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Juncker boccia la manovra: «Deviazioni inaccettabili» e Di Maio lo incalza: «A nome di chi parla?»



A nemmeno ventiquattrore dall'invio da parte italiana del documento riassuntivo dei provvedimenti che comporranno la prossima legge di bilancio, è arrivata l'attesa stangata della Commissione Ue nella figura del suo presidente Jean Claude Juncker. Un pericolo per la stabilità italiana e dell'Europa, in sintesi, la visione già ampiamente e più volte esternata dal politico del Lussemburgo, preoccupato dalle pazze spese italiane e dai rischi che comporterebbero. «Se accettassimo il derapage», ha esordito il presidente della Commissione, in riferimento alla sterzata italiana in pieno contrasto con gli accordi presi in materia di contenimento del deficit, «alcuni Paesi ci coprirebbero di ingiurie e invettive con l'accusa di essere troppo flessibili con l'Italia».


Pronta come al solito la risposta, affidata ai social, del vicepremier Luigi Di Maio, che a turno si intervalla con l'altro attore, il verde Salvini, per mantenere alta l'asticella dello scontro istituzionale con i vertici europei. «Juncker oggi dice che l'Eurozona si rivolterà contro tutto questo per mantenere lo status quo che ha causato solo povertà e disoccupazione crescente. A nome di chi parla? Dei vari ministri, del presidente dell'Eurogruppo, del suo partito che l'altro ieri ha fatto il minimo storico alle elezioni in Lussemburgo? Juncker faccia nomi e cognomi di chi davvero prende le decisioni all'interno dell'Ue. Non ci si può attaccare a vincoli ad personam, decidendo in modo scientifico di attaccare un paese sovrano solo perché quel governo non è simpatico a lui e all'élite di cui fa parte». La solita, puntuale stoccata del governo gialloverde a un'Europa cieca di fronte ai bisogni delle persone e colpevole di non riuscire a immaginarsi al di fuori di quelle politiche di austerità che sono la causa, o quanto meno la concausa, del disastro economico e occupazionale degli ultimi decenni. Di Maio ha concluso il suo pensiero con un monito minaccioso e ha ribadito che si andrà «avanti con le misure chieste dal popolo. Juncker continui pure a rivoltarsi, gli rimane tempo ancora fino a maggio». Da ubriacone a futuro disoccupato, il passo delineato sembra breve.


Il presidente Juncker, tuttavia, nonostante il profondo scetticismo per la manovra presentata dall'Italia, si dice lontano dal pregiudizio e voglioso di trovare una via di dialogo che possa soddisfare tutte le parti in causa e ha annunciato un imminente colloquio telefonico con il premier Giuseppe Conte. In merito ai contenuti specifici nel documento riassuntivo inviato dall'Italia, Juncker non si è voluto sbilanciare, sospendendo il giudizio per non fornire ulteriori sponde agli attacchi del governo pentaleghista e dicendosi attento principalmente riguardo «i risultati in termini di bilancio e saldo». A specifica domanda se potrebbe sopravvivere un'Europa senza l'Italia, Juncker ha seccamente risposto di no prima di ricordare che, stando a recenti sondaggi, il numero di italiani favorevoli alla permanenza del Paese nell'unione monetaria rappresenta una netta maggioranza. Quel che è certo è che, salvo miracoli, dopo la bocciatura "interna" da parte dell'Ufficio parlamentare di bilancio, i provvedimenti economici varati dal governo incorreranno in un altro stop da parte dell'Europa e potrebbero aprire un contenzioso inedito e dagli esiti sfavorevoli per entrambe le parti in causa. «L'Europa ha bisogno dell'Italia e l'Italia dell'Europa», l'ultimo messaggio di Juncker, conscio che l'Unione Europea senza l'Italia, e solo marginalmente per questioni di sentimento, difficilmente potrebbe restare in piedi. Il presidente della Commissione Ue ha inoltre scongiurato che la questione italiana sarà posta al centro del prossimo Consiglio europeo, e ha tracciato un iter preciso prima di «porre l'Italia sul banco degli imputati». Per il presidente del Consiglio europeo Donald Tusk, invece, «quello che ci serve ora è un dialogo rispettoso tra la Commissione Ue e l'Italia», ma è quel "rispettoso" il primo obiettivo su cui pochi bookmaker scommetterebbero. Figurarsi sul resto.



di Alessandro Leproux

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