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L'imprenditore della plastica Busi: «Plastic tax e sugar tax contro le imprese, è manovra suicida»


L'imprenditore della plastica Busi: «Plastic tax e sugar tax contro le imprese, è manovra suicida»



Sono oltre 5.000 le aziende italiane colpite dalla tassa sulle bibite gassate e i contenitori di plastica inserita dal governo nella nuova manovra. Luca Busi, amministratore delegato di Sibeg, l'azienda storica con sede in Sicilia che imbottiglia Coca Cola, è una delle voci di dissenso più forti alla sugar tax e alla plastic tax. Busi, in esclusiva a Spraynews, parla delle contraddizioni contenute nei provvedimenti e propone alternative a quello che ritiene un attacco distruttivo alle aziende del settore.



Luca Busi, tra le misure della manovra ci sono plastic tax e sugar tax. Partiamo dalla tassa sulle bibite gassate. Quali azioni ritiene necessarie e quali sono, secondo lei, le alternative?


«Noi siamo del tutto contrari a queste due tasse perché sono contro i lavoratori e contro le imprese. Basti pensare che per la nostra società, la Sibeg, la sugar tax, in un anno di esercizio, significa costi extra pari a 13,7 milioni di euro e la plastic tax a 3 milioni di euro. Una cifra ingestibile e insostenibile. Ma lo scandalo vero è che questa tassa ha come unico scopo quello di fare cassa. Poca cassa, in realtà, perché da un lato distrugge completamente un settore e dall’altro porta a casa un importo bassissimo di risorse. Mancata fatturazione, conseguente mancato futuro giro di Iva, conti economici in perdita, quindi meno tasse pagate. La definirei senza mezzi termini un’operazione suicida. Ciò su cui dobbiamo lavorare è invece l’educazione comportamentale, l’istruzione non la distruzione».


Si spieghi meglio.


«Prendiamo come primo riferimento lo zucchero. Vogliamo combattere la tendenza all’obesità? In Italia il consumo di bibite gassate è il più basso d’Europa, si stima un consumo medio annuo procapite di 119 bottiglie, ma il tasso d’obesità è il più alto. E’ un falso mito che le bibite provocano obesità nei giovani. Almeno in Italia la causa va cercata altrove: vita sedentaria, super alcolici, prodotti confezionati o altro. Andiamo ad intaccare un segmento irrisorio per i consumi e non facciamo nulla per affrontare il problema reale, non c’è un cibo buono o un cibo cattivo, sono i quantitativi, lo stile dell’alimentazione che fanno la differenza, quindi cosa facciamo, tassiamo qualsiasi cosa a questo punto? L’intervento da fare non è quello di distruggere un settore, ma di affrontare il problema che sta alla base. Sarebbe stato meglio a questo punto se il governo avesse deciso di toglierci dal mercato abolendo le bibite gassate perché pericolose per la salute. Queste tasse sono uno stillicidio, una violenza ad un settore senza aver fatto nessun tipo di studio preventivo ed approfondito sul settore stesso e sugli impatti della manovra. È solo un modo superficiale di fare cassa».


A causa di queste nuove tasse avete stimato una perdita di 31 miliardi di euro, pari ad un -27% del fatturato sui volumi di un anno e 185 dipendenti in meno. Sono i dati di Sibeg o di tutto l’indotto?

«Siamo 355 persone, perdendo il 27% del fatturato dobbiamo rivedere la nostra struttura di sede e ridisegnarci come azienda. I numeri si riferiscono ai lavoratori diretti di Sibeg, mancano nella stima tutti i lavoratori indiretti. Questo è solo quello che succederà a noi da domani. Durante il prossimo anno aumenteremo i prezzi, perderemo il fatturato e inizieremo a lasciare a casa le persone, per poter restare in piedi. Conviene prendere soldi da nuove tasse e pensare come ricollocare e sostenere 185 persone? Sostenete le aziende che mantengono i posti di lavoro. Ribadisco che è un attacco folle, killer, improvvisato per distruggere un settore. La tassa è anche su aspartame ed altri conservanti. Quindi sono incluse anche bibite gassate senza zucchero come Coca Cola Zero. Abbiamo tante bibite d’importazione, avremo così la bibita senza la tassa che arriva da Svizzera, Slovenia, Malta, con prezzi più bassi e fuori da ogni controllo. Saremo assaliti dal parallelo delle bibite che non hanno le tasse dei paesi vicini».



