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Immagine del redattoremarzianovellini

Il film horror di Cinecittà



Cinecittà, azienda pubblica cui lo Stato ha destinato, gettandoli in un buco nero, decine di milioni di euro per non realizzare nulla, si preoccupa oggi di sfrattare le medie piccole aziende nazionali che hanno costituito un minimo di base economica in questi ultimi anni, per far posto alle esigenze di aziende straniere attratte in Italia dal mostruoso tax credit e che creano prodotti stranieri per l’estero. Tra “le sfrattate” una delle migliori strutture di cartoni animati, Animundi, leader dei prodotti per bambini anche con disabilità.

Questo è l’incredibile epilogo dell’intervento PNRR che i vertici eterodiretti di Cinecittà stanno mettendo in pratica senza che nessuno, ANICA in primis, sollevi il minimo dubbio.

La cura Franceschini sta gettando il nostro paese nella più totale disgregazione, lasciando che i gruppi finanziari, gli speculatori, i produttori di fatture false si impadroniscano del territorio dopo aver ridotto alla fame o al nomadismo le aziende nostrane impossibilitate a difendersi.

Pensare che tutto questo si deve ad un partito che almeno tradizionalmente avrebbe dovuto difendere le classi deboli dà un’immagine esauriente del caos ideologico nel quale ci ha portato la politica e ci mostra con chiarezza che ormai i giochi di potere sono individuali e non più collettivi e che pertanto ogni politico dotato di potere gioca la sua partita in proprio, e non nell’interesse del popolo che rappresenta.

In Italia abbiamo i nostri “narcos”, più raffinati, meno violenti, ma altrettanto ambiziosi e bulimici: non si accontentano di lavorare molto, vogliono tutto, strutture, programmi, uffici, potere, e un’occupazione stabile tramite società acquisite e prestatori d’opera, prestanomi e paraventi comprati al mercato delle vacche.

Quando anche Lucky Red avrà ceduto le quote, non manca molto, saremo totalmente nelle mani di gruppi stranieri, e quando il tax credit si sarà esaurito, e la Rai avrà preso coscienza degli avvenimenti, questi se ne andranno lasciando sul terreno qualche rottame filmico, come ha fatto Tecnicolor, la divina.

Io credo che l’invasione che stiamo subendo, silenziosa e favorita da complici potenti, non sia meno dannosa di quella che sta operando quel personaggio diabolico e invasato che si chiama Putin.

Entrambe le invasioni creano macerie, difficoltà, distruzione, solo che da noi non se ne accorge nessuno.

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Drusilla

In compenso, a dimostrazione di come siamo ridotti, ma anche liquidi, anticonvenzionali, spiritosi, alternativi, ci abbuffiamo di Drusilla, che è l’unica maschera di cui si conosce solo il nome di battaglia, mentre il nome di chi c’è sotto non lo conosce nessuno.

La nostra cultura, oltre che della Ferragni, si ciba di Drusilla, un travestito ben confezionato che titilla l’incerta sessualità degli italiani.

Avevamo bisogno di questa doccia di ambiguità? Non bastava Platinette o non era sufficiente andare la sera sul lungotevere?

No, qualche solerte direttore Rai preda di una confusione sessuale e tematica, ha deciso di far fare agli italiani una indigestione di pensieri equivoci e ci ha avviato verso una nuova stagione culturale guidata da Drusilla e da un altro esempio culturale che è De Martino, sempre frutto di quella disgregazione cui si deve anche il film horror di Cinecittà.


di Michele Lo Foco

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