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L’AMARO IN BOCCA



Il festival di Venezia è finito lasciando un po' di amaro in bocca, non solo per la complessiva modestia dei prodotti, non solo per il totalizzante imprimatur gay, non solo perché Guadagnino, regista prevalentemente americano, doveva vincere qualcosa, ma anche per la conferenza della senatrice leghista Borgonzoni, che, accompagnata dal direttore Cinema Borrelli, ha inanellato una tale serie di valutazioni errate e di anticipazioni maldestre che l’hanno subito identificata come la migliore allieva di Franceschini.

Il direttore Borrelli, uomo che conosce bene la materia e che in questi anni ha medicato tutti coloro che sono stati resi invalidi dalla legge Franceschini, ha dovuto spalleggiare la sottosegretaria, cercando di correggerne un po' il tiro, perché il suo ruolo non consente ribellioni, ma tutto il MIC sa che i provvedimenti presi in questi anni hanno massacrato il cinema, impoverito lo Stato e arricchito quei pochi imprenditori collusi con la sinistra.

Ignara di tutto ciò, (ma impregnata esclusivamente del verbo franceschinesco: vi diamo i soldi!), la senatrice ha cavalcato l’onda risarcitoria promettendo l’aumento del tax credit e dei rimborsi agli esercenti, elogiando l’iniziativa “moviement” per premiare la programmazione estiva, e dulcis in fundo ha esaltato il ruolo di Cinecittà come casa comune di tutti gli operatori dell’audiovisivo.

Premesso che la casa è già abitata da Bettini e Maccanico con un contratto d’affitto a tempo indeterminato siglato da Franceschini, e che il ministro ha piazzato alla Siae Nastasi per evitare che quest’ultimo soffra troppo, la signora Borgonzoni non ha compreso che il brand Made in Italy è già compromesso dalle vendite di quote di società nazionali a major estere, e che per riprendere posizione è necessario innanzitutto che Rai decida di diversificare i propri appalti, creando finalmente un po' di democrazia tra i propri fornitori, e che lo Stato smetta di finanziare gruppi esteri mascherati da italiani applicando quella regola semplicissima che è la “reciprocità”, parola che nei paesi esteri è sconosciuta.

La senatrice Borgonzoni, donna di fascino e capace di impegno, dovrebbe risvegliarsi dal “sonno dogmatico” dell’era Franceschini e capire che se il cinema italiano è al 10% del fatturato nazionale, e non ha mercato estero, lo dobbiamo ad una legge sbagliata che va corretta.


di Michele Lo Foco

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