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Il tribunale di Bologna boccia il decreto sicurezza, Salvini non ci sta e attacca la magistratura



Sarà che la giornata di ieri non è stata delle migliori per Matteo Salvini, con il licenziamento di Siri da parte del premier Conte (il quale Conte non soddisfatto del benservito, in conferenza stampa a palazzo Chigi ha voluto pure girare un poco la lama nelle carni vive del Carroccio per aggiungere il suo invito al Movimento 5 Stelle «a non approfittare di questa soluzione per cantare vittoria»: precisazione che, come i dischi rock degli anni Settanta, va decriptata ascoltandola al contrario); sarà che aver passato qualche ora con Viktor Orban - che, non è propriamente un seguace di Montesquieu - gli è bastato per scordare quei principi della Costituzione che, in compenso, vorrebbe far imparare ai bambini delle elementari con la nuova Educazione civica; sarà che i sondaggi da qualche settimana sono meno generosi con lui.


Sarà questo e altro, fatto sta che un leader della Lega parecchio nervoso oggi ha provato a sparare un po’ a casaccio su tutto quello che gli si muoveva intorno: dalla richiesta di fare il test ai parlamentari che si dovessero opporre al disegno di legge che inasprisce le pene per gli spacciatori ed elimina il concetto di modica quantità, alle rudi parole con cui si è rivolto al Papa («l'integrazione vera è possibile solo con numeri controllati. Lo dico anche al Santo Padre, che parla sempre dei migranti, porti aperti…»), all’immancabile pistolotto sul fatto che non andrà da Fabio Fazio, perché lo stipendio milionario del conduttore televisivo «comunista» gli fa «girare le palle», per finire con un attacco frontale alla magistratura. «Sentenza vergognosa», spara alzo zero il ministro dall’Emilia Romagna, commentando la sentenza del tribunale civile di Bologna che obbliga il sindaco del capoluogo emiliano (ma il primo cittadino bolognese Virgilio Merola ne è ben felice e su Facebook posta il suo giubilo: «Saluto questa sentenza con soddisfazione, il Comune la applicherà senza opporsi», ) a concedere la residenza a due richiedenti asilo, non iscritti all’anagrafe in virtù del decreto sicurezza. I due migranti avevano presentato ricorso e il tribunale ha riconosciuto le loro ragioni. Negare la residenza, ha sottolineato la giudice Matilde Betti nella sentenza, rende «ingiustificatamente più gravoso» l’esercizio dei diritti costituzionali da parte dei richiedenti asilo.


Ma Salvini non ci sta: «Se qualche giudice vuole fare politica e cambiare le leggi per aiutare gli immigrati, lasci il tribunale e si candidi con la sinistra». Annuncia ricorso contro la sentenza e invita perentoriamente tutti i sindaci «a rispettare la legge». Ovviamente la sua. E intanto già si annunciano una serie di ricorsi in tutta Italia in caso di rifiuto di iscrizione all’anagrafe. Il presidente dell'associazione Avvocato di strada onlus, Antonio Mumolo, che difendeva uno dei due richiedenti asilo, spiega che «noi non vogliamo un contenzioso di massa ma lo faremo se il ministro Salvini ci costringe».

Che la sinistra si butti sul ghiotto boccone rappresentato dalla decisione del tribunale di Bologna è ovvio e logico. «Caro Salvini ti ho visto con Orban. Non torneremo indietro dall'Europa della generazione Erasmus a quella del filo spinato e delle torrette militari», scrive il segretario nazionale del Pd, Nicola Zingaretti, su Twitter. Per Walter Verini, componente Pd in Commissione Giustizia «ancora una volta Salvini manganella la magistratura. Cerca di intimidirla». Mentre per il segretario della Cgil Landini - che già dal palco del primo maggio aveva attaccato il vicepremier leghista per le sue politiche securitarie sull’immigrazione da una parte e, dall’altra per la sua mano tenera con CasaPound - «Salvini deve sapere che le leggi devono rispettare la Costituzione e i giudici fanno rispettare la Costituzione. Quando una legge non rispetta la Costituzione non c'è da cambiare la Costituzione c'è da cambiare la legge».


Quello che suona strano, o, meglio, un segno dei tempi, è che a dare il suo sostegno al vicepremier leghista ci sia, di fatto, solo Giorgia Meloni, che si sta scaldando da settimane e bordo campo nella speranza che Fratelli d’Italia possa prendere in caso di crisi il posto del Movimento 5 Stelle e, chissà, salire sul colle capitolina come sindaca. «Mi pare che alcune volte ci siano sentenze un tantino ideologiche che cercano di favorire questo immigrazionismo a tutti i costi il quale non credo stia risolvendo problemi né per l'Italia né per gli immigrati a loro volta».

Gl alleati del M5S tacciono per quasi tutto il giorno, mentre da sinistra è un fuoco di fila contro Salvini. Alla notizia degli scontri in corso a Modena tra gli attivisti del centro sociale Guernica, che contestavano la presenza del leader leghista, e le forze dell’ordine un serafico Di Maio, dalla sua Pomigliano d’Arco, dice: «Penso che in ogni caso ognuno debba avere il diritto di fare la propria campagna elettorale in queste elezioni europee e comunali. Questo è fondamentale». Un po’ pochino francamente. Stessa (gaudente) flemma sulla decisione del tribunale bolognese: «Credo che sia una tempesta in un bicchiere d'acqua perché per noi è prioritario gestire i flussi migratori e garantire la sicurezza agli italiani». E, non pago, aggiunge: «Se c'è una norma da migliorare in modo tale che possa essere più efficace, la miglioreremo». Decreto sicurezza colpito e affondato. Almeno fino alle europee. Poi si vedrà.


di Giampiero Cazzato

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