La Brexit non c’è ancora ma le grandi società della finanza e le banche hanno già spostato asset per mille miliardi di dollari al di fuori del Regno Unito in altri Paesi dell’Unione europea. È quanto,si legge in un report di Ernst &Young reso noto dalla Cnn. Numerose banche hanno aperto nuovi uffici altrove per salvaguardare la propria attività dopo la Brexit e questo significa che hanno spostato,asset importanti per rientrare nelle regole europee. Altre società finanziarie si sono spostate per proteggere i clienti dai rischi della volatilità del mercato. Complessivamente gli spostamenti riguardano il 10% del totale degli asset del settore bancario inglese. E si tratta anche di una stima prudenziale dal momento che alcune banche non hanno ancora rese pubbliche le loro intenzioni.
Omar Ali, capo dei servizi finanziari della Ernst &Young ha spiegato alla Cnn che i numeri del report si riferiscono soltanto agli spostamenti che sono stati resi pubblici. “Ma sappiamo che tutte le società stanno elaborando piani in vista dello scenario peggiore, cioè di un no deal, di una Brexit senza accordo”.
EY ha monitorato 222 tra le maggiori società di servizi finanziari inglesi a partire dal referendum sulla Brexit del giugno 2016. La Banca d’Inghilterra ha detto che un’uscita dall’Unione europea senza un accordo politico e il voto positivo del Parlamento sull’accordo con Bruxelles, aprirebbe uno scenario peggiore della crisi finanziaria del 2008. Per le istituzioni finanziarie equivarrebbe a un incubo. Gli accordi con la UE decadrebbero e le banche si troverebbero in una sorta di limbo, incapaci di effettuare il loro business oltre questo blocco. Secondo Ali, le società non hanno altra scelta che continuare a prepararsi a un no deal Brexit. Il report dice anche che i grandi Gruppi monitorati hanno già creato ben 2mila nuovi posti di lavoro fuori dalla Gran Bretagna in altri Paesi dell’Unione. Deutsche Bank, Goldman Sachs e Citi hanno spostato parte del loro giro d’affari altrove. Dublino, Francoforte, Parigi e Lussemburgo sono le mete più gettonate. EY stima che la fuoriuscita di attività finanziarie e la creazione di occupazione fuori dai confini britannici, avrà una accelerazione nelle prossime settimane.
Più ci si avvicina al 29 marzo fissata come data ultima per trovare un accordo e maggiore sarà il flusso di imprese verso l’estero accompagnato da licenziamenti o ricollocamenti nelle nuove sedi. Londra è stata la capitale finanziaria indiscussa per decenni e quindi la sede principale di decine di banche internazionali. L’industria finanziaria occupa oltre 2 milioni di persone e contribuisce per il 12,5% alla ricchezza nazionale. Inoltre genera un flusso di imposte pari a 100 miliardi di dollari l’anno. L’economia britannica ha già subito i contraccolpi della Brexit con l'aumento dell’imflazione e la caduta della fiducia dei consumatori, con ripercussioni sui consumi. Gli investimenti sono crollati drammaticamente, le società hanno sospeso qualsiasi progetto a causa della situazione di incertezza. Alcune industrie del settore manifatturiero, come Airbus, hanno minacciato di lasciare la Gran Bretagna, in caso di no deal Brexit. Il gruppo tedesco di ingegneria Schaeffler ha chiuso due impianti. Anche l’industria dell’auto ne sta risentendo con le immatricolazioni crollate nel 2018 del 6,8%. È il secondo anno di flessione.
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