Per quanto riguarda la plastic tax e il percorso verso l’ecosostenibilità, come ha contribuito la sua azienda per adeguarsi al green mood?


«Noi, come SIbeg, siamo stati sempre la bandiera su green e sostenibilità, la prima società ad essere full electric. Nel 2015, quando ancora nessuno parlava di auto elettriche, siamo stati la prima forza commerciale con 210 auto e 5 scooter elettrici a lavorare e viaggiare per tutta la Sicilia. Adesso ci sono gli ecobonus e tutte le aziende delle auto escono con i nuovi modelli elettrici, noi siamo partiti nel 2015 quindi vuol dire che lo studiavamo già da qualche anno, abbiamo precorso i tempi, siamo partiti per essere i primi e non ci siamo mai fermati. Abbiamo continuato a lavorare anche per guidare la Sicilia verso una mobilità sostenibile, abbiamo inserito e installato sul territorio 80 recharge stations, le colonnine per la ricarica dei veicoli elettrici, aperte a tutti i siciliani. Abbiamo fatto inoltre un accordo con Enel attraverso il quale acquistiamo tutta la nostra energia solo da fonti rinnovabili, quindi il nostro impianto è total green. Per finire, i primi di dicembre inaugureremo il nuovo impianto di trigenerazione che ci farà risparmiare in un anno di esercizio 1.000 tonnellate di CO2.


Avete usufruito di qualche incentivo statale?


«Nessuno. Abbiamo finanziato tutta la ricerca e lo sviluppo con le risorse dell’azienda, tra l’altro in un territorio, quello siciliano, non proprio di facile gestione. Questo è il nostro livello di sensibilità, come azienda e come persone, all’eco sostenibilità. E non si possono tassare così le aziende che producono plastica quando non esiste una raccolta differenziata educata alla differenziazione su tutto il territorio. In Sicilia in modo particolare, ma è un problema in tutta l’Italia, tranne in alcune zone. Credo che il primo passo da fare sia quello di offrire un servizio a tutti i cittadini di raccolta differenziata, organizzata e strutturata, come a Bologna con Hera o come anche nella stessa Sicilia nei siti di Ragusa, Noto e Agrigento. Sono delle città di eccellenza anche nell’organizzazione del recupero e dei passaggi successivi dei rifiuti, che non dimentichiamoci essere un dettaglio importante. I rifiuti vengono recuperati, riciclati nel modo giusto rispettando tutti i passaggi della lista di differenziazione? In Italia c’è molto da fare su questo aspetto, non siamo ancora preparati sui flussi di recupero di questi materiali per una corretta economia circolare di rientro. Il flusso di recupero, purtroppo, funziona ad intermittenza ed e lì che bisogna concentrare gli investimenti, non pensare a fare nuove tasse alle imprese».


Quindi, secondo lei, il governo in questo momento si abbatte su un segmento senza la giusta conoscenza della filiera, senza valutare in modo approfondito ciò che questo indotto può portare in termini di lavoro, mentre analizzando nei dettagli il tema dell’economia circolare di recupero potrebbe rintracciare nuove opportunità di lavoro. Distruzione anziché costruzione?


