Come per la vita, anche la politica è una questione di priorità. Nelle dichiarazioni, nella scelta su quali temi abbracciare o meno, e soprattutto nelle apparizioni, sul dove e il quando, risiede buona parte delle strategie comunicative messe in atto dal soggetto politico per portare avanti la propria agenda. Da uno schieramento all'altro nessuna figura istituzionale è esente da queste logiche, figurarsi chi è a capo di un governo. Come è giusto che sia in democrazia, ogni mossa di un rappresentate viene analizzata, comparata con le sue dichiarazioni in un oramai anacronistico tentativo di verifica e ricerca di una qual certa coerenza tra quanto si è promesso e spergiurato e quanto realmente si sta portando avanti.
Sprovvisti, per quanto ci è dato sapere, del dono dell'ubiquità, ai nostri ministri è concesso il beneficio del dubbio se l'arco di tempo considerato è relativamente breve. Ostacoli, imprevisti e urgenze dell'ultimo minuto sono sempre all'ordine del giorno, specialmente se l'interlocutore è un intero Paese. Discorso diverso quando il periodo si fa medio-lungo e le “tendenze” si fanno “abitudini”. Se i social network hanno in parte colmato questo vuoto di presenze laddove ci aspetterebbe di trovare i volti noti della politica, consentendo in poche righe di portare avanti dibattiti e discussioni da centinaia e centinaia di chilometri di distanza dal luogo fisico dell'accadimento, certe volte, sempre in nome di quella scomoda coerenza, la presenza reale, in carne ed ossa, sarebbe cosa necessaria ancor prima che gradita. Non passi allora sotto gamba l'assenza, l'ennesima, del Ministro degli Interni Matteo Salvini al tavolo del Consiglio Europeo degli Affari Interni, la speciale composizione dell'organismo collettivo che raccoglie i ministri degli interni dei 27 stretti attorno alla bandiera dell'Ue. Un appuntamento particolarmente sentito, perché l'ultimo prima delle elezioni Europee e soprattutto per i temi oggetto dell'incontro. Riforma del sistema d'asilo per i rifugiati, Guardia costiera europea e cooperazione con i Paesi terzi in materia di immigrazione, tutte tematiche, a rigor di logica, centrali sia nell'acceso dibattito italiano che nella campagna elettorale portata avanti, in lungo e in largo per l'Italia (e per il Parlamento Europeo) proprio dall'attuale titolare del Viminale Matteo Salvini. Lo stesso Salvini che ha partecipato soltanto ad una delle tante rassegne europee con i propri omologhi, quando i «porti chiusi» e la lotta alle Ong erano sulle pagine di tutti i quotidiani nazionali, ma che oggi ha preferito essere a Potenza per la campagna elettorale in vista delle Regionali, dove la Lega spera di proseguire nella scia di successi segnati dall'Abruzzo e dalla Sardegna. Per assurdo, proprio a Potenza, il decreto sicurezza e i presunti effetti benefici sulla questione migratoria italiana, la "chiusura" dei porti e dei Cara, saranno argomenti validissimi per accontentare la platea in ascolto, ma evidentemente più utili per portare voti in cascina che per discutere tra pari con chi, sempre stando alle argomentazioni di Lega e 5 Stelle in tema immigrazione, ha sempre voltato le spalle all'Italia, ovvero l'Europa. Fondare quasi interamente una campagna elettorale e buona parte del risicato operato da ministro su una tematica così delicata e annosa per poi, quando ce ne sarebbe occasione, mancare all'appuntamento (delegando tra l'altro chi, come il sottosegretario Molteni, nemmeno ha le deleghe per proferire parola) suona, oltre che come una leggerezza nei doveri di ministro ancor prima che di capo politico di un partito, come una triste e pericolosa conferma che ormai gli argomenti conta sì averli, farli propri e renderli basi su cui costruire il proprio fortino politico, ma non tanto per giungere al cuore dei problemi, quanto per utilizzarli come leva per il consenso popolare.
di Alessandro Leproux
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