La famiglia come comunione di intenti e sorgente d'amore da cui attingere per affrontare la vita. È attorno al tradimento di questi sentimenti che ruota il romanzo "Io non ci sto" dello scrittore esordiente Lorenzo Romano. Nato da un'esigenza personale, dal bisogno di esternare una serie di verità, anche scomode, il libro affronta l'introspezione dell'animo umano e delle sue contraddizioni in nome di regole di vita che nulla hanno a che vedere con i sentimenti primordiali e sempiterni che dovrebbero essere i veri fari guida di ognuno di noi. Un viaggio intimistico dai toni talvolta forti e accusatori, una disamina della società moderna e delle sue sfaccettature più cupe e perniciose che finiscono con l'intaccare l'animo dell'uomo. Un grido disperato di dolore che si perde nella foschia del tempo. "Io non ci sto" è un romanzo psicologico edito dalla casa editrice "La valigia Rossa" e verrà presentato ufficialmente venerdì 27 luglio presso l'hotel Savoy a via Ludovisi in Roma.
Romano, ci parli della sua fatica letteraria, cos'è "Io non ci sto"?
«Questo libro non è solo il racconto di un uomo tradito da una famiglia di cui aveva scelto di far parte, con rispetto e fierezza, spendendo tutte le risorse in questo progetto, ma è una parabola interiore verso la redenzione che passa attraverso la scrittura. È la storia del riscatto umano nei confronti di una famiglia, quella d'origine, nella quale ha dovuto subire diverse angherie»
Cosa si intende per rispetto e perché proprio questo termine?
«Un sentimento importante e che, ahimè, sta scomparendo nella società di oggi dove sembra mancare del tutto e che dovrebbe essere alla base dei rapporti umani»
Chi è Lorenzo Romano?
«È un uomo che si definisce libero e fuori dagli schemi pensiero della società del ricatto morale e dai suoi condizionamenti, è una persona estranea a qualsiasi gioco di palazzo e che non può metabolizzare comportamenti imposti da gerarchie che non siano imposte da sentimenti di amore e rispetto, gli unici che portino alla libertà»
Dove nasce il progetto su cui ha costruito "Io non ci sto"?
«Ho sposato questa idea nella convinzione che non si possa e non si debba subire e tacere di fronte a certe accuse che mi sono state fatte. È un racconto di fantasia il mio, ma da cui possono scaturire molti spunti sulla vita sociale di oggi e che spero verranno recepiti dal lettore, l'unico in grado di fornirmi una risposta onesta e imparziale»
Da dove nasce questo suo sentimento di profondo tradimento?
«Il tradimento nasce da una famiglia che io stesso avevo scelto e portato avanti per quarant'anni, sacrificando affetti e che ha deluso ogni mia aspettativa. Il tradimento è espresso in questo inno di dolore in cui è la verità a morire. Una verità che può risultare anche scomoda in certi ambienti e spesso fastidiosa e che nulla ha a che vedere con quelli che agiscono soltanto per un tornaconto personale»
Famiglia: tradito da quella estesa che si identifica nella società odierna o da quella intima e personale del nucleo di cui fa parte?
«Mi sono sentito doppiamente tradito nella vita. Sia dalla famiglia d'origine, dove sono sempre stato considerato l'ultimo, ma principalmente da una famiglia ideale che tramite la fantasia ho voluto riproporre nel libro. Faccio riferimento sia alle angherie che ho dovuto patire che in maniera più estesa alla disillusione del concetto stesso che ho di famiglia, ovvero di una società solidale e trainata da sentimenti nobili e giusti»
Questo libro segna il suo esordio, intende proseguire nella carriera di scrittore?
«Pur senza alcuna velleità di professione nella scrittura, posso annunciare che uscirà un seguito di questo libro, dettato dagli avvenimenti che sono contenuti nel romanzo. Conto di proseguire la collaborazione con la casa editrice che mi ha pubblicato»
Qual è il suo rapporto e cosa rappresenta per lei la scrittura?
«Per me questo libro ha i connotati della liberazione. È la maniera con cui ho esternato dei concetti che non potevo più tenermi dentro e che non potevo esprimere altrimenti. È una denuncia del tradimento che ho subito e che voglio gridare ad alta voce. Per me scrittura equivale a liberazione»
Sono presenti nel romanzo riferimenti letterari o è tutto frutto della spontaneità della sua esigenza di scrivere?
«Assolutamente è tutto frutto di un'esigenza personale e dalla possibilità che mi è stata negata di parlare di certe verità incontrovertibili»
Quale è stato il tempo di "incubazione" prima che nascesse l'idea del libro?
«"Io non ci sto" è figlio di almeno un anno di lavoro e ragionamenti. È strutturato in due parti che ripercorrono diversi anni della mia vita, una prima di emarginazione e una seconda di tradimento»
Se dovesse invitare qualcuno a leggere il suo libro cosa gli direbbe e soprattutto cosa dovrebbe ricavarne dalla lettura?
«Essenzialmente il messaggio che si può estrapolare è che la verità, così come viene posta dai media o dalla cultura dominante, non è sempre come la si vede e che non è tutto oro ciò che luccica. Quanti sono desiderosi di scavare nelle profondità dell'animo umano alla ricerca di verità scomode saranno interessati da questa lettura»
di Alessandro Leproux
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