Esistono storie di uomini ed esistono uomini che la storia la scrivono, ogni giorno con il loro operato. Uomini che sfidano i confini e per i quali le distanze non sono divisioni ma opportunità per unire. Non si può prescindere dalla definizione di cosmopolita quando si racconta la storia di Eugenio Benedetti, imprenditore e filantropo catanese, precursore di un modo di fare industria e maestro nel tessere relazioni internazionali stabili e durature con personalità che nulla avevano a che vedere con l'Italia di quegli anni. Si parla infatti della fine degli anni cinquanta, in piena guerra fredda, quando Benedetti iniziò a operare nell'allora Urss organizzando mostre private. In seguito sviluppò una fitta rete di contatti in qualità di rappresentate di un gruppo di primarie fabbriche italiane di macchinari destinati all'industria leggera e al settore medico scientifico.
Un successo enorme, che gli valse la stipula di numerosi contratti per la realizzazione di impianti "chiavi in mano" nei più disparati settori. Di lì è stato tutto un susseguirsi di incontri storici con personalità che hanno segnato il corso del secolo scorso. "La rondine", soleva chiamarlo così Kruscev, il "nuovo Marco Polo", la definizione che invece coniò per lui nel 1965 Mao Tse Tung. Una carriera lunga quasi cinquant'anni, quella di un pioniere che ha spalancato la strada all'industria italiana nel misterioso mondo orientale, vedendosi riconoscere nel 2014 l'ambita onorificenza di Cavaliere di Gran Croce dell'Ordine al Merito della Repubblica Italiana dall'allora presidente della Repubblica Giorgio Napolitano.
Ritiratosi dagli affari nel 2009, Benedetti si è da subito dedicato ad attività filantropiche, avviando assieme alla moglie una stretta collaborazione con la società SIB (Società Italiana di Beneficenza), fondata nel 1864 al Cairo.
Tra le ultime celebri iniziative del Marco Polo catanese c'è l'ideazione di un pellegrinaggio che ripercorresse in maniera assolutamente fedele il tragitto della "Sacra Famiglia" in fuga verso l'Egitto per scampare alle persecuzioni del re Erode, organizzato assieme all'associazione Unitalsi.
Cavalier Benedetti, da dove è nata questa curiosa iniziativa legata al pellegrinaggio che ripercorre le tappe affrontate dalla Sacra Famiglia più di duemila anni fa?
“A darmi l'ispirazione fu un dialogo che ebbi nel novembre scorso con l'allora ministro del Turismo egiziano Yahya Rashid. Il ministro è stato poi sostituito da una donna molto efficiente, Rania Al-Mashat, il cui ruolo è stato decisivo ai fini di questa "impresa" nel dare tutte le garanzie in termini di sicurezza, per un viaggio che appariva allora non scevro di rischi.”
Quale è stato l'itinerario che avete programmato? C'è stata una particolare motivazione sui luoghi da ripercorrere durante il cammino?
“Fin da subito l'idea era quella di effettuare il percorso che intraprese a piedi la Sacra Famiglia duemila anni fa, quando lasciò la Palestina per sfuggire alle persecuzioni, sfidando il deserto per approdare in Egitto. Sotto consiglio del ministro del Turismo egiziano Al-Mashat, però, abbiamo ritenuto, almeno per questa prima volta, di percorrere il tratto desertico in aereo, un volo durato circa 40 minuti che ci ha condotti al Cairo. La speranza è però quella di poterlo interamente affrontare a piedi nelle prossime volte.”
Un'iniziativa che ha unito al piacere della riscoperta di luoghi dal fascino millenario una importante funzione di collante fra culti diversi, è corretto?
“Una delle peculiarità di questo pellegrinaggio è stata la guida congiunta di un vescovo cattolico e di uno copto. Questo connubio fra la religione cattolica e quella copta è molto significativo. Da un lato avevamo il vescovo di Viterbo, monsignor Lino Fumagalli e dall'altra il vescovo copto di Roma Barnaba El Soryany che hanno condotto i pellegrini fra monasteri, santuari e chiese storicamente "toccati" dalla Santa Famiglia, così come comprovato da diverse documentazioni. I due hanno anche celebrato messa insieme, un evento di portata storica perché mai accaduto prima.”
