Ancor più estenuante di una battaglia a campo aperto, faccia a faccia, è la guerriglia. Quell'insieme di incursioni "mordi e fuggi", quei raid tanto spietati quanto chirurgici, la proliferazione del caos in cui l'unica certezza è che ci sarà un altro attacco di cui si ignorano data e posizione. La strategia della tensione nella sua espressione più crudele. Potendo sostituire (magari fosse così semplice) le parole alle armi, le interviste a tradimento alle bombe sganciate dagli aerei e ai razzi partiti dai mortai, si potrebbe addirittura azzardare l'ipotesi di una guerriglia in atto nella maggioranza di governo. Immigrazione a parte – e anche lì non senza qualche eccezione – le dispute fra i due "capiclan" stretti attorno al Contratto del cambiamento hanno toccato praticamente tutti gli aspetti spinosi della responsabilità in capo a chi governa. Evidenti differenze che prima o poi dovevano emergere e che hanno dato forma a un effetto domino in cui rischia di crollare l'intera struttura. Per citare solo gli ultimi riferimenti, basta leggerle le martellanti dichiarazioni dei 5 Stelle sul caso Siri, che fanno da sfondo a un ritrovato entusiasmo della compagine grillina per quella questione morale che li aveva visti ergersi quali guardiani dell'onestà già negli scorsi anni. Una richiesta di dimissioni che fa eco a quella – di natura e finalità diversa – invocata dal ministro degli Interni quando ha Roma e il suo sindaco sulla bocca. E ancora, a ruota libera: appalti e grandi opere, sicurezza e legittima difesa, programmazione economica, Salva Roma e Salva Italia, condoni e presunti tali, Libia e strategie estere a lungo raggio. Solo alcuni dei temi scottanti, finiti via via alla ribalta di cronache e programmi televisivi, su cui i due vicepremier e le rispettive corti si sono dati battaglia fino al… penultimo sangue.
Qui infatti sta il nodo: a molti (e chi scrive è tra questi) non è sfuggito il fatto che, con l'approssimarsi delle tornate elettorali, prima quelle regionali ed ora quelle Europee, il piatto forte di questo 2019, il clima all'interno dell'area gialloverde si sia fatto via via sempre più caldo e irrespirabile. La pressione dei numeri e del consenso da accrescere a tutti i costi? Anche, ma quella messa in atto dal governo ha tutta l'aria di una (ci si passi il termine) "recita improvvisata". Recita, perché entrambi i vicepremier, in fin dei conti, sono dove vogliono essere e la natura atipica di questa maggioranza, dove l'unico imperativo vigente è quello del compromesso, consente di portare avanti un programma parzialmente condiviso senza però rinunciare al rapporto di fiducia con il proprio elettorato storico e quindi a qualche scaramuccia. In sostanza ciascuna delle due forze in gioco punta a massimizzare l'eco dei risultati prodotti e, se può, si lascia andare a qualche frecciatina nei confronti dell'altra. Una recita appunto, che si fa improvvisata quando questo o quell'altro attore si fa prendere la mano e supera il confine (invisibile ma tangibile) che separa la provocazione dall'attacco diretto. In questo momento storico, con le Europee alle porte e ciascuno con le proprie magagne, condivise per quanto riguarda le sorti del Paese e personali per quanto concerne lo stato di salute dei due partiti di governo, questa linea di demarcazione, che pure va via via assottigliandosi, sembra esistere ancora e solamente il tempo ci dirà per quanto.
Se la teoria che vuole gli "scontri" tra rappresentanti della maggioranza nulla più che quisquilie ben calcolate, in un più grande schema che tolga voce e importanza alle forze d'opposizione, in una strategia della tensione da mantenere alta e focalizzata su pochi soggetti, parlare di guerriglia diventa doppiamente improprio. Sarebbe meglio andare a pescare nello sport e scoprire che già con largo anticipo (in America, nemmeno a dirlo) si sono mossi per fondare la federazione della disciplina che meglio unisce l'esibizione atletica e di combattimento con quella teatrale e di intrattenimento: in una parola il wrestling. Tutti sanno che è finzione, eppure l'insieme di trame e sotto trame, di storie che si intrecciano e personaggi che spiccano per estrosità e desiderio di sottomettere l'avversario, riescono ugualmente a coinvolgere il pubblico, ammaliato da tutta questa gamma di ingredienti e, in fin dei conti, contento di pagare il lauto prezzo del biglietto per assistere alla sceneggiata. Nella realtà delle cose il pubblico siamo noi, i destinatari di recite e rappresentazioni in cui volano minacce e paroloni, ma alla fine non si vede nemmeno un livido. Il prezzo da pagare? Il nostro voto, con l'unica garanzia che il "soddisfatti o rimborsati" in questo caso non vale.
di Alessandro Leproux
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