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La supercazzola di Foa per superare le Europee e regalare tutte le poltrone calde alla Lega



«Bisogna essere molto reattivi e molto dinamici. La sfida è: un’azienda come la Rai può essere snella nel suo agire? Io sono convinto che sia possibile. Anche perché se non fosse possibile noi vedremmo a rischio il nostro ruolo di servizio pubblico negli prossimi anni, cosa che nessuno vuole. Noi dobbiamo essere là dove il pubblico è. Tra gli anziani con i mezzi tradizionali, nella mezza età è misto, i giovani sono digitali: la Rai con i giovani sarà digitale». A sentire le parole del residente della Rai, Marcello Foa, viene quasi voglia di credergli, di pensare che abbia ragione. Finalmente una