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La crisi della lira turca e i rapporti ai minimi tra Usa e Ankara, Erdogan: «Abbiamo alternative»



Resta alle stelle la tensione tra Washington e Ankara, all'indomani del crollo della lira turca che ha raggiunto livelli storici mai toccati sino ad ora, con il cambio di uno a sei con il "verdone" americano, in seguito all'inasprimento dei rapporti dovuto all'innalzamento dei dazi commerciali sulle importazioni di acciaio e alluminio decise dal tycoon Donald Trump. È bastato un tweet del presidente Usa per far crollare definitivamente i mercati, già allarmati dai reciproci scambi di accuse e parole poco concilianti.


Quella delle banche turche, nonostante le rassicurazioni del tesoriere di Erdogan, suo cognato, che parla di «solidità degli istituti bancari dovuta a surplus di capitali», è una situazione in forte bilico e che espone la borsa di mezzo mondo. Anche l'Italia è fortemente coinvolta, con Unicredit che risentirebbe in maniera esponenziale di un crollo della moneta turca a causa di investimenti consistenti fatti su aziende e sul suolo turco. Una situazione che sembra infuocarsi ogni giorno che passa, con la lira che si è svalutata del 30% soltanto dall'inizio dell'anno e rischia un crac di livello globale con ripercussioni tangili anche sulla manovra di bilancio del governo. Infatti, a causa dell'enorme debito pubblico italiano e la non possibilità di fare deficit, un forte scossone della borsa brucerebbe miliardi di euro vitali per l'esecutivo.


Questa mattina gli Usa si sono svegliati con un editoriale del Nyt redatto proprio dal presidente turco Erdogan che non ha risparmiato attacchi al magnate americano, parlando di «azioni unilaterali contro la Turchia» e lanciando un messaggio che sa di ultimatum, in cui lo avverte che «la Turchia ha delle alternative», in riferimento alla possibilità che il Paese, che occupa una posizione geopoliticamente e strategicamente essenziale per gli occhi degli Usa sul Mediterraneo e sul Medio Oriente, possa cercarsi nuovi partner commerciali e militari, ponendo fine a una stretta rete di collaborazione in piedi dai tempi della guerra fredda.


«La Turchia si è precipitata in aiuto degli Stati Uniti ogni volta che fosse necessario. Eppure gli Stati Uniti hanno ripetutamente e coerentemente omesso di comprendere e rispettare le preoccupazioni del popolo turco. E negli ultimi anni, la nostra partnership è stata testata da disaccordi», continua l'invettiva di Erdogan. Ora si attende la risposta americana che non sarà certamente da meno a quanto messo nel piatto dal capo del governo di Ankara, seppure Trump abbia abituato a colpi di coda e uscite spesso volte a spiazzare astanti e operatori finanziari di mezzo mondo. C'è una partnership storica in ballo che rischia di sfumare, con conseguenze che non sarebbero soltanto di carattere economico, ma che potrebbero ripercuotersi anche negli equilibri strategico-difensivi della Nato, con l'Europa stessa che potrebbe risentire degli strascichi.

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