Dopo la denuncia della Procura di Catania nei confronti della nave Aquarius della Ong Sos Mediteranèe e Msf per smaltimento illecito di rifiuti potenzialmente pericolosi, un primo, potente, alleato delle organizzazioni dedite al salvataggio dei migranti in rotta nel Mediterraneo, l'Alto Commissariato Onu per i diritti umani, ha fatto sentire la propria voce ed emanato un comunicato d'ammonimento contro l'Italia e le sue politiche di stretta contro l'immigrazione. Preoccupazione per le derive «razziste e xenofobe» alimentate da politiche che «minano fondamentalmente i principi internazionali dei diritti umani e condurranno certamente a violazioni di diritti umani internazionali». Secondo l'Alto Commissariato Onu «il governo deve rispettare i valori sanciti dalla Costituzione italiana e gli impegni internazionali sottoscritti. L'Italia ha proposto un inasprimento delle norme sull'immigrazione che avrà un grave impatto sulla vita dei migranti e sono di grave preoccupazione». Cambiare rotta e farlo presto. Questo l'ammonimento dell'organismo che intravede nella gestione della questione migratoria da parte italiana un'aperta violazione delle norme internazionali e una concreta ricaduta sul numero di morti in mare, molte delle quali non segnalate proprio per la mancanza di imbarcazioni Ong attive, oltre che del numero delle sparizioni di migranti, molti dei quali catturati e ricondotti in Libia in strutture detentive molto più simili a carceri che a strutture d'accoglienza. Del resto, già mesi fa, nella torbida estate della chiusura dei porti, sia l'Alto Commissariato che la Commissione europea per i migranti intervennero a rinfrescare la memoria all'esecutivo italiano, ricordando come la Libia non fosse considerata affatto un porto sicuro né una base ideale per quelle operazioni congiunte tra Guardia costiera italiana e libica per il reintegro dei richiedenti asilo. L'Alto Commissariato ha inoltre comunicato di aver informato direttamente il governo circa la sua posizione e «attende una risposta».
«Da quando è entrato in carica nel giugno 2018», prosegue l'Alto Commissariato dell'Onu per i diritti umani, «il nuovo governo italiano ha attuato le misure anti migranti per cui si batteva. Il Decreto legge sicurezza arriva mentre in Italia c'è un clima di odio e discriminazione, sia nei confronti dei migranti e di altre minoranze, sia nei confronti della società civile e dei privati che difendono i diritti dei migranti. Durante la recente campagna elettorale, alcuni politici hanno alimentato discorsi che abbracciavano spudoratamente la retorica razzista e xenofoba anti-immigrati e anti-stranieri. Le persone di origine africana e Rom sono state particolarmente colpite. Durante e subito dopo la campagna elettorale, le organizzazioni della società civile hanno registrato 169 episodi di matrice razzista, 126 dei quali riguardano l'incitamento all'odio razziale, anche in manifestazioni pubbliche. In 19 casi si sono registrati episodi di violenza». Questo il resoconto dell'organismo che ravvede nella condotta dell'esecutivo, e in particolare in quella del Ministro degli Interni Matteo Salvini, un piano dettagliato e articolato messo in atto già a partire dalla campagna elettorale, un piano orchestrato con continui e ripetuti attacchi alle minoranze etniche, in particolare africani e Rom, atto a creare i presupposti di consenso popolare per le azioni politiche poi portate avanti. Un piano che ha però portato, a detta dell'Alto Commissariato, a quasi duecento episodi di matrice razzista.
E mentre si attendono sviluppi sulla vicenda Aquarius, la giustizia ha fatto il suo corso sul caso di richiesta di permesso di soggiorno di un uomo di origini tunisine, il trentenne Ben Salem Sofiem, ma con un colpevole ritardo di due giorni. In Italia da diversi anni, Sofiem lavorava con rapporto di lavoro subordinato ed era in possesso di passaporto e codice fiscale. Recatosi al commissariato di Vittoria per alcuni rilievi legati al rinnovo del permesso di soggiorno, è stato fermato e condotto all'ex Cie di Trapani perché il documento risultava scaduto da diversi mesi. Trattenimento poi convalidato dal giudice di pace di Trapani di fronte al quale l'uomo aveva presentato istanza di riesame, poi accolta dal giudice a termine dell'udienza fissata per il 12 novembre. Recatosi al Cie di Trapani per riferire al suo assistito l'esito favorevole della seduta, il legale di Sofiem ha scoperto con suo grande stupore che l'uomo era stato coattivamente rimpatriato in Tunisia due giorni prima dell'udienza. Una grave inadempienza del sistema o forse un primo, allarmante, risultato di quella stretta all'immigrazione sempre in bilico tra legalità e violazione dei diritti umani, sempre bisognosa di risultati, traducibili in questo caso nel numero di rimpatri su cui può contare il titolare del Viminale per dimostrare l'effettiva bontà delle sue operazioni. Pochi giorni fa, si scriveva sui principali quotidiani, quelle dalla Tunisia e dalla Nigeria erano le uniche rotte aeree funzionanti e su cui l'Italia puntava per accrescere il numero di rimpatri e "alleggerire" la pressione del numero di extra comunitari sul suolo. Quello di Sofiem rischia di diventare un esempio di come la rincorsa al consenso possa costare cara, soprattutto se sulla pelle altrui.
di Alessandro Leproux
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