Tiziano Renzi e Laura Bovoli, il papà e la mamma di Matteo Renzi, sono finiti agli arresti domiciliari con un provvedimento eseguito dalla Guardia di Finanza. I reati contestati sono bancarotta fraudolenta e false fatturazioni. I due genitori dell’ex premier ed ex leader del Pd sono accusati di aver provocato “dolosamente” il fallimento di tre cooperative dopo averne svuotato le casse per diversi milioni di euro. Con i genitori dell’ex premier sono indagate altre 5 persone, tra cui Roberto Bargilli, ex autista del camper di Matteo Renzi durante le primarie del 2012. Gli altri sono gli amministratori delle cooperative che avrebbero agevolato questo sistema ritenuto illegale dai giudici. La clamorosa svolta dell’indagine - condotta dal procuratore Giuseppe Creazzo, dall’aggiunto Luca Turco e dal pubblico ministero Christine Von Borries - era arrivata nell’autunno scorso grazie all’esame della documentazione acquisita presso la “Eventi 6” che portava a tre cooperative: “Delivery”, “Europe service Srl” e “Marmodiv”. Queste ultime due furono perquisite nei mesi scorsi e il materiale sequestrato - libri contabili, fatture, contratti - avrebbe corroborato l’ipotesi accusatoria convincendo i magistrati a chiedere l’arresto dei coniugi Renzi per il timore di inquinamento delle prove e di reiterazione del reato.
La notizia – lanciata in esclusiva dal Corriere.it per la firma della sua più valente cronista di giudiziaria, Fiorenza Sarzanini, giornalista che ha ottimi rapporti con le Procure - piomba, nelle redazioni e nel mondo della politica, come un fulmine a ciel sereno in una giornata che sarà da ricordare. Perché si tratta della stessa giornata, il 18 febbraio, in cui il vicepremier e ministro dell’Interno, Matteo Salvini, è finito sulla graticola, e da tutto il giorno, per il voto on-line dei militanti 5Stelle che, sulla loro piattaforma Rousseau, tra ritardi, blog in tilt e quesito formulato in modo capzioso devono votare sul suo destino. Se, cioè, dire di no o dire di sì alla richiesta di autorizzazione a procedere avanzata dal Tribunale dei Ministri di Catania. La stessa richiesta su cui domani, martedì, si pronuncerà l’unico organo deputato, secondo la Costituzione, a farlo, e cioè la Giunta per le Immunità del Senato, e dopo di essa – entro un paio di settimane, in via definitiva – l’aula del Senato. Ma se Salvini venisse ‘condannato’ dal sacro blog ne seguirebbe, di fatto, una vera e propria crisi di governo perché i senatori pentastellati dovrebbero ‘attenersi’ al voto dei militanti.
Ecco, in una giornata come questa la notizia dell’arresto, seppure ai domiciliari, dei genitori di Renzi – che è appena ritornato sulla scena pubblica con un nuovo libro – appare come un fulmine a ciel sereno e lascia adito a molti dubbi e, anche, a molte interpretazioni. Molti, tra i renziani e anche tra i non renziani, nel Pd, ma persino dentro le redazioni, parla già di “giustizia ad orologeria” e di “complotto”. Peraltro, si insinua il sospetto che almeno i 5Stelle – magari grazie al ministro alla Giustizia, Alfonso Bonafede (M5S e fedelissimo di Di Maio) – sapessero della notizia, e sin dalla mattina. Avrebbero avvertito persino alcuni direttori di alcuni grandi giornali, fregandosi le mani per la gioia. Salvini, invece, che si trova in Sardegna per un tour de force elettorale (resterà sull’isola per un’intera settimana), perché domenica prossima, 24 febbraio, ci sono le Regionali, assicura che “non c’è niente da festeggiare”. Anche i 5 Stelle lo dicono, con Carlo Sibilia, ma con minor forza e convinzione. Solo qualche giorno fa, per dirne una, un loro deputato ha fatto il ‘gesto’ delle manette a Migliore, renziano di ferro, in Aula, mentre si discuteva di tutt’altro, provocando la reazione inviperita del Pd, uscito dall’Aula, lo scontro dei dem con Fico, che ha detto loro ‘arrivederci’, e il conseguente parapiglia. Gesti e ‘provocazioni’ che ora tornano subito alla mente dei dem. “Forse i 5Stelle pensano di recuperare nei loro disastrosi sondaggi consumando la campagna elettorale per le Europee a suon di cappi e manette?” si chiedono, con malcelato sospetto, ora i dem. Naturalmente, la reazione di Matteo Renzi è furibonda.
