Una cosa è certa: quando c'è di mezzo il professor Paolo Savona non ci si annoia mai. L'uomo che doveva far crollare l'economia italiana, portare fuori dall'Europa il Paese e ridurci tutti alle elemosina e chissà cos'altro, di sicuro non manca di tempismo in fatto di uscite. Se infatti, mentre si era da poco conclusa l'assemblea annuale di Abi, in cui il presidente Antonio Patuelli, seguito dal capo di Bankitalia Ignazio Visco, con senso del dovere richiamava l'Italia sull'attenti a rimettersi ordinata dietro il fanalino Europa, senza più tentare di saltare la coda, minacciando scenari apocalittici di "Argentiniana memoria", dalla seduta congiunta delle commissioni parlamentari sulle politiche Ue ci ha pensato il ministro agli Affari europei a prendersi le colonnine dei giornali con una dichiarazione che ha rimesso in agitazione banchieri di ogni dove: «Potremmo trovarci in una situazione nella quale non saremo noi a decidere, ma saranno altri. Per questo dobbiamo essere pronti a ogni evenienza». Il famoso "piano B" è servito, dunque. Ma non fa proclami sensazionalistici il professore tanto caro alla Lega, quello attorno cui ha ruotato la vicenda della formazione del governo per quasi due settimane, quando parla di necessità di farsi trovare pronti nel caso fosse l'Europa stessa a disfarsi di noi o, ancor peggio, a implodere su se stessa portandosi dietro l'intera Eurozona che si troverebbe del tutto impreparata ad affrontare un default di tale portata. Del resto, come ci rammenta il longevo economista «Banca d'Italia, mi ha insegnato che non ci si deve preparare a gestire la normalità, ma l'arrivo del cigno nero, lo shock. La mia posizione del "piano B", che ha alterato la conoscenza e l'interpretazione delle mie idee, è essere pronti a ogni evento».
Semplice precauzione, verrebbe da dire, se la situazione economico-politica fosse non azzardiamo serena, ma quantomeno gestibile. Ma visto il caos che questo esecutivo si trova giornalmente a gestire, in una continua opera di mediazione fra le parti coinvolte e una comunicazione il più possibile neutrale e che arrechi i minori danni possibili, va da sé che le parole di Savona non potessero cadere nell'etere senza una pronta rettifica. Ci ha pensato allora il ministro del Lavoro Luigi Di Maio a ricalibrare il tiro, parlando dagli studi di La7, e smentendo di fatto il collega agli Affari europei. «Il governo non vuole uscire dall'euro. Se poi gli altri cercheranno di cacciarci non lo so, ma questo non è la nostra volontà, né metteremo gli altri nelle condizioni di farlo. Non possiamo immaginarlo nemmeno per un attimo». Un occhiolino all'Europa più che una tirata d'orecchie a Savona, in un momento in cui le prime frizioni fra l'area verde e quella gialla, questione migranti vedasi, cominciano ad avvertirsi e in cui di tutto ha bisogno Di Maio fuorché di nuove tensioni e scambi di pubbliche vedute che incrinino i già delicati rapporti nella squadra di Giuseppe Conte.
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