Giunge il triste tempo per tutti. Quel tempo è giunto anche per un grande manager come Sergio Marchionne ex amministratore delegato di Fiat Chrysler Automobiles, in coma ormai irreversibile da alcuni giorni. Questa mattina a Zurigo, Sergio ha lasciato il mondo terreno con discrezione. Quasi in silenzio, se non fosse stato per il clamore dei media, con la stessa timidezza che cercava di nascondere alle telecamere.
Forse un segreto tumore ha portato via a sessantasei anni da poco compiuti, l’uomo che ancora a Torino veniva chiamato il “bulldozer in pullover”. Quel pullover che Sergio Marchionne ha preferito sempre alla giacca d’ordinanza, trasformandolo in una sorta di brand, in un’icona del tutto individuale e singolare, forse unica dopo l’orologio sul polsino, nato per caso, del “vecchio” senatore Gianni Agnelli o del foulard di Luca Cordero di Montezemolo.
“Bulldozer” per la sua caparbia, quasi ostinata determinazione, per il suo rigore sul limite dell’intransigenza ma umano, anche quando ha salvato la Fiat praticando una sorta di pulizia sistematica tra i dirigenti dell’azienda torinese, nei primi anni del nuovo millennio. Cresciuto in Canada durante la giovinezza, Sergio “l’Americano” ha forse appreso, anche da quel mondo in parte anglosassone, alcune caratteristiche individuali e uniche che poi avrebbero segnato la propria vita manageriale. Una sorta di rigore derivato da una specie di “etica protestante del lavoro”, non molto frequente in effetti nei paesi latini come il nostro, poi ritrovata nei suoi lunghi soggiorni in Svizzera, dove aveva la residenza. Lui, abruzzese, emigrato oltre oceano infine accolto tra le braccia della sabauda Torino.
Marchionne comunque vantava ben tre dottorati e cinque lingue parlate in maniera fluida, era laureato in Economia e commercio e in Giurisprudenza, ma aveva anche esperienza di manager finanziario, avendo lavorato alla “Deloitte Touche” e alla “Lawson Mardon”.
Sergio Cragnotti, il patron della Cirio, lo volle come responsabile finanziario per la sua banca d’affari, la “Cragnotti & partners” nel 1991. Lì seguì le sorti dell’azienda e prese la residenza in Svizzera percorrendo il proprio destino in conformità con quello della famiglia Agnelli.
Una vita di successi che, per essere raggiunti, necessitavano un sacrificio. Così come dovette fare alla Fiat quando la salvò da un sicuro fallimento, riuscendo a risanare e a rilanciare lo storico marchio italiano, lavorando indefessamente, senza arrendersi, portando la storica azienda d’automobili ad un profondo rinnovamento.
Nel 2003 era entrato a far parte del Consiglio di Amministrazione del Lingotto su designazione di Umberto Agnelli. Per le sue doti dimostrate in seguito alla morte di Umberto e alle dimissioni dell'amministratore delegato Giuseppe Morchio, Marchionne venne nominato dal giugno 2004 amministratore delegato del gruppo Fiat, denominata poco dopo Fiat Group Automobiles, fino al 2005 quando assunse anche la guida di Fiat Auto. Ha ricoperto inoltre la carica di presidente di Fiat Industrial Spa. dal gennaio 2011, a seguito della scissione del Gruppo Fiat, sino al settembre 2013 quando l’azienda si fuse con la Cnh Global, dando vita alla Cnh Industrial.
Durante l'amministrazione Marchionne, il gruppo lanciò alcuni nuovi modelli d’auto. Pochi giorni fa, a causa dell'aggravarsi delle sue condizioni di salute, il Consiglio d’amministrazione ha dovuto sostituirlo con Michael Manley come amministratore delegato.
A sbarrare la strada a Sergio ci ha pensato un male bastardo che non guarda in faccia nessuno. Il manager era stato ricoverato il 27 giugno scorso per un intervento alla spalla destra, all'ospedale universitario di Zurigo dove, nella fase immediatamente successiva all'operazione, ha avuto complicanze al cuore che si sono progressivamente e irrimediabilmente aggravate. Ha subito un primo arresto cardiaco e quindi è stato trasferito al reparto di terapia intensiva del nosocomio. Qui, a seguito d’un nuovo arresto cardiocircolatorio, le sue condizioni sono precipitate. Marchionne non era tenuto in vita da macchine e ufficialmente non è mai stata confermata la patologia tumorale. Venerdì scorso, John Elkann, il presidente della holding Exor e della stessa Fca, ha comunicato: «Marchionne non potrà tornare a fare l'amministratore delegato». Ha poi aggiunto: «È accaduto, purtroppo, quello che temevamo. Sergio, l'uomo e l'amico, se n'è andato. Penso che il miglior modo per onorare la sua memoria sia far tesoro dell'esempio che ci ha lasciato, coltivare quei valori di umanità, responsabilità e apertura mentale di cui è sempre stato il più convinto promotore. Io e la mia famiglia gli saremo per sempre riconoscenti per quello che ha fatto e siamo vicini a Manuela e ai figli Alessio e Tyler. Rinnovo l'invito a rispettare la privacy della famiglia di Sergio».
La morte, senz’altro prematura di uno dei migliori manager italiani di questo terzo millennio, segnerà a lungo e indelebilmente le sorti economiche, non soltanto del nostro Paese ma dell’intero mondo occidentale.
DPF
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