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L'amore perduto tra Lega e 5S porta dritti alle Europee: storia di un rapporto mai davvero decollato



“L'amore che strappa i capelli è perduto ormai...”. Sperando che il compianto De André non compia troppe evoluzioni all'interno della sua tomba nell'udire l'ardito paragone, e ammesso che vi sia mai stato del sentimento tra i due, il clima tra le teste pensanti del governo gialloverde non sembra accennare a schiarite. Molte, (forse) troppe le differenze di veduta, le incomprensioni, che nemmeno la calce viva del contratto di governo riesce a tenere insieme.

Un vaso (cinese?) il cui coperchio era da tempo destinato a saltare, ma che i primi mesi di "baldanza esecutiva" ci avevano illuso potesse ampiamente resistere fino alle elezioni di maggio, e poi chissà. Ora invece, ribaltati i giochi di forza all'interno della maggioranza, stando ai risultati delle tornate Regionali e ai famigerati sondaggi, ogni scusa sembra buona per marcare il territorio e alzare voci e creste come in un ferale rituale di forza. A scanso di equivoci, il governo terrà la rotta prestabilita almeno fino alle Europee ormai agli sgoccioli, ma ripensando ai sorrisi e all'ostentata serenità del duo Di Maio - Salvini di pochi mesi fa, oggi sembra di stare in un congresso del Pd. Musi lunghi, frecciatine e sorrisi manco a pagarli. Smorfie tutt'al più. Già sul nodo Tav, "risolto" con un bel rinvio a data da destinarsi, si era intuito che le due compagini governative sarebbero arrivate al «vediamo chi ha la testa più dura», ma lo sblocco degli appalti Telt (con possibilità a "costo zero" di ritornare sui propri passi) ha evitato lividi e bendaggi. Un antipasto di quanto seguito all'operazione romanticamente rinominata “Via della Seta”, che oltre a portare a caratteri cubitali le effigi del Movimento 5 Stelle e del titolare del Mise, senza riferimenti alla Lega, ha offerto un nuovo terreno per lo scontro. Un accordo, comunque lo si voglia vedere, quello tra Italia e Cina, da diversi miliardi di euro, che spalanca le porte del lontano mercato orientale alle nostre aziende (e soprattutto viceversa) e che solo il tempo ci dirà quanto davvero opportuno e redditizio per le tasche dei connazionali. Un rospo difficile da ingoiare per Salvini, che per l'occasione si è trovato persino dalla stessa parte della barricata con l'Ue – che vorrebbe pressoché demolire – quando intimava prudenza nel fare affari con chi potrebbe fare di te un sol boccone. E se è vero che tutte le strade (anche quella della Seta) portano a Roma, l'autonomia richiesta a gran voce dalla Lega per contentare lo storico bacino elettorale del nord est, funge da perfetto contraltare da gettare in pasto ai famelici elettori che, come in una gara fanciullesca, si contendono il primato, in quanto a fatti e risultati prodotti, all'interno dell'asse 'pentaleghista'. Quello dell'autonomia è un pallino della Lega sin dai suoi albori, ma il 'secessionismo' con cui Bossi scalò le classifiche della politica, appare oggi un termine troppo forte, anacronistico, nostalgicamente vintage. La sostanza, però, resta grosso modo quella, come ribadito dal Governatore della Regione Veneto Luca Zaia, «stanco di pagare gli sprechi degli altri» e di essere «trattati come pirla» (già l'uso dialettale, ancor prima che aulico, della lingua impone una prima riflessione). Segue: il Congresso delle Famiglie a Verona, storico appuntamento che, oltre a riportare alla luce del sole concetti che si sperava sepolti assieme al Medioevo e a ospitare personalità il cui credo cozza spesso con gli enunciati della scienza moderna (pare proprio che il dilettantismo non manchi da ambo i lati della maggioranza), vedrà in prima linea il ministro Fontana e il vicepremier Salvini per la gioia di Di Maio, che non si è lasciato sfuggire l'occasione di ribadire come per lui «la famiglia è sacra», prima di aggiungere che il «M5S propone di aumentare le pene per chi compie violenze contro le donne, ma a Verona c’è qualcuno che è allergico a questo dibattito». Insomma, ormai non ce le si manda a dire e con l'avvicinarsi della tornata elettorale di maggio, il fuoco amico si fa roba per cecchini esperti, con bersagli specifici da colpire. Il difficile non sta tanto nel rimarcare differenze sostanziali tra 5 Stelle e Lega, peraltro giuste e necessarie in un dibattito democratico (un po' meno all'interno di un governo), che vengono fuori da sole senza bisogno di tante elucubrazioni, ma nel mantenere freddezza e occhi ben saldi sull'obiettivo, senza farsi trascinare dagli eventi e mandare tutto in fumo anzitempo. Ormai entrambi, da una parte Di Maio e dall'altra Salvini, ribadiscono, con una cadenza quasi settimanale, che il matrimonio durerà secondo disposizioni costituzionali per altri 4 anni, segno che gli scricchiolii nel rapporto ci sono eccome e le smentite da circostanziali si fanno necessarie. E pensare che a un certo punto più di qualcuno si era lasciato tentare dall'idea di un' alleanza (previa "leghizzazione" del Movimento) di più ampio respiro e durata, nell'ottica del momento rosa e fiori dei primi mesi. Ma si sa come fan presto, amore, ad appassire le rose.


di Alessandro Leproux

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