Un marchio storico dell’industria dolciaria italiana rischiava di scomparire, sommerso dai debiti e a causa di una politica aziendale, giudicata da molti, poco oculata. La Melegatti alla fine è riuscita ad evitare la chiusura. Il pandoro veronese, con 124 anni di storia, è stato acquisito per 13,5 milioni di euro dall’imprenditore veneto Roberto Spezzapria, che con il figlio Giacomo ha presentato un piano di rilancio del brand italiano.Le operazioni di cessione della Melegatti da parte della curatela del Tribunale di Verona sono terminate e ora lo stabilimento può ripartire con 35 dipendenti a tempo indeterminato, per lo più ex lavoratori, frutto del recente accordo sindacale, ai quali seguiranno nei prossimi mesi ulteriori assunzioni.
Sono stati ridefiniti gli incarichi all’interno del consiglio d’amministrazione con Giacomo Spezzapria che è diventato il presidente e Denis Moro è l'amministratore delegato. La Melegatti entra a far parte di un gruppo alimentare assieme a tre società di packaging, la vicentina "Eriplast", la trentina "Fucine Film" e la modenese "Albertazzi G.". Questa integrazione consentirà verticale economie di scala e ampliamento di competenze.
«Vogliamo ripartire con la tradizione, la qualità e il prestigio di un marchio dolciario unico in Italia e nel mondo» ha detto Giacomo Spezzapria. La storia di questo brand risale al 1894, quando Domenico Melegatti brevettò forma e ricetta del Pandoro Originale. A maggio scorso l’azienda sembrava però arrivata al capolinea. Appesantita dai debiti per 50 milioni di euro, era entrata nel percorso fallimentare lasciando per strada 350 laboratori tra dipendenti a tempo indeterminato e stagionali. Per la Flai Cgil di Verona «Sono state fatte scelte sbagliate che hanno portato alla crisi. Melegatti non potendo puntare soltanto sul periodo natalizio, aveva deciso di avviare la produzione di brioche da vendere durante tutto l'anno, ma l'apertura del nuovo stabilimento, avvenuta il 5 febbraio di quest'anno, l'acquisto di macchinari molto costosi e l'assunzione di nuovo personale, aveva richiesto delle risorse economiche superiori a quelle in possesso dell'azienda».
Insomma era stato fatto il passo più lungo della gamba. La situazione è precipitata e anche la politica con il presidente della Regione Zaia, si era mobilitata per salvare l’azienda. A Natale scorso la Melegatti riuscì a evitare il fallimento, dopo aver venduto 1,5 milioni di pandori. Ma si trattò solo di una parentesi. Il piano per le colombe di Pasqua, che avrebbe potuto risollevare l'azienda veronese, finì in un nulla di fatto. E da quel momento il passo verso il fallimento fu inevitabile. Fino all’arrivo dell’imprenditore Spezzapria che ha ridato un nuovo orizzonte all’azienda. A Natale il pandoro torna sulle tavole. Non si è ancora conclusa invece la vicenda della Pernigotti. Questo marchio dei famosi gianduiotti è in mano ai fratelli turchi Toksoz che vorrebbero chiudere lo stabilimento di Novi Ligure e trasferirne la produzione all’estero. Ora si è fatto avanti Riccardo Piacenza, imprenditore tessile noto per le maglie in cachemire, che è disponibile ad acquistare l’azienda e a riassumere subito tutti e 250 i lavoratori (tra fissi ed interinali).
L’imprenditore ha chiesto però un incentivo ai proprietari turchi per la presa in carico del personale. Oltre al singolo imprenditore scendono in campo anche le cooperative agroalimentari pronte a partecipare ad un piano per il salvataggio della Pernigotti come scrive Il Secolo XIX. Intanto continua lo sciopero dei lavoratori mentre i sindacati chiedono due anni di cassa integrazione straordinaria anche se per gli interinali, ex stagionali, questa opzione rischia di non essere possibile. Ma il problema, al momento, è che i fratelli Toksok non sono intenzionati a vendere la ditta come rivelato al tavolo di crisi. Di Maio, però, aveva garantito il suo impegno per mandare in porto la cessione ad un imprenditore disposto a rimanere sul territorio. Intanto il Premier Conte questa settimana incontrerà la famiglia turca e, molto probabilmente, farà pressioni per arrivare proprio alla cessione della ditta e del marchio a Piacenza.
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