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IL CINEMA E CHIMERA


di Michele Lo Foco

Marco Giusti, buon commentatore cinematografico, si domanda: ma i nostri film, seppur modesti, perché sono trascurati a questo livello dal pubblico? Se lo chiede esaminando i primi dieci risultati del week end tra i quali i film nazionali stazionano negli ultimi 5 posti, mentre i primi cinque, a distanza siderale, sono occupati da stranieri, in particolare da americani.

La risposta non è difficile, e ritengo che Giusti la conosca perfettamente anche se, per conforto, spende una parolina retorica di commiserazione.

I film italiani in questione sono:

Mia: dramma attuale con Edoardo Leo, il padre, che anche in questo ruolo non convince dopo aver interpretato molte commedie modeste.

Il ritorno di Casanova: Servillo è ormai a tutto servizio, e non comprende che questa overdose di ammiccamenti e di sguardi corrucciati annoia mortalmente anche in un film diretto da Salvatores, peraltro a secco di idee.

Stranizza d’amuri: Beppe Fiorello non è commentabile, dopo cento parti di fiction nostrana.

Quando: su Veltroni bisognerebbe scrivere un libro, o costituire una commissione parlamentare di indagine per capire per quanto tempo ancora i produttori di sinistra, con lo Stato complice, favoriranno i divertissement di un ex politico che non ha né estro né inventiva.

In alto alla classifica ci sono i filmoni americani con gli incassi stellari: i bambini si sono letteralmente messi in fila per vedere Super Mario Bros, che molti anni fa, prodotto dalla italiana Life di Cimpanelli, né decretò il fallimento.

Anche un filmaccio americano come John Wick, con centinaia di morti ed un protagonista praticamente muto, è preferibile a questo genere nazionale figlio del tax credit.

La domanda è semplice, ed è quella che dovrebbe fare Marco Giusti, per esempio, ai produttori di Veltroni o di Beppe Fiorello: avreste mai fatto questa mozzarella (termine tecnico per descrivere un film molliccio ed insapore) se non esistesse il tax credit? Quali ipotesi di ricavi immaginavate di ottenere con un film di Veltroni? Pensate che Beppe Fiorello possa staccare qualcuno dalla poltrona di casa? Quali risultati esteri immaginate?

E mi domando io: quanto durerà questa malattia e per quanto tempo le strutture, i giornali, i critici faranno finta di ignorare che Francheschini ha iniettato nel settore una dose massiccia di Chimera e ha impedito a chiunque di servirsi dell’antitodo? Anzi, ha fatto in modo che ognuna delle strutture cinematografiche, Commissioni, Film commission, Rai Cinema avessero anche loro una dose di Chimera da aggiungere ai prodotti filmici in modo da causarne la morte e favorire le piattaforme ricche e potenti.

Veltroni è l’esempio di un prodotto contaminato, e se non troveremo un Bellerofonte capace di intuire per tempo il tradimento delle basi filmiche, vivremo i prossimi decenni in una lenta agonia fatta di Veltroni, Fiorello, Castellitto, Orlando, Servillo e perché no di Favino alla sua centesima esibizione.

Eppure i segnali di quale sia la strada giusta ci sono stati:

gli oscar ad un film asiatico, rivoluzionario, sconcertante, il successo di Mare Fuori, tutti attori sconosciuti ma bravissimi, la rinascita di Anna Ammirati, da Monella di Brass a Liz, nel suo piccolo l’esibizione di Elodie sullo schermo, tutti esempi, in discesa dal massimo al minimo, che parlano agli operatori e suggeriscono ai politici che la strada del successo non è lastricata di convenzioni, ma di estro, inventiva, di sensibilità. Non basta presentarsi a Rai Cinema con Servillo per ottenere gli applausi, ci vuole ben altro che un nome per guarire da Chimera, bisogna prima di tutto limitare l’intervento statale e tornare al mercato.

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