È quello che ci possiamo permettere. Secondo i consulenti del ministero del Lavoro infatti l'importo medio mensile di reddito e pensione di cittadinanza compatibile con le risorse allocate nella manovra economica è di 500 euro. Comunque più dei 305 del Rei, il reddito di inclusione, ma molto meno dei 780 euro promessi ad ogni disoccupato all'inizio di questo tormentone che, giorno dopo giorno, rivela nuove diversità.
Il Reddito di inclusione quest'anno ha interessato 379 mila famiglie. Il Reddito di cittadinanza invece dovrebbe toccare a 1,7 milioni di famiglie con un Isee, l'Indicatore della situazione economica equivalente, non superiore a 9.360 euro. Se le domande partiranno a marzo e i pagamenti da aprile, il costo complessivo sarebbe di poco più di 7 miliardi. E il fondo accantonato dalla manovra economica è di 9 miliardi per il 2019 così diviso: 7,1 miliardi è per il Reddito di cittadinanza, 900 milioni per le pensioni e 1 miliardo per la riforma dei centri per l'impiego. Il rinvio della partenza della misura ad aprile fa risparmiare 2,25 miliardi, ancora di più se si partisse a giugno, ma quest'ultima ipotesi è stata decisamente smentita dal governo. Per evitare poi quello che un po' tutti stanno facendo, cioè parlare di una misura puramente assistenzialista, si prevedono 100 ore di formazione gratuita cui si aggiungono tre mensilità, sotto forma di sgravio fiscale, alle aziende che assumono, raddoppiate se il contratto viene fatto a donne o disoccupati di lungo periodo. A cercare di limitare l'accesso ai "furbetti del redditino" il primo baluardo è l'Isee, segue il tetto al capitale immobiliare a 30 mila euro oltre alla prima casa, il patrimonio mobiliare a 10 mila per le famiglie con più figli maggiorato di 5 mila euro per i disabili e 300 euro di aggiunta se si è in affitto, somma sottratta se la casa è di proprietà. E poi l'obbligo di immediata disponibilità a un eventuale lavoro, le 8 ore a settimana per i servizi di pubblica utilità, la formazione obbligatoria e il limite di rifiuto di tre offerte di lavoro.
Infine dopo un anno e mezzo, per avere altri 18 mesi di Reddito di cittadinanza, la verifica dei requisiti. Tutto dipende da quanto verrà tagliato quel 2,4 per cento di rapporto deficit-Pil scritto nella manovra bocciata da Bruxelles per evitare la procedura di infrazione: si passa da 3,4 miliardi di spesa in meno scendendo al 2,2 per cento fino ai 5 miliardi in meno se si passa al 2 per cento secco. Luigi di Maio prova a tenere il punto: «Ogni giorno ci sono nuove ipotesi sul reddito di cittadinanza. Il reddito di cittadinanza come è partito, così arriva. È una misura che arriverà alle persone che vorranno mettersi in gioco per trovare lavoro e noi, come Stato, gli proporremo un lavoro. Se non lo accetteranno, perderanno il reddito».
Lo spiega anche il deputato Manuel Tuzi del Movimento 5 Stelle nella trasmissione "Parlamento settegiorni" della Rai: «Il Reddito di cittadinanza permette di dare ai cittadini italiani 780 euro al mese, la soglia minima secondo l'Istat per vivere dignitosamente. Ma c'è accanto la formazione e i servizi socialmente utili. I comuni con i Centri per l'impiego faranno tre proposte di lavoro, che se non accettate taglieranno il Reddito».
Immediata la replica di Antonio Martino di Forza Italia, anche lui presente alla trasmissione: «Rimango esterrefatto dalla nonchalance con la quale il deputato pentastellato Tuzi ha spiegato cosa questo governo giallo-verde intende per reddito di cittadinanza: non è un sussidio, ma un sostegno al rientro al lavoro. Sarebbe interessante sapere se il vicepremier Di Maio è informato di quello che ha detto il collega Tuzi: allora le file dei non lavoratori al Sud per compilare i moduli saranno solo un miraggio, visto che la spiegazione di Tuzi non lascia spazio ai fannulloni: si parla di accettare lavori, di doversi formare e riqualificare, tanta fatica… voto facile al Sud addio! La mancia elettorale alle famiglie non basta. Ci si può anche indebitare con l'Europa ma bisogna farlo per creare valore, non per disperderlo».
Ecco, proprio il Sud potrebbe essere quello più illuso dalla promessa pentastellata. E non tanto per lo stereotipo, perché quello è, della minor voglia di lavorare nel Meridione, smentita anche dal numero di imprese private che vengono aperte quotidianamente nel centro-sud e che crescono anche con profitto. Quanto per la disoccupazione, soprattutto giovanile, che vede il Sud con questa poco invidiabile maglia nera di una disoccupazione doppia rispetto al Nord. Contro la definizione data dal pentastellato Tuzi anche Gianfranco Librandi del Pd: «L'onorevole Antonio Martino di Forza Italia, che come il sottoscritto è anche imprenditore e quindi è sensibile a tutto ciò che danneggia lo sviluppo e l'impresa e mette a repentaglio posto di lavoro, ha giustamente rilevato una discrasia profonda tra il reddito di cittadinanza sbandierato dal vicepremier Di Maio, che è andato in buca persino con la stampa delle card ricevendo una sonora smentita anche da Poste, e il reddito di cittadinanza spiegato in tv su Rai1 dal peone pentastellato Tuzi. Il quale parla di un sostegno ragionato al rientro al lavoro, non certo ad una misura clientelare che è servita ai 5stelle per carpire i voti al Sud. Che i 5 stelle siano nel pallone è oggettivo, ma le forze che hanno a cuore l'Italia e la democrazia devono fare fronte comune per sbugiardare trucchetti da mago Otelma, che servono solo a rubare voti inconsapevoli».
di Paolo dal Dosso
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