Se la Rai dovesse sciogliersi come una qualunque società che decida di terminare la propria missione avendola esaurita o non riuscendo a completarla, e di attribuire i propri asset ai soci, tutte le strutture confluirebbero nel PD e gran parte degli operativi andrebbero a costituire l’organigramma audiovisivo del partito.
Una ragguardevole quantità dei programmi diventerebbero la librery del partito che potrebbe pertanto, di diritto, operare direttamente nel settore senza utilizzare la Rai come tramite.
In tale ipotesi il PD potrebbe strutturare il proprio intervento dividendolo in settori e attribuendo agli ex dirigenti i medesimi compiti che svolgono ora in Rai.
Sarebbe una semplificazione sotto diversi aspetti : il primo è che i dirigenti non dovrebbero più nascondersi nelle maglie della struttura facendo finta di fare gli interessi di tutti, ed il secondo che gli operatori del settore saprebbero, senza perdere tutto il tempo che perdono ora, che senza l’iscrizione al partito democratico non potrebbero parlare con i dirigenti e nemmeno realizzare i loro prodotti.
Sarebbe in sostanza una enorme fase di semplificazione nella quale verrebbero meno anche gli inutili servizi, ma costosi, di strutture limitrofe quali Anica – Apa – Centoutori che potrebbero tranquillamente essere fuse per incorporazione nel PD, mettendo una pietra tombale sopra i loro bilanci e liberandosi di molte persone inutili. Questa rivoluzione, tanto utile quanto necessaria, potrebbe essere approvata anche dai partiti della destra, che non occupandosi di cultura nemmeno per sbaglio, troverebbero nella soluzione un elemento di chiarezza e non avrebbero più bisogno di lamentarsi, ma concentrebbero la loro attenzione su settori più remunerativi anche se meno nobili. In questa fase di recessione e conseguenti difficoltà finanziarie, non vi è dubbio che tutto quello che può costituire un ridimensionamento delle strutture ed uno snellimento delle procedure è da accogliere con favore.
E’ altresì vero che una purificazione dalle incrostazioni causate dalla ipocrisia dilagante, frutto di metodi ormai arcaici, costituisce un fluidificante per le arterie del nostro sistema esistenziale, con potenziamento del flusso economico e del potere di acquisto delle persone. Quanto poi ai risultati finali non dovrebbe cambiare molto, essendo evidente che le fiction di vita attuale sono scelte con totale discrezionalità e favorendo sempre le stesse aziende, già da tempo immemore associate al PD, mentre per quanto attiene alla commerciabilità sui territori esteri l’abbiamo già persa totalmente dai tempi di Saccà, che invertendo le tesi lungimiranti di Munafò, decise di moltiplicare la presenza delle attrici con il format miniserie, cioè due puntate, sconosciuto in Europa. Pertanto, dato che le nostre fiction targate PD non vengono vendute nemmeno a Cuba o in Cina, non correremmo alcun ulteriore rischio.
Di Michele Lo Foco
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