«Esatto. Siamo sicuri, ad esempio, che recuperiamo tutte le lattine e tutto l’alluminio? Siamo sicuri che tutto l’alluminio vada nei centri di seconda vita e di recupero per riaverlo in circolazione? Stessa domanda per il vetro. Se lo facessimo per ogni comparto, per ogni settore di rifiuto, scopriremmo delle belle sorprese. Una volta che abbiamo consolidato questo modus operandi strutturale in tutto il Paese, bisogna passare al secondo step e lavorare sull’educazione. Le nuove generazioni sono molto sensibili, non vedono l’ora di riprendere un genitore che butta il rifiuto nella differenziata sbagliata. I giovani sono ottimi campanelli d’allarme, dobbiamo lavorare molto sulla cultura, facendo leva proprio sui ragazzi. Lo vedo in Sicilia, è molto sporca, i rifiuti vengono abbandonati ad ogni curva, le sigarette buttate dalle macchine e anziché lavorare su questi tipi di comportamenti tassiamo le imprese? Bisogna intervenire ed investire sulla cultura partendo dalle scuole. Perché il ministro non fa un piano sull’educazione e la buona gestione dei rifiuti nelle scuole per parlare alle nuove generazioni che sono prontissime a recepire questi concetti? Avviamo un programma di formazione per riuscire subito a fare un cambio di passo sulla cultura del non rilascio dei rifiuti nell’ambiente invece di pensare a nuove tasse per le aziende».


Il ministro Costa sostiene che c’è un accordo per escludere da plastic tax ciò che è riciclabile, compostabile e biodegradabile. I suoi prodotti rientrano in queste categorie?

«Il nostro Pet è totalmente riciclabile, quindi in teoria non dovremmo rientrare nella tassazione. Nella pratica al momento sono incluse tutte le aziende che producono contenitori in plastica, nessuno escluso. Se ci saranno modifiche ancora non lo sappiamo, non siamo a conoscenza dei futuri ritocchi nei primi giri di Camera e Senato, se ci saranno aggiustamenti. Al momento è inclusa tutta la plastica: il film del pallet, il film per la cassa che compone il pallet, tutto. Noi ci stiamo già impegnando ad usare il 50% del RePet, cioè bottiglie di plastica che tornano ad essere bottiglie, un altro esempio di economia circolare. Inizieremo da gennaio. In più, in Sicilia, io voglio fare un altro salto e dare un valore alle bottiglie: tu consumatore hai deciso di acquistare uno dei miei prodotti, se hai un’attenzione del fine vita dei nostri contenitori e non lasci questa bottiglia nell’ambiente e me la restituisci, io dò un valore, un premio per un futuro nuovo acquisto o un valore secco come accade già in Svezia o negli Stati Uniti. Rete e deposito, con queste due azioni il problema si risolve e chiudiamo il cerchio. Se avremo una struttura di raccolta differenziata su tutto il territorio e se avremo la cultura di non lasciare i rifiuti nell’ambiente abbiamo fatto bingo».


Le campagne plastic free, secondo lei, sono veritiere o magistrali operazioni di marketing? E Greta Thumberg è più una persona o personaggio?


«Ho seguito Greta dai suoi primi passi con grande ammirazione. Sono attratto da questa ragazzina scatenata, di carattere, che è venuta fuori benissimo nel suo speech. Dà un grande segnale al di là delle possibili strategie che possono esserci dietro, da tutti i ragionamenti che si possono fare e dalle macchine che si possono muovere dietro. Secondo me possiamo prendere il bello e sapere che possiamo migliorarci tanto. Greta ha dato una bella scossa alla responsabilità di tutti, in maniera forte, ed è giusto ascoltare e riflettere. Un mondo più pulito, più organizzato, più rispettoso del proprio ambiente, un futuro sempre più improntato sull’ecosostenibilità ambientale. Prendiamo il massimo e pensiamo a tutto quello che possiamo fare, come aziende e come singolo individuo. Possiamo contribuire in modo importante in ogni momento della giornata migliorando il nostro stile. Una ragazzina forte che indica la strada e dimostra, ai suoi coetanei, che la loro voce viene ascoltata dai grandi. Tutti questi anni di incontri sull’ambiente con G7, G8, Parigi, Tokyo, non sono riusciti a far emergere nulla di concreto, nessun accordo tra Paesi forti, gli Stati Uniti che abbandonano i tavoli di discussione, la Cina che entra e non entra, la Turchia che non ne vuoi sentire parlare. Il messaggio è stato forte anche lì. Svegliamoci verso la sostenibilità, tutti».



di Camilla Taviti

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