Ha inventato il motore che va a pipì. Sì, il liquido organico color giallo paglierino che quando scappa non si riesce a trattenere e si corre in bagno. Con un piccolo kit montato sotto al cofano l’auto consuma poca benzina, percorre molti più chilometri di quanti potrebbe farne con un litro di carburante, le prestazioni aumentano e i gas di scarico diminuiscono. Praticamente l’uovo di Colombo che metterebbe d’accordo industriali e ambientalisti. Almeno così spiega l’ingegnere Angelo Zizzari che ha disegnato e descritto in dieci pagine il brevetto dell’inventore Mario Federici, classe 1926, residente a Roma. E già: questo signore di Volta Mantovana (Mantova) ha 93 anni, li compirà il prossimo 1° settembre, anche se ne dimostra una ventina in meno. La sua invenzione risale alla fine degli anni Settanta, quando era titolare di un’autofficina nel quartiere romano dei Parioli e per pochi soldi la vendeva al ritmo di una trentina di pezzi al mese ad automobilisti “volontari”.
Ecco come funziona. Nel vano bagagli posteriore si sistema un recipiente con dentro acqua e un bicchiere di pipì. Il tappo ha dei fori dai quali passano due tubicini. Il primo, di entrata: un capo penzola all’esterno, a contatto con l’aria, mentre l’altro è immerso nel liquido del contenitore. Il secondo sondino, di uscita: un estremo è infilato nel recipiente, sospeso a pochi centimetri dalla miscela, e il resto del piccolo condotto arriva sino al filtro dell’aria nel cofano anteriore. Quando si accende il motore, per depressione il tubo a contatto con l’esterno immette aria nell’acqua arricchita dal liquido organico creando bollicine. A questo punto l’altro cannello aspira i gas che si sprigionano dalla combinazione chimica e li porta al filtro dell’aria per entrare nei cilindri. Compiuto il “miracolo verde”.
«L’innovazione, è scritto nel brevetto, permette un'installazione semplice su ogni tipo di motore a combustione interna, sia di tipo a benzina che di tipo diesel; su motori di veicoli, autoveicoli, motoveicoli, camion, pullman, autoarticolati, veicoli speciali, macchine operatrici, etc.». «In origine, racconta l’inventore Federici, l’idea era venuta a un meccanico italiano che era andato negli Usa ed era tornato aprendo quattro officine in Italia, a Milano. La miscela era a base di alcool e prometteva risparmi di benzina dal 20 al 30%. Ho pensato alla pipì quando sentii che un atleta era sopravvissuto nel deserto bevendo la sua urina. Mi dissi: se ha funzionato con lui allora può andare anche con le parti meccaniche. E così fu. Chiunque abbia saputo della mia invenzione, continua, mi ha sempre detto che prima dovevo brevettarla e poi se poteva riparlare. A marzo dell’anno scorso ho bollato e depositato il progetto. Ne ho discusso alla Volkswagen e adesso sto aspettando la chiamata dell’Ambasciata tedesca, a Roma, alla quale presenterò tutti i documenti. Perché ho pensato alla Germania? Ho parlato con gli italiani: più volte con il Comune di Roma, con la tv che mi ha chiamato e mi ha fatto provini e con altri esponenti aziendali. Ma in Italia sembra che le buone idee non trovino mai la strada giusta. Ti dicono che la cosa è straordinaria ma nessuno è disposto ad adottarla».
di Fabio Di Chio
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