Ufficialmente nessuno dice nulla. Tutti allineati e coperti come un sol uomo. Perché la Lega di Matteo Salvini, per quanto paradossale possa sembrare, è militarmente inquadrata: il capo comanda e gli altri eseguono. Tanto che il leader del Carroccio, sempre meno lombardo e sempre più romano, nella Capitale si è portato un drappello di fedelissimi giovani spregiudicati, fra giornalisti e militanti, che usa come antenne. Sistemati al ministero, nello staff della comunicazione e in altri apparati simili, registrano gli umori dei colonnelli per riportare tutto al capo. Cosi Matteo è sempre aggiornato di quel che si dice a Roma. Ma a Milano le cose hanno iniziato a prendere una piega diversa. Nei salotti meneghini, soprattutto nelle conventicole che contano, le voci del dissenso nei confronti del leader del Carroccio iniziano ad essere un vero rumore di fondo, attutito solo da parquet e moquette. Matteo, nel volgere di pochi mesi, non ha solo scontentato gli imprenditori del Nord, delusi e sconcertati dalle scelte economiche dell’esecutivo, ma stentano a capire anche l’ostentata romanizzazione del capo padano. Certo, le comparsate milanesi, con annesse scivolate di non poco conto, dovrebbero controbilanciare questo spostamento del baricentro, ma né i colonnelli né la base sono disponibili a fare sconti all’erede di Bossi. Sta tradendo il Nord, sussurrano a bassa voce sotto la Madonnina, facendo notare come la stessa giunta della Lombardia, guidata da Attilio Fontana (composta da veri pesi piuma della politica e personaggi senza arte né parte ma con una poltrona come bonus), non stia offrendo una bella prova. Molto meglio Zaia in Veneto, pur avendo un minor ritorno mediatico. Tanto che, ed è un altro tema forte delle lamentele, i leghisti milanesi fanno notare come lo stesso Zaia, Fedriga e Giorgetti abbiamo perso il contatto con il Capitano. Non solo. C’è pure un’area di parlamentari leghisti sempre più ampia che mal sopporta i metodi dittatoriali del leader, che porta consensi ma non permette a nessun altro di “esistere” politicamente. Per carità è pur vero che Matteo si sarebbe dato una calmata, almeno apparente, nella gestione pubblica della propria vita privata. Archiviata ( ma sarà vero?? ) la storia con la Isoardi, ha diradato le uscite e si è dedicato alla famiglia, proprio come consigliato dal suo cerchio magico di amici più intimi, che cerca di riportare Giulia, l'ex compagna di cui più si fida, al fianco del vicepremier. Operazione d’immagine più che di sostanza. Ma tutto questo fa parte della narrazione dell’uomo. A creare un deficit di consensi ( i sondaggi in calo sono lì a testimoniare la realtà) e il racconto, anzi il raccolto, politico. Troppo spazio alla pancia grillina e poco margine per la testa leghista, sostengono a Milano, dove il sindaco Beppe Sala, ha aggio nel recuperare consensi anche nell’area del centrodestra. Del resto se anche i giornali d’area, ferventi sostenitori di Salvini sino a ieri oggi acerrimi nemici per la storia dei fondi all’editoria, significa che l’area sta cambiando. Modesto avviso ai naviganti. Il fedelissimo Giancarlo Giorgetti, l’uomo ombra del Capitano, piazzato a guardia del premier grillino Giuseppe Conte e in rotta di collisione con Di Maio, su al Nord, è diventato il faro del mondo leghista. Qualcosa vorrà pur dire…
di Alberto Milani
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