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L’IRAN BOMBARDA IL KURDISTAN PERCHÉ HA MOSTRATO LE RIVOLTE



L’offesa di Teheran per aver pubblicato video sui social dopo la morte di Mahsa Amini.


Da due settimane le Guardie Rivoluzionarie iraniane stanno bombardamento dei villaggi nell’area curda di Sidkan, nel governatorato di Erbil, nel nord dell’Iraq, utilizzando missili e droni, con decine di vittime. La direzione antiterrorismo del Kurdistan ha menzionato in una dichiarazione che le azioni iraniane hanno preso di mira luoghi pubblici come asili, scuole, centri sanitari, ospedali, sale per eventi e case di civili, mentre il ministero dell’intelligence iraniano ha contrastato che le vittime dei raid delle Guardie rivoluzionarie iraniane nelle aree della regione del Kurdistan sono solo militanti iraniani o stranieri. Però, proprio il comandante delle forze di terra della Guardia rivoluzionaria, Mohammad Pakpour, aveva annunciato la scorsa settimana che l’Iran ha lanciato più di 70 missili balistici e dozzine di droni in più di 40 siti nella regione del Kurdistan, provocando decine di morti e feriti. Queste dichiarazioni contrastanti mettono in evidenza quanto spesso siano invece attaccate le aree del nord dell’Iraq dove hanno sede i partiti ei gruppi di opposizione curda iraniana, i quali hanno sovente organizzato ribellioni armate contro il regime iraniano, anche se le loro attività militari sono diminuite in modo significativo negli ultimi anni. L’offesa di Teheran sarebbe stata alimentata dopo che questi gruppi hanno pubblicato sui social i video delle proteste in corso in Iran dopo la morte della giovane donna, Mahsa Amini, il 16 settembre, in seguito al suo arresto da parte della cosiddetta “polizia della moralità”. L’obiettivo iraniano è chiaramente l’opposizione curda iraniana da tempo esiliata e installata in Iraq sotto Saddam Hussein durante la sua guerra con l’Iran negli anni ‘80. Teheran considera queste fazioni armate come “terroristi” e le accusa di continuare ad attaccare.

Nel contempo, il comitato preparatorio per le manifestazioni iracheno, ha annunciato di voler fare pressione sui partiti politici affinché si formi un nuovo governo, richiedendo la nomina di un presidente per la repubblica e la responsabilità dei corrotti.

Ieri il potente religioso sciita Muqtada al-Sadr ha annunciato che le proteste del movimento sadrista riprenderanno a Baghdad così come in alcuni governatorati del centro e sud dell’Iraq. Il quadro di coordinamento sciita (CF) ha rivelato che il prossimo governo sarà formato entro la fine di ottobre. Il governo uscente del primo ministro Mustafa al-Kadhimi continua a guidare il Paese. Tuttavia, se le parti non riescono a mettersi d’accordo su un nuovo governo e Kadhimi potrebbe rimanere come custode fino a quando non si potranno tenere nuove elezioni.

Gli iracheni affermano che la situazione sta esacerbando la mancanza di servizi e posti di lavoro, anche se Baghdad guadagna un reddito record di petrolio a causa degli alti prezzi del greggio.

Il disaccordo tra i principali partiti curdi che guidano la regione semiautonoma del Kurdistan nel nord dell’Iraq impedisce la selezione di un presidente che, una volta scelto dal parlamento, nomina un primo ministro.


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