Come era ormai prevedibile, in seguito all'esito della votazione "popolare" indetta dal Movimento 5 Stelle sulla piattaforma Rousseau, la Giunta per le autorizzazioni del Senato ha respinto la richiesta di procedere contro il ministro degli Interni Matteo Salvini. Decisivi, appunto, i voti dei sei membri in quota grillina (il settimo, il vicepresidente Grazia D'Angelo era infatti assente perché ha partorito sua figlia la scorsa notte) attorno cui non è scemata la protesta di parte degli elettori e del mondo politico in seguito alle modalità con cui Di Maio e associati hanno affrontato la questione. Ora il fascicolo passerà all'Aula che avrà un mese di tempo per votare e, attraverso maggioranza assoluta, indirizzare il destino politico di Salvini e di questo governo. Dato ormai per certo anche il diniego da parte dei senatori grillini quando saranno chiamati ad esprimere il proprio voto, resta in piedi il nodo legato ai possibili "dissidenti" che si schiereranno a prescindere dall'indirizzo che daranno i vertici. Oltre a una questione prettamente numerica (la maggioranza in Senato è infatti risicata e ciascun voto dei grillini sarà in questo senso fondamentale) tiene banco quella legata al codice interno al Movimento: interpellato a riguardo di un possibile provvedimento di espulsione per i senatori che dovessero "disubbidire" al verdetto di Rousseau, all'uscita dalla seduta di votazione in Giunta per le autorizzazioni, il senatore pentastellato Michele Giarrusso ha glissato, rimandando tutto al «capo politico». Di certo la tensione è palpabile e lo conferma il gesto delle manette rifilato dallo stesso Giarrusso nei riguardi di un gruppo di senatori dem appostati all'uscita di Sant'Ivo alla Sapienza, sede della Giunta, che hanno "accolto" i rappresentanti grillini col celebre coro «onestà onestà», oltre a una serie di cartelli dal contenuto dichiaratamente ironico. Giarrusso ha poi chiosato: «Io non ho i miei genitori agli arresti domiciliari» riferendosi all'arresto, notificato nella serata di ieri, dei coniugi Renzi, genitori dell'ex premier dem.
E Salvini? Forte del "salvacondotto" garantitogli dall'alleato di governo, il vicepremier leghista ha proseguito la sua campagna (social e non) in Sardegna in vista delle elezioni amministrative senza dar cenno di interesse per l'esito della votazione. I più maligni tra gli addetti ai lavori già si interrogano da giorni sul "prezzo" imposto dai 5 Stelle per arrivare a rinnegare i loro principi e tale oggetto del desiderio potrebbe concretizzarsi nella Tav, opera che i grillini cercheranno di scongiurare fino all'ultimo, anche per non dissipare in toto il filo conduttore con il proprio elettorato. Una crisi di governo che, almeno per il momento, sembra essere scongiurata o almeno rimandata. Certamente la vicenda non cesserà di lasciare strascichi al suo seguito e il forte rischio per i pentastellati è che possa diventare l'argomento cardine su cui far leva ogni qual volta si cercherà di screditarne l'operato e la credibilità. Il voto di ieri su Rousseau, e quindi quello conseguente in Giunta, segnano inequivocabilmente un solco, un confine ormai sorpassato dal Movimento che piano piano va perdendo la propria verginità politica e si avvia a trasformarsi in un partito a tutto tondo. Un altro elemento a riguardo lo ha portato il vicepremier e capo politico Luigi Di Maio a due giorni dalla "sconfitta" elettorale in Abruzzo, aprendo di fatto alla possibilità di dare vita a una segreteria di partito, che oltre a scongiurare il vincolo dei due mandati per gli esponenti di spicco che dovrebbero garantire una continuità di leadership e rappresentanza politica, porrebbe fine al "sogno" di Casaleggio e Grillo di un movimento libero, indipendente dalle macchinazioni di palazzo e politicamente non strutturato in maniera tradizionale. Un sogno appunto che ha cozzato con la realtà dei fatti, vivo ormai solamente nella memoria di chi lo ricorda.
di Alessandro Leproux
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