Che reazioni ha suscitato questa prima volta di un viaggio così lungo e avvincente?
“C'era grande commozione fra le persone. Sì, commozione. Fedeli cattolici e copti insieme, come un'unica famiglia. Questo è il significato più importante del viaggio, l'avere fuso due culti così diversi e rappresenta secondo me un primo passo importante per il futuro.”
Visto il grande successo riscontrato in questo primo pellegrinaggio, l'evento mira a essere replicabile?
“Assolutamente sì e non in termini di annualità, ma di mensilità! Abbiamo migliaia di richieste di pellegrini interessati a compiere la traversata. Si apre un nuovo sentiero di pellegrinaggio in stretta comunione con il culto copto, un asse che è già stato rafforzato dagli incontri del Papa con la massima autorità copta in Egitto.”
Quali ripercussioni può avere questa iniziativa nei rapporti fra l'Italia e l'Egitto?
“Sicuramente ci sono state straordinarie ripercussioni sul turismo. Il popolo egiziano ci ha accolto con immenso calore, un qualcosa che andava oltre a ogni nostra aspettativa. Chi parla dell'Egitto come un posto pericoloso o ha paura a visitarlo dovrebbe ricredersi. Gli italiani qui sono amati, ci chiamavano fratelli.”
Per gentile intercessione del Cavaliere Eugenio Benedetti abbiamo rivolto qualche domanda all'ambasciatore egiziano a Roma, Hisham Badr, presente durante il nostro colloquio.
Ambasciatore, secondo lei questa iniziativa promossa dal Cavaliere Benedetti può rappresentare un ponte fra due culture come quella egiziana e quella italiana?
“È un'iniziativa estremamente importante. Come è noto ciò che lega Egitto e Italia è la cultura. Siamo due fari del Mediterraneo con più di settemila anni di storia e un'intensa relazione di legami nel tempo. Iniziative come questa possono essere un ponte importante, di esempio per tutti i paesi del Mediterraneo. La forza della cultura è il legame più duraturo che possa esserci fra due nazioni.”
Esistono altre iniziative mirate a promuovere la cultura nel rapporto fra i nostri paesi?
“Assolutamente. L'Italia è un paese che "maneggia" da sempre la cultura. Nei prossimi mesi, già a partire dall'inizio di luglio, ci saranno diverse iniziative volte a promuovere e rinsaldare la nostra amicizia. Abbiamo per la prima volta ideato una mostra dell'arte copta, mentre da luglio partirà (nel palazzo dei Papi a Viterbo, ndr) una mostra faraonica sul tesoro di Tutankhamon. Interverrà anche il professore Zahi Hawass, numero uno al mondo quando si parla di archeologia egiziana. In programma c'è poi la riproposizione di una delegazione egiziana per i futuri pellegrinaggi promossi dal dottor Benedetti. Siamo molto felici e contenti del futuro delle relazioni fra i nostri paesi.”
Un'ultima domanda ambasciatore, secondo lei questa sinergia fra Italia ed Egitto può fungere da modello per appiattire le distanze fra i paesi del Nord Africa e l'Europa, su temi quali l'immigrazione?
“Assolutamente sì. Il Mediterraneo è un mare che unisce e non divide, la nostra è una responsabilità comune. Per risolvere le insidie e i problemi la cultura deve tornare a svolgere un ruolo guida per favorire il dialogo. Paesi grandi e importanti del Mediterraneo devono stabilire una risposta comune al problema dell'immigrazione, non è più un problema attribuibile a una singola nazione. Abbiamo davanti sfide comuni, l'immigrazione è una sfida ma anche un'opportunità e il modello italiano e egiziano è un esempio di successo per come risolvere le sfide e le problematiche.”
Alessandro Leproux
Commenti