Intervista esclusiva al fratello del giornalista ucciso nel 1978: «La Lega vuole cancellare la memoria di Peppino e di chi ha lottato contro la mafia, ma mio fratello è più forte»
«Un gesto idiota». È lapidario Giovanni Impastato, fratello di Peppino, che ha raccolto l’eredità e portato avanti la lotta che il giovane giornalista e attivista di sinistra ucciso nel 1978, aveva cominciato a intraprendere contro la mafia. «Un gesto idiota, che altro devo aggiungere», ripete quando gli chiediamo un commento sulla decisione del nuovo sindaco leghista di Riace, Antonio Triboli, che, dopo aver rimosso il cartello “Riace, paese dell’accoglienza” (sostituito con quello dedicato ai Santi Martiri Cosma e Damiano), nei giorni scorsi nella sua furia iconoclasta verso ogni cosa che riguarda Mimmo Lucano si è accanito con un altro cartello in memoria di Peppino. Al primo cittadino filo leghista, che peraltro per il Viminale non poteva né candidarsi né essere eletto in quanto dipendente del Comune di Riace, probabilmente non piaceva il disegno raffigurante un ragazzino di colore con la maglietta rossa di “Radio Out” e la scritta “Uno, due, tre, quattro, cinque, dieci… cento passi”. E perciò ha fatto togliere anche quello.
Brutto clima Giovanni. Che pensa?
«Che è una cosa vergognosa. E purtroppo non è una novità. Ancora oggi, a 41 anni dalla morte di Peppino, si cerca di cancellare la sua memoria. Un fatto nuovo e grave però c’è: contro la storia di mio fratello non sono solo i fascisti o qualche “scagnuzzello”. A Riace è lo Stato, le Istituzioni, che si fanno complici di questo crimine odioso che è la cancellazione della memoria. D’altronde qualcosa di molto simile era accaduta anni fa a Ponteranica, nella Bergamasca, dove il sindaco leghista aveva deciso di annullare la decisione della precedente amministrazione, su proposta delle scuole e delle associazioni del territorio, di intitolare la biblioteca comunale a Peppino Impastato. Una mossa indegna che per fortuna è stata annullata dalla nuova amministrazione comunale».
Ponteranica e Riace. Entrambi comuni governati dalla Lega o dai filo leghisti. E solo un caso?
«Assolutamente no. C’è nella Lega salvinizzata quello che definirei uno stile fascista. Dire che la Lega è di destra è riduttivo e rischia di non cogliere la natura profonda di quel partito oggi: i seguaci della Lega non rappresentano quella destra liberale e neoliberista che io combatto, ovviamente, ma con cui il confronto e lo scontro è all’interno di una dialettica democratica. La Lega ha metodi, parole d’ordine e perfino una fraseologia fascista. Per non parlare dei contatti che intrattiene con i peggiori movimenti razzisti e xenofobi in Europa. Salvini, come peraltro il partito di Giorgia Meloni, vogliono cancellare una storia. Che è la storia dei partigiani che hanno combattuto per abbattere il fascismo, che è la storia di tutti coloro che hanno lottato in questi anni contro la mafia, che è la storia di chi in questi anni si è impegnato sui territori per la legalità e contro le sopraffazioni. Sono dei reazionari, supportati sul versante comunicativo da una schiera di giornalisti mediocri che dopo essere stati alla corte di Berlusconi sono stati folgorati da Salvini».
Ma scusi e gli anticorpi della società?
«Purtroppo la gente sonnecchia. Non è che manchi del tutto una reazione, ma appare frammentata e disarticolata. Sembra che la gente non sia più in grado di scendere in piazza per salvare la democrazia in questo paese. Ricordo che nel 1960 il governo Tambroni non è passato per la grande mobilitazione popolare nel Paese. Ora non voglio dire che bisognerebbe tornare a quegli anni, che sono costati un grosso tributo di sangue, però vorrei che vi fosse la stessa consapevolezza del pericolo che la democrazia italiana corre ad affidarsi a certi personaggi».
Riace e il suo ex sindaco Lucano rappresentano, o meglio rappresentavano fino a pochi mesi fa, una anomalia. Riace e Lucano erano la prova provata che c’era un’altra strada oltre quella dei porti chiusi e della xenofobia di stato. Non crede?
«Esatto. Una strada, aggiungo io, non solo più giusta e più umana, ma anche più efficace. Ed è per questo che quella storia andava annullata. Il sindaco che è succeduto a Lucano sta sistematicamente demolendo quello che Mimmo e tanti cittadini di Riace aveva fatto in questi anni. Il comune calabrese era un esempio bellissimo di come può rinascere una comunità e un territorio non chiudendosi, bensì aprendosi agli altri. Gli immigrati a Riace hanno portato splendore ad un paese che stava scomparendo e si stava spopolando anno dopo anno. Riace e il suo modello di accoglienza diffusa poteva ripetersi in altre realtà. È di questo che la Lega ha avuto paura. È questo il punto. La rimozione dei cartelli, tra cui quello dedicato a Peppino, va letto all’interno di questa operazione, di questa strategia del leghismo che mira a criminalizzare ogni cosa vada nella direzione dell’accoglienza».
Una volta perso il governo, chi si aspettava una moderazione dei toni da parte del leader del Carroccio è rimasto deluso. Se possibile Salvini ha alzato i toni.
«La Lega non può moderare i toni, anzi. Salvini ha il livore di chi si pensava di essere Cristo in terra ed invece si ritrova messo all’angolo. Il leader leghista ha mostrato la sua insipienza e il suo analfabetismo costituzionale. Analfabetismo suo e di tutto il gruppo dirigente della Lega, compreso il tanto decantato e cosiddetto “saggio” Giorgetti. Sono stati dei polli, a dirla tutta. Ma sono dei polli rabbiosi e pericolosi».
A 41 anni dalla morte di Peppino la lotta alla mafia ha fatto passi avanti o indietro?
«Non tutto è rimasto come prima. A livello di lotte antimafia e società civile qualche passo avanti è stato fatto, sia a livello legislativo sia a livello sociale. Faccio l’esempio delle cooperative che lavorano nelle terre confiscate alla mafia. Faccio l’esempio di alcune leggi importanti che finalmente hanno visto la luce. Faccio l’esempio dell’associazionismo e delle tante cose che mette in campo. Segnali importanti, che però non sono inglobati in un soggetto politico per costruire una alternativa di sistema. C’è una realtà che dovrebbe essere messa assieme, senza egoismi ed egocentrismi».
Un’ultima cosa: se dovesse dare un consiglio al neo sindaco di Riace che gli direbbe?
«Di rimettere al suo posto il cartello, anzi i cartelli. Perché è inutile che si affanni a cancellare la memoria. La memoria è più forte di lui».
di Giampiero Cazzato
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