L’ex premier ed ex leader, dopo aver annullato tutti gli impegni di domani (diverse interviste radio e tv, più la presentazione del suo nuovo libro a Torino) scrive un durissimo post sulla sua pagina Facebook: “Ho molta fiducia nella giustizia italiana e penso che tutti i cittadini siano uguali davanti alla Legge”. Dunque, scrive Renzi, “sono impaziente di assistere al processo perché chi ha letto le carte mi garantisce di non aver mai visto un provvedimento così assurdo e sproporzionato. Mai. Adesso chi crede nella giustizia aspetta le sentenze. Io credo nella giustizia italiana e lo dico oggi, con rispetto profondo, da servitore dello Stato. Arriveranno le sentenze e vedremo se questi due cittadini settantenni, incensurati, sono davvero i pericolosi criminali che meritano - oggi, casualmente proprio oggi (e questa sottolineatura che Renzi fa della giornata politica di oggi non è casuale, ndr.) - questo provvedimento. Arriveranno le sentenze e misureremo la credibilità delle accuse, vedremo chi è colpevole e chi no”.
“Chi ha letto le carte – continua a ripetere Renzi - dice che di questa storia si parlerà a lungo e che siamo davanti a una decisione assurda. Io non ho letto le carte, aspetto le sentenze. So però ciò che hanno fatto in questi anni alla mia famiglia. E mi basta per dire che non accetteremo nessun processo nelle piazze o sul web. I miei genitori si difenderanno in aula, come tutti i cittadini. Io continuerò a combattere per questo Paese, forte della mia onestà. Forte delle mie idee. Forte dell’affetto di tanta gente che sa perfettamente che cosa sta accadendo”. Renzi, insomma, rievoca lo statista della Dc, Aldo Moro, che disse – però in Parlamento – che “la Dc non si sarebbe fatta processare nelle piazze”. Un discorso drammatico, quello di allora, perché nel pieno degli anni di piombo, come quello di oggi.
“Voglio che sia chiaro a tutti che io non mollo di un solo centimetro. La politica non è un vezzo personale ma un dovere morale”. Queste parole, invece, Renzi le dice – e le manda a dire – a chi pensa che un evento del genere possa rappresentare, di fatto, la fine della sua carriera politica. “Se qualcuno - sottolinea Renzi - pensa che si possa utilizzare la strategia giudiziaria per eliminare un avversario dalla competizione politica sappia che sta sbagliando persona. Non ho mai avuto così tanta voglia come stasera di combattere per un Paese diverso e per una giustizia giusta”. Ma certo è che un macigno del genere cade sulla testa di un ‘figlio’, prima ancora che di un leader, che aveva iniziato a cercare il suo riscatto politico, e la sua nuova ‘strada’ (non a caso “Un’altra strada” s’intitola il libro per Marsilio), molto probabilmente sempre più lontano e distante dal Pd, un partito in cui Renzi, ormai, stenta a riconoscersi e che, a maggior ragione se Nicola Zingaretti vincesse le primarie, si riconoscerà dopo il 3 marzo. A tal poco lo riconosce poco – Renzi – il Pd che molti, anche su queste pagine, ne avevano di fatto preconizzato l’avvio di una partita politica, forse prima o forse meglio dopo le elezioni europee, diversa da quella del Pd, facendo nascere un suo ‘movimento’. Tutti sogni – o possibilità – che l’annuncio degli arresti domiciliari dei genitori di Renzi rischia di affossare, azzoppandone il figlio, una volta per tutte. Per sempre, forse. Certo, Renzi combatterà come un leone anche stavolta, ma il processo ai genitori che seguirà a questa decisione dei giudici di Firenze si protrarrà chissà per quanti anni ancora e continuerà a perseguitare il loro figlio come, in un dramma di Shakeaspeare, l’ombra di Bancor.
di Ettore Maria Colombo
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