Comunicare la Pubblica Amministrazione come fosse un brand. È il tema di “PA Brand Expert. Competenze e strumenti per i comunicatori della pubblica amministrazione”, scritto da Annalisa D’Errico e Gianluigi Bonanomi per FrancoAngeli.
Il libro, arricchito dai contributi di tanti professionisti della comunicazione pubblica e dai lusinghieri giudizi di Mario Morcellini e Bruno Mastroianni, fornisce elementi indispensabili per la figura, appunto, di “esperto del brand della Pubblica Amministrazione”. Ne abbiamo parlato con Annalisa D’Errico.
Marketing e comunicazione pubblica sono due mondi opposti. Ma la Pubblica Amministrazione può essere veicolata come un brand?
Innanzitutto, c’è da premettere un aspetto. Per scrivere questo libro siamo partiti dalle persone. La mia formazione è più tagliata sulla comunicazione pubblica, mentre quella di Gianluigi Bonanomi sul marketing puro. Confrontandoci e parlando abbiamo notato la presenza di molti stereotipi. Enti pubblici che a fatica collaborano col cittadino, che si mostrano completamente ingessati in questo rapporto. È venuto naturale tentare questa sfida: un approccio più di marketing può essere applicato alla PA. La risposta finale dunque è sì. Assolutamente sì. Abbiamo gli stessi elementi. Entrambi hanno un prodotto: per la PA i servizi, le informazioni stesse, come un brand, e poi la trasmissione del valore. Le dinamiche sono simili, e lo abbiamo visto durante la pandemia. Quanti in quel periodo hanno comprato le info della PA? Tantissimi.
Dal punto di vista strutturale, come avete approcciato la stesura del testo?
Lo abbiamo affrontato da diversi punti di vista: da un lato quello del marketing, delle strategie e dei modelli economici, di cui Gianluigi è un grande esperto. Dall’altro, quello del linguaggio istituzionale e delle soft skills, che a mio avviso un comunicatore deve possedere.
Hai fatto cenno a linguaggio istituzionale e soft skills, di cui nel libro lei parla anche in un vero e proprio decalogo. Quali sono le abilità e le competenze che un Pa brand expert deve possedere?
La prima è la gestione della complessità: deve capire e fare proprio questo complesso mondo, questa bolla piena di informazioni e disinformazioni in cui viviamo. Deve sapersi orientare e muovere con responsabilità etica, con trasparenza, con riservatezza. Inoltre deve avere competenze più tecniche. Innanzitutto, deve saper comprendere i bisogni di comunicazione del proprio ente, che sembra banale ma è il punto di partenza. Deve avere un approccio creativo, senza farsi sopraffare dalla paura dei nuovi strumenti e anzi con la capacità di adattarsi ai cambiamenti. Deve mettere al centro un approccio inclusivo e di genere: la PA non può non essere attenta a questioni come questa, che si stanno affermando. Deve saper gestire i flussi di comunicazione, interna ed esterna. Deve maturare un pensiero critico rispetto alla comunicazione che viene data, e una certa flessibilità cognitiva, cioè una capacità di adattamento rispetto alle situazioni. Infine, richiamando Goleman, anche un’intelligenza emotiva nel rispondere al cittadino: questa mancanza di empatia da parte del comunicatore può portare a risposte scomposte da parte dell’utente. Saper quindi adattare la lingua ai contesti, declinandoli rispetto al target.
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