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Ilva, inizia l'era Arcelor-Mittal ma rimane il nodo assunzioni


Dopo Italsider e la famiglia Riva, gli stabilimenti dell'Ilva passano alla più grande potenza siderurgica mondiale, ma il transito potrebbe non essere indolore.

I giornali locali chiedono al più presto l'interlocuzione con un territorio per la nuova proprietà sconosciuto. «Il nostro viaggio comincia oggi, insieme» annuncia sui social l'amministratore delegato di ArcelorMittal Italia Matthieu Jahl, che assume il controllo plenario dell'azienda dopo che l'Antitrust ha obbligato a lasciare Marcegaglia: Intesa San Paolo ha il 5,6% e Mittal il 94,4%. Con il presidente, Lakshmi Mittal che afferma: «Vantiamo una lunga storia di rilancio di asset poco efficienti. Sono fiducioso nel fatto che riusciremo a ripristinare le prestazioni operative, finanziarie e ambientali di Ilva e che, nel farlo, creeremo valore per la nostra società, gli stakeholder di Ilva e l'economia italiana».


La conclusione della vendita porta nuovi fondi per l'ambiente: 300 milioni vengono dalla precedente proprietà, i Riva, che contribuiscono anche con i fondi appena rientrati dall'estero, circa un miliardo, la maggior parte del quale verrà ora usato dall'amministrazione straordinaria per le bonifiche che non fanno parte del perimetro produttivo di competenza di Mittal, tra cui dovrebbe rientrare anche il risanamento dell'area esterna al siderurgico, lungo la gravina Leucaspide tra Taranto e Statte, sequestrata giorni fa dai magistrati. Altri 200 milioni verranno poi destinati al trattamento dei rifiuti, 300 alla copertura dei parchi e 200 ai forni del coke. Confermati quindi dalla nuova proprietà tutti gli impegni di investimento, dal programma ambientale che vale 1,15 miliardi su 4,2 totali. L'amministratore delegato, Aditya Mittal, ha confermato che i lavori sono già iniziati e si è detto sicuro che Ilva diventerà uno dei produttori di acciaio leader in Europa e uno dei più responsabili.


Rimane il nodo assunzioni: in base agli accordi Arcelor si è impegnata ad assorbire da subito 10700 lavoratori sui 13500 circa, di cui 8200 solo a Taranto; 2600 rimarranno a carico dell'amministrazione straordinaria, in cassa integrazione. Le sigle sindacali Fim, Fiom, Uilm e Usb di Taranto hanno denunciato nei giorni scorsi «gravissime anomalie rispetto all'applicazione dei criteri» " di selezione del personale con «molteplici incongruenze palesi sui criteri della professionalità, anzianità e carichi familiari, per effetto dei quali non vi è più ombra di dubbio come la selezione per centinaia di distacchi sia stata operata attraverso criteri unilaterali da parte dell'azienda». Che da parte sua ha fatto sapere di essere pronta a intervenire a fronte di oggettivi errori nei criteri di selezione. Sarà tutto chiarito tra meno di una settimana, l'8 novembre, quando è convocato al ministero dello Sviluppo Economico il primo incontro di verifica degli accordi.


di Paolo dal Dosso

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