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L’avvocato Priori Alessandro: “Custodia cautelare? Un’autentica carneficina d’innocenti”



STEFANO BINI PER IL GIORNALE D'ITALIA

Alessandro Priori è titolare dello Studio Legale Priori con sedi a Velletri e Parma; è Consigliere dell’Ordine Avvocati di Velletri e fresco di nomina al Consiglio Distrettuale di Disciplina di Roma. Le Custodie Cautelari sono sempre di più un elemento nevralgico tra la necessità di Indagini Preliminari per le Procure da una parte e la tutela dei diritti di cittadini ancora indenni da condanne dall’altra. Andiamo ad analizzare la situazione. Perché diritti innegabili e carcerazione preventiva Le stanno tanto a cuore? «L’attività professionale mi porta quotidianamente a contatto con molteplici realtà legate al mondo della Giustizia e tra queste emerge in maniera sempre più preponderante la problematica dei tanti casi di persone che subiscono una custodia preventiva risultando poi innocenti. Il principio alla base è quello dell’applicazione della Custodia Cautelare. Questa misura coercitiva per la quale un indagato viene privato della propria libertà nonostante non sia stato ancora riconosciuto colpevole di alcun reato, seppure costituisca uno strumento importante per i Magistrati, laddove non correttamente applicata rischia di compromettere seriamente i diritti personali del singolo. Basti pensare che una errata applicazione della carcerazione preventiva, nei casi peggiori, può culminare con la vera e propria devastazione della vita delle persone che ne vengono investite procurando loro un nocumento all’immagine mai reversibile, soprattutto se si tiene conto dell’impatto mediatico che talvolta ne consegue e sottoponendole altresì a un’esperienza sconvolgente sia dal punto di vista umano che da quello professionale, ambito la cui sfera più venire del tutto compromessa. Per non parlare dell’impatto che arreca alle famiglie, vittime di secondo grado di questo fenomeno. La vicenda è purtroppo di vita quotidiana, la lotta è tra 2 grandi diritti: il primo ed invalicabile difeso dai Colleghi Avvocati che fonda le proprie radici nell’art. 13 della Costituzione Italiana e che definisce come inviolabile la libertà personale e poi un secondo aspetto, quello del Magistrato inquirente che in tema di Misure Cautelari applica la carcerazione preventiva ai sensi degli artt. 272 e ss. C.p.p. ove ravvisi un pericolo di inquinamento delle prove, un pericolo di fuga dell’imputato od un pericolo di reiterazione di altri reati. Il codice poi offre nell’Art. 137 c.p. un palliativo all’uso, spesso errato, delle Misure Cautelari prevedendo la possibilità di defalcare dalla pena definitiva quella patita in sede cautelare. E se il cittadino non fosse mai condannato? Se fosse assolto? Se il procedimento fosse archiviato o se si arrivasse ad un non luogo a procedere? Se il reato si prescrivesse nelle more del Processo? Queste domande giacciono però irrisolte sulla testa di ciascuno di noi che da un momento all’altro rischia di poter essere attinto da una delle più disparate forme di Custodia Cautelare, vedendo pericolosamente travolta la propria vita lavorativa ed affettiva. Il caso Tortora, ad esempio, è stato solo una delle migliaia di pagine di questo triste capitolo giudiziario dove la difformità di metro di Giudizio e la lunghezza dei processi molto spesso diventano una condanna anticipata anzi, a volte, l’unica vera condanna, e dove gli indagati ed i loro familiari vengono esposti al pubblico ludibrio dell’opinione pubblica.» Quali sono i suoi indirizzi? «Innanzitutto, attraverso la mia attività professionale quotidiana, caso per caso, cercando di evitare che si abusi nella sua applicazione e che si tramuti esclusivamente in una vera e propria forma anticipatoria della pena fine a sé stessa. Potrebbe sembrare una goccia nel mare eppure sottrarre da un simile calvario anche soltanto una persona significa affermare un principio che potrà costituire poi un precedente storico importante per altri. Ogni giorno nelle Aule di Giustizia mi batto affinché non venga violato il principio costituzionale della presunzione di non colpevolezza e affinché semplici indagati, speso poi assolti, non siano costretti a conoscere l’umiliazione del carcere prima di un processo.» Com’è messa l’Italia in tal senso? «Volendo parlare di numeri possiamo dire approssimativamente che le statistiche parlano di circa mille persone che ogni anno vengono sottoposte a carcerazione preventiva risultando poi innocenti al termine del processo. Tenga conto che l’Italia è il quinto Paese Europeo con il più alto tasso di detenuti in regime di custodia cautelare: un detenuto ogni tre si trova in questa situazione. Oltre 30.000 casi negli ultimi trenta anni di ingiusta detenzione, una “carneficina” di innocenti. Di riflesso tutto ciò rappresenta anche un importantissimo onere economico per il Paese poiché questi casi costano svariati milioni di euro annui di indennizzi.» Perché in Italia i tempi sono così lunghi? «Tanti sono gli elementi che concorrono a questi processi “fiume”: la mancanza di risorse umane sia nelle Procure che nei Tribunali, la presenza di tanti reati minori che potrebbero essere depenalizzati o ancora la non convenienza in concreto di alcuni riti alternativi. In tal senso andrebbero rivisti gli organici di Tribunali e Procure, andrebbero incentivati i riti alternativi premiali quali “Patteggiamento” ed “Abbreviato” anche ampliandone la possibilità di applicazione, andrebbe rivisto il sistema delle Prescrizioni parametrandolo sulla vera pericolosità sociale di alcuni reati. La strada è complessa ma non sarebbe molta; gli operatori del settore la conoscono, andrebbe soltanto velocizzata. Tutto questo è necessario per avere un sistema più garantista dove la pena, che nel nostro ordinamento deve tendere alla rieducazione del condannato, sia veramente un “vestito cucito su misura”. Ciò non può avvenire se non a sentenza irrevocabile. Quello che accade prima, purtroppo, rischia di essere, come spesso accade, un errore giudiziario che comporta un danno morale enorme per la nostra collettività.» Ha avuto modo d’interfacciarsi con magistrati e altri avvocati per parlare del problema? «Quello che ci chiediamo tra Colleghi e che vorremmo dal nostro sistema Giudiziario è sia una maggiore circoscrizione dei reati ove sono attuabili queste misure, sia una maggiore velocità dei processi che stanno vieppiù diventando la condanna stessa a causa delle tempistiche fuori controllo. Voltaire diceva che “è meglio correre il rischio di salvare un colpevole che condannare un innocente”. Chi opera nel diritto non può non condividere questo pensiero presente già negli antichi testi del Digesto. Ma corrisponde alla realtà? Assolutamente no purtroppo. Tuttavia rappresenta lo spessore della linea che dovrebbe essere utilizzata in materia di Misure Cautelari.» Una buona riforma della giustizia potrebbe sopperire a tali mancanze? «Certamente, una riforma soprattutto attenta al rispetto delle garanzie difensive e di giusto processo per l’imputato. La società tutta ha l’interesse e la forza per chiedere a gran voce, ed ottenere, la riapertura di una importante discussione intorno alla giustizia. Un dibattito che tenga conto delle atrocità di taluni accanimenti giudiziari e dell’annientamento della persona che ne consegue. Ciò al fine di ricondurre il ricorso alla custodia cautelare nel binario della extrema ratio alla quale si ricorre nei soli casi di reale pericolosità sociale, debellando definitivamente drammi umani e malagiustizia. Non dimentichiamo, peraltro, che ricorrere a modalità alternative per gestire persone non ancora condannate aiuterebbe a contrastare il sovraffollamento carcerario, altra nota dolente per il nostro Paese.» Per i temi che affronta quotidianamente, vede politicamente più attenzione a destra o a sinistra? «E’ un tema che viene portato in discussione da tutti in ogni elezione, salvo poi eclissarsi pian piano il giorno seguente. L’augurio è che la questione, che è così delicata, sia affrontata finalmente sul serio perché se è vero che il grado di civiltà di un Paese si misura con il proprio sistema Giudiziario, noi dobbiamo ancora crescere molto. Gli Avvocati però restano un baluardo difensivo fondamentale di questi diritti innegabili.»

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