Non esiste al mondo un altro settore nel quale gli operatori si celebrino tra di loro come il cinema: tra feste, premi festival è una combinazione di lusinghe, celebrazioni, santificazioni, commozioni, abbracci ed inchini. L’aspetto più singolare di questa specie di mania, è che prescinde totalmente dai risultati economici del film, e si basa esclusivamente su influenze politico/artistiche che aleggiano nell’aria senza mai essere individuate con precisione. In realtà l’affastellamento di cerimoniali non è altro che una tautologia fine a se stessa, cui i giornali e le televisioni dedicano l’attenzione del giorno, per poi proseguire a ritmo sempre più lento nella glorificazione dei personaggi che spesso si spengono da soli in film di nessuno spessore. Freak out, che ha ricevuto tutti i David possibili che non riguardassero il film, è la dimostrazione di come si possa costruire un prodotto di nessun interesse ma di costo enorme, ingigantito dal tax credit, agevolando le ambizioni di un giovane regista che aveva fatto solo un filmetto di genere. Se posso esprimere un giudizio senza freni, trovo scandaloso che vengano premiati gli effetti speciali, le scenografie, i trucchi, le acconciature e la produzione di un non film, la cui ragion d’essere sta forse nell’ambizione del regista, forse nella furbizia del produttore, forse nell’ingiustizia di questo mondo, ma non certo nella logica cinematografica e nel rispetto delle capacità. E se questa volta il David ha premiato anche personaggi di minore popolarità ma di sicuro valore, dobbiamo sperare che sia il prodomo di una nuova coscienza editoriale, capace di comprendere finalmente che un film comincia ad essere apprezzabile se è un buon film, con una bella sceneggiatura soprattutto, e con il conseguente gradimento del pubblico. Perché è bene sottolinearlo, il pubblico non è quel gregge di pecore ottuse che danno retta solo alle stimolazioni pubblicitarie, anche se all’inizio può
sembrare così; il pubblico ha lo stomaco ed il portafoglio, reagisce come davanti ad una vetrina di dolci, sceglie quello che gli sembra più genuino, e se costa troppo ci pensa. Ma se devo acquistare un’automobile e la 500 costa come la Ferrari, scelgo la Ferrari: i giovani non ci pensano due volte, sanno già tutto, non c’è modo di imbrogliarli, e non vogliono annoiarsi, come in fondo dovrebbe garantire l’intrattenimento, che è una forma di vita. I David, i Nastri, sono l’espressione di un circolo chiuso, nel quale è difficile entrare se non presentati da soci fondatori, ed essere premiati è quasi impossibile. Negli ultimi anni il regista che ha incassato con un suo film di più nella storia non ha ricevuto in fondo grandi riconoscimenti, e di certo non è entrato nel circolo chiuso sinistrorso, anzi, ha fatto qualche passo indietro. Così funziona nel nostro paese, evviva.
di Michele Lo Foco
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