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«Il pubblico sia motore per il privato», Massimo Giuntoli traccia la via per il rilancio di Torino


Massimo Giuntoli - Presidente Ordine Architetti di Torino

Architettiamo la città, la serie di undici incontri tra l'Ordine degli Architetti di Torino e le giurisdizioni facenti capo al capoluogo piemontese, ha concluso il suo tour tra le realtà territoriali ed esposto al centro Nuvola Lavazza un resoconto frutto dell'analisi del team di architetti guidati dal presidente dell'Ordine, Massimo Giuntoli. Le istanze delle micro realtà che ruotano attorno a Torino hanno preso forma e trovato una sintesi in alcuni concetti cardine su cui l'associazione insiste da tempo per dare nuovo lustro e rinnovata linfa alla città che vanta una storia municipale che ha fatto da modello per l'Italia intera dai tempi della sua unificazione. Seguendo il paradigma virtuoso di altre realtà europee, Architettiamo la città ha posto all'attenzione dell'amministrazione un bisogno urgente di ripensare gli interventi per il rilancio del piano regolatore, senza riservargli qualche critica per l'eccessivo lassismo nelle opere di riqualifica che potrebbero attrarre investitori privati e dar vita a quella rinascita tanto agognata.


«Sono state diverse le considerazioni emerse da questi incontri con le realtà delle giurisdizioni, considerazioni che abbiamo riassunto in alcuni concetti chiave: su tutte degrado e cura del territorio, da intendersi come tutte quelle percezioni quotidiane che il cittadino ha in relazione alla micro architettura urbana, dal marciapiede rotto all'aiuola dissestata, dalle piste ciclabili agli spazi verdi. Tutti spunti su cui lavorare per ridare slancio già dai piccoli dettagli. Altro tema cardine emerso è quello della necessità di una città che sia a misura dello studente: sappiamo l'incidenza che ha il Politecnico di Torino su tutta la città così come il Palazzo Nuovo e il grande numero di studenti e pendolari – circa 50mila persone non residenti – costringe a un ripensamento che agevoli i loro spostamenti e soggiorni. Tema strettamente legato alla mobilità e viabilità del futuro, una mobilità sempre più smart e funzionale, che integri al più presto le altre due linee di metropolitana previste, che incentivo il car sharing così come il bike sharing. Altra parola emersa con preponderanza è fiumi: Torino è attraversata da due fiumi che non godono della vivibilità e adeguata rilevanza che hanno i corsi d'acqua in altre città europee come Parigi o Lione. Potenzialità non sfruttate che incidono negativamente sulla vita urbana. La parola che forse più di tutte ha trovato spazio negli incontri è legata a una nuova centralità di cui Torino non può più fare a meno. Il concetto di periferia è largamente sorpassato in altri centri urbani del continente. Ormai è doveroso offrire gli stessi servizi e lo stesso decoro dei centri storici anche nelle zone più esterne. Un po' quello che ha fatto Parigi con la Défense, il distretto d'affari più grande d'Europa, un'area completamente ripensata, un distretto finanziario dove sorgono grattacieli e centri commerciali. Situazioni analoghe si trovano a Londra, Bruxelles, tutte città in cui è ormai difficile distinguere le aree periferiche dal resto dal centro. Altra parola molto sentita è commercio, quindi non possono che venire in mente i mercati. Torino è la città in Italia che ne vanta il maggior numero, ma il loro utilizzo non valorizza questo dato. Pensiamo a mercati funzionali per tutta la durata del giorno, dove poter mangiare e bere in un'atmosfera accattivante e non semplici luoghi di smercio a mezzo servizio»


Qual è il comune denominatore sotto cui racchiudere le diverse istanze della cittadinanza?


«Oltre alle varie parole chiave individuate, vi sono dei principi generali e inossidabili su cui poggia tutta la nostra visione: agibilità, da intendersi come l'assenza di barriere architettoniche o tutti quegli ostacoli che impediscono il vivere fluido e ottimale degli spazi, sostenibilità, punto ormai centrale nell'ottica della salvaguardia dell'ambiente e del corretto rapporto con i piani urbanistici e infine attrattività, che renda la città desiderabile e fonte magnetica per investimenti di privati»


Come possono coniugarsi questi aspetti con le carenze evidenziate dalle varie amministrazioni nell'attuare politiche lungimiranti di riqualifica degli spazi urbani?


«Credo che la strada tracciata da altre realtà, quella di un partenariato tra pubblico e privato, sia l'unica soluzione davvero funzionante. La politica deve entrare nell'ordine delle idee che gli investimenti e gli sforzi pubblici devono essere supportati da quelli privati. Come ormai è prassi da diversi anni, il pubblico non è più in grado di sostenere le spese ingenti necessarie per certi interventi e l'unica maniera è quella di avvalersi delle risorse di privati illuminati. Tutto sta nel modo di attrarre questi investimenti: il pubblico deve essere il motore che stimoli il privato a investire e non viceversa. Altre esperienze europee di città in crescita esponenziale indicano la strada, prima infrastrutture e servizi e solo dopo l'apporto indispensabile del denaro dei privati»


Il suo appello può considerarsi come una critica alla giunta Appendino a Torino?


«È proprio così. Abbiamo avuto un rapporto che corre su due binari diversi. Da un lato in questi due anni c'è stato un ottimo e proficuo scambio su tutta quella serie di piccoli interventi, penso agli sgravi urbanistici per le unità immobiliari piccole, tagli dai 50 ai 100 metri quadri. Parallelamente sulla macro visione siamo agli antipodi. C'è poco coraggio nell'attuare quelle riforme infrastrutturali e di fornitura di servizi che attrarrebbero gli investitori. Purtroppo Torino non ha una visione di sé nel futuro, siamo fermi ai piani strategici del 2014. E lo dico da Presidente dell'Ordine, da osservatore oggettivo, senza riferimenti a colori o appartenenze politiche»


Guardando ai modelli virtuosi che l'Europa ha da offrire, esiste un caso italiano vincente e che possa essere replicato altrove?


«Quando penso alle tante e diverse esperienze europee di rilancio dei centri urbani penso subito a Lione, città assimilabile a Torino per numero di abitanti. Lì grazie alla lungimiranza del sindaco e a puntuali interventi è avvenuto un piccolo miracolo. Tutta l'area denominata Confluence, che sorge nel punto in cui confluiscono il Rodano e la Saône, è un polo commerciale, culturale e turistico frutto di un piano urbanistico a lungo termine. Difficile fare paragoni con le realtà italiane, l'unica che posso citare è Milano, la cui visione di rinnovamento è innegabile. Il capoluogo lombardo può contare su corposi fondi europei che gestisce con cura e intelligenza, oltre ad avere l'innata capacità di intercettare grandi eventi di portata internazionale, di cui le Olimpiadi, per altro rinnegate da Torino, sono solo l'ultimo esempio. In tal senso confido molto in un rapporto più stretto e collaborativo tra le realtà torinesi e milanesi da cui entrambe potrebbero ricavare importanti benefici»


di Alessandro Leproux

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