privato della propria privacy e soggetto ad un vero e proprio “occhio onniveggente” mondiale.
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