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La strage di Capaci, 26 anni dopo



Ventisei anni fa, alle 17.58 di sabato 23 Maggio, si compì il più tristemente celebre degli attentati di stampo mafioso che la nostra penisola possa ricordare. IL 23 Maggio passato alla storia come la strage di Capaci, in cui persero la vita i magistrati Giovanni Falcone e la moglie Francesca Morvillo, oltre ai tre agenti della scorta Vito Schifani, Rocco Dicillo e Antonio Montinaro. L'attacco premeditato da Cosa Nostra, minuziosamente organizzato durante diverse riunioni delle commissioni regionali della cosca siciliana, allora presieduta da Totò Riina, rappresentò, assieme a quello in cui persero la vita, appena due mesi dopo, Paolo Borsellino e cinque membri della scorta — Emanuela Loi, Agostino Catalano, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina — il più sconsiderato e sfacciato attacco alla democrazia repubblicana da parte dell'anti-potere costituito per eccellenza: la mafia. Una rappresaglia contro i due membri di spicco del "pool antimafia", nato per indagare sulla criminalità organizzata e da cui scaturì il cosiddetto "maxiprocesso" di Palermo che portò alla luce le malefatte e i traffici di un'organizzazione che spostava miliardi e uccideva senza scrupoli. Il verdetto fu di 19 ergastoli, tra cui quelli di Totò Riina e Bernardo Provenzano, multe per oltre 11 miliardi di lire e un computo totale di 2265 anni di galera.

Un brutale attacco, mediante l'utilizzo di materiale esplosivo espressamente voluto da Riina, collocato in un cunicolo di drenaggio sotto l'autostrada A29, nei pressi dello svincolo per Capaci. Una violenta esplosione che divelse di fatto il manto stradale, scaraventando le due vetture e facendo scempio dei passeggeri.

La gravità senza precedenti dell'evento causò profondo sdegno nell'opinione pubblica, sfociando in due processi (Capaci uno e Capaci bis) in cui, per mezzo di collaboratori di giustizia, i cosiddetti pentiti di mafia, gli inquirenti riuscirono in gran parte a ricostruire i metodi e a identificare i mandanti di questa strage.



A 26 anni di distanza il ricordo rimane indelebile, una ferita ancora aperta e che non cessa di sanguinare. Molte le iniziative sorte per commemorare la tragedia, e anche quest'anno in prima linea saranno i giovani a tenere alta la bandiera del ricordo. 70mila studenti da tutta Italia, infatti, si renderanno protagonisti di diverse manifestazioni promosse dal Ministero dell'Istruzione e dalla Fondazione Falcone, nell'ambito del progetto #PalermochiamaItalia. Come di consueto, la commemorazione istituzionale si terrà nell'aula bunker dell'Ucciardone di Palermo e in seguito i ragazzi grideranno per le strade del capoluogo siciliano il loro "NO" alla mafia, a tutte le mafie.

Presiederanno alle manifestazioni anche Pietro Grasso e Giuseppe Ayala, rispettivamente giudice a latere e pubblico ministero dello storico processo contro Cosa nostra, oltre ai familiari delle vittime e ai superstiti delle stragi di Capaci e di via D'Amelio. Sarà presente anche il Presidente della Camera Roberto Fico.

Congiuntamente, dal porto di Civitavecchia, è partita nella serata di martedì la "nave della legalità" con a bordo oltre mille studenti, oltre a un particolare equipaggio composto da cinquanta giovani dell'Università di Milano assieme al loro docente Nando Dalla Chiesa. L'imbarcazione raggiungerà Palermo nella mattinata di mercoledì. Durante la traversata verranno allestiti dibattiti e riflessioni sul tema della lotta alla criminalità organizzata. Le cerimonie termineranno in serata, con una messa alle ore 19 presso la chiesa di San Domenico, in ricordo di tutte le vittime di mafia.



"Il 23 maggio è una data che non si può dimenticare, viene ricordata ogni anno la data del vile attentato di Capaci. Da allora si è sviluppato un movimento di reazione civile prezioso e importante contro la mafia, che ha ottenuto risultati importanti ma che richiede ulteriori impegni". Parole, queste, pronunciate dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, presente al momento della partenza della "nave della legalità" dal porto di Civitavecchia. "La presenza della mafia ostacola lo sviluppo economico, frena le possibilità di lavoro, condiziona settori di vita sociale, riduce la libertà di ciascuno. E per questo è importante la testimonianza che state arrecando oggi, qui e con questo viaggio che state per intraprendere con la giornata di domani e le significative iniziative che si svolgeranno a Palermo. La solidarietà si deve trasformare in impegno come voi ragazzi state facendo con questa vostra traversata: un impegno di tutti contro le mafie, dell'intera comunità nazionale non solo delle forze dell'ordine e della magistratura. La vostra presenza rappresenta tutti noi: buona traversata ragazzi" ha proseguito il Capo dello Stato, rivolgendosi direttamente ai giovani presenti.

Una lotta silenziosa ma costante, un affermarsi della civiltà sulla barbarie, della forza della comunità solidale su quella violenta dei singoli; questa è la lotta alla mafia, questo è l'esempio che, a ventisei anni di distanza, Falcone e Borsellino continuano ad ispirare.




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