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I capigruppo M5S di Camera e Senato tentano la rincorsa ai consensi perduti e pungolano Salvini



Come in un gioco degli opposti, in cui una faccia della medaglia rivela il suo contrario, il rapporto tra Lega e 5 Stelle prosegue tra scricchiolii sempre più udibili e ambigue prese di posizione di chi, ribadendo l'assoluta bontà dell'alleanza, prepara il tracciato per una corsa solitaria. E se le macchinazioni di un Salvini sempre in bilico tra la fedeltà al contratto di governo e quella sistemica a quel centrodestra che l'ha partorito, politicamente parlando (senza trascurare l'ipotesi dell'avventura ai vertici dell'Ue), proseguono con perfetta aderenza, come in un ordine del giorno che non ammette deroghe, in un'alternanza di bastone e carota, aperture all'alleato seguite da subdole stoccate (il sì a un ipotetico referendum sulla Tav è soltanto l'ultima), parole inclusive rivolte all'ampia platea nazionale intervallate a ben più focosi appelli all'elettorato storico del nord est, anche dal fronte grillino si cerca, con risultati meno incoraggianti, di portare acqua al mulino. Un mulino che a detta di molti, sondaggi alla mano, è sempre meno appetibile e quel sorpasso nei consensi, soltanto paventato in estate da parte della Lega, appare oggi come una realtà incontrovertibile. Grazie a una comunicazione spietatamente perfetta Salvini è riuscito a sovvertire la popolana credenza, tenendosi dappresso la botte piena e il grillino ubriaco. Un gioco delle parti in cui il leader indiscusso della destra nostrana sembra molto più abile del dirimpettaio Di Maio, stroncato dall'inchiesta mediatica sull'azienda paterna e affannato nel gestire le rimostranze della base "sognatrice" del movimento, così come le frange più oltranziste che siedono in Parlamento. Ed è proprio nelle Aule dell'organo legislativo che i gruppi parlamentari penstastellati tentano una controffensiva su un terreno per loro fertile, che coniuga le radici del pensiero dell'ala radicale con le necessità pratiche attuali. La sponda l'ha data la nuova inchiesta portata avanti dalla Procura di Bergamo che coinvolge il tesoriere del Carroccio Giulio Centemero che, seppur non iscritto nel registro degli indagati, dovrà rispondere in merito all'accusa di finanziamenti illeciti al partito. L'ennesima bagarre legale per la Lega offre una guancia scoperta troppo invitante per il Movimento e i capigruppo a Camera e Senato, Francesco D'Uva e Stefano Patuanelli, non si sono lasciati sfuggire la possibilità di infliggere il colpo. Con un sacrale richiamo all'onestà e alla lotta ai finanziamenti illeciti, uno dei cavalli in campagna elettorale che meglio ha corso per l'effige dei grillini, i due capigruppo hanno rivolto un accorato appello al titolare del Viminale, invitandolo a «non minimizzare la vicenda» prima di dirsi certi che «la Lega fornirà ulteriori chiarimenti sul caso». Parole al miele per qualcuno, sicuramente un modo per cercare di divincolarsi dall'angolo del ring dove la retorica Salviniana li ha costretti. E intanto, per un colpo inflitto, altri piombano da ogni parte. Sondaggi alla mano (Swg) il 53% degli italiani si dice contrario alla manovra economica prodotta dal governo, un dato preoccupante visto il trend in continua ascesa, alimentato dalla procedura di infrazione, al 48% nell'ultima rilevazione di metà novembre. La tenuta dell'intera baracca sembra esposta alle intemperie e alla clemenza delle burrasche e il rischio di questa gara su due fronti, quello interno all'alleanza e quello nel rapporto con l'elettorato, è che alla fine non si venga a capo di nulla, a netto vantaggio di Salvini la cui exit strategy sembra preparata da tempo e soltanto riposta in un cassetto.



di Alessandro Leproux

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