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L'Europa approva la direttiva sul copyright: Mogol esulta e i grillini gridano alla censura



L’Europa oggi si è giocata la sfida della cultura, quella dei grandi scrittori, dei musicisti amati in tutto il mondo, degli artisti che hanno impresso la loro anima su un quadro. A essere a rischio era il copyright, il diritto d’autore che gli europei hanno sempre tutelato ma che, ormai, è sotto assedio delle multinazionali.


Google&Co stanno distruggendo la proprietà degli autori, appropriandosi indebitamente, senza pagare nulla, del genio di milioni di creativi. Solo pochi giorni fa era stato eletto il nuovo presidente della Siae, la società autori ed editori. Un nome che è il simbolo della creatività: Giulio Rapetti, in arte Mogol, 82 anni e oltre cinquanta a scrivere testi con i migliori cantanti della storia italiana del dopoguerra. Non appena Mogol si è insediato ha lanciato la sua battaglia per il diritto d’autore, sotto scacco della nuova rivoluzione digitale, e ha annunciato guerra alle multinazionali, spiegando che convocherà tutte le società europee autorali ad un tavolo in cui decidere la strategia di difesa per quel mondo di creativi che sembrava dimenticato da un’Europa presa dal problema dello spread e dei migranti. «Siamo in guerra: si sta attentando al diritto d'autore. Responsabili sono le multinazionali piene di miliardi. Ma spero tanto che vinceremo: loro hanno i miliardi e fanno attività di lobbying, noi abbiamo ragione», aveva detto Mogol lanciando una vera e propria chiamata alle armi sul fronte della battaglia per la riforma del copyright. E il suo appello non è rimasto inascoltato, perché oggi l’Europarlamento è riuscito ad approvare una riforma storica, osteggiata in primis dai grillini, il movimento che trae la sua forza da Internet e che censura la stampa. Hanno votato a favore 438 parlamentari e contro 226, mentre in 39 si sono astenuti.



«Ha vinto la cultura», è stato il commento a caldo di Mogol. «I grandi colossi del web ora dovranno pagare cifre che possono assolutamente permettersi, a fronte dei milioni che incassano. È giusto che ci sia rispetto per la creatività e che si difendano i giovani», ha aggiunto il presidente della Siae. A chi, come il Movimento 5 Stelle, accusa l'Europa di aver legalizzato la censura, Mogol ha risposto in maniera secca: «Qui non si parla di un problema di libertà, ma di equità». Anche perché, senza una regolamentazione sul diritto d’autore, finora in Italia c’è stata fin troppa libertà, tanto che i creativi proprietari delle opere si sono trovati a dover fare i conti, fin dagli anni Settanta, con le musicassette taroccate e oggi con i file condivisi da milioni di utenti su Facebook, senza che da quelli arrivasse un compenso. Insomma, la libertà di… fregare. È questa libertà che vuole il ministro Luigi Di Maio? Ovviamente senza che nessun giornale si impicci e scriva di tutto ciò? Libertà di non pagare e libertà di censurare. Ma questa nuova riforma potrebbe cambiare finalmente le cose, grazie ai due articoli più contrastati da luglio scorso. Si tratta dell’11 e del 13, i due pilastri che tuteleranno gli autori. Il primo tenta di bilanciare il rapporto tra le piattaforme online, come Google e Facebook, e gli editori, che da tempo lamentano di subire uno sfruttamento dei loro contenuti da parte delle multinazionali, senza un adeguato compenso. Gli editori accusano i social network e i motori di ricerca di usare i loro contenuti senza pagare nulla, mentre le piattaforme dicono di fare già ampiamente gli interessi degli editori, considerato che il loro traffico arriva in buona parte dalle anteprime pubblicate sui social o nelle pagine dei risultati dei motori di ricerca. Ogni Stato membro dovrà ora garantire che gli editori ricevano compensi “consoni ed equi” per l’uso dei loro materiali da parte dei “fornitori di servizi nella società dell’informazione”, cioè le aziende di Internet. Gli emendamenti hanno chiarito che il principio riguarda le grandi piattaforme e esclude gli utilizzi privati dei link e il loro impiego non commerciale, come nel caso di Wikipedia. L’articolo 13, invece, riguarda la libera circolazione dei contenuti. Prevede che le piattaforme online esercitino un controllo molto accurato su tutto ciò che viene caricato dagli utenti, in modo da escludere la pubblicazione di contenuti protetti dal diritto d’autore e sul quale gli utenti non detengono diritti. L’idea è che ogni fornitore di servizi online si doti di un sistema simile a “Content Id”, la tecnologia utilizzata da YouTube proprio per evitare che siano caricati video che violino il copyright. Il sistema dovrebbe bloccare il caricamento evitando la diffusione di un video, un file musicale o altri contenuti e fare in modo così che non ci sia una violazione. Gli oppositori a questo articolo hanno fatto notare che, per sviluppare “Content Id”, YouTube ha speso milioni di dollari e che non sempre il programma funziona al meglio. Adesso le multinazionali dovranno comunque dotarsi di un sistema del genere, se non vogliono finire travolti dalle cause. I contrari inoltre temono che questa soluzione possa limitare la libertà di espressione degli utenti, nel caso in cui siano caricate parodie, citazioni, e rielaborazioni soggette al diritto d’auto



Eppure l’Europa non intende limitare alcuna libertà: un utente resta libero di pubblicare quello che vuole, ma è soggetto a pagare del denaro se utilizza un prodotto non suo. Ed è per questo motivo che l’articolo 13 ha trovato nelle etichette discografiche, nelle associazioni degli autori e nelle major del cinema i principali sostenitori. In Italia, dunque, si comincia già a lavorare per trovare soluzioni mirate a tutelare i creativi. Mogol, che è stato eletto con voto unanime alla presidenza della Siae, ha sottolineato: «Chi regala il diritto d'autore è un ladro, perché regala qualcosa che non è suo. C’è chi non paga la Siae. Per ora non faccio nomi. Poi li farò». Sul tema è intervenuto il maestro Vince Tempera che, soddisfatto della presidenza di Mogol e delle dichiarazioni del presidente della Siae, lancia un appello: «Questa riforma potrebbe salvare migliaia di autori dal depauperamento avvenuto negli ultimi dieci anni nel diritto di autore. Sono convinto che Mogol saprà trovare soluzioni che miglioreranno l’esecuzione e il controllo di questi nuovi provvedimenti. Propongo a Mogol di convocare un’assemblea generale tra sei mesi per fare il punto della situazione e coinvolgere così autori ed editori di tutte le arti».


di R.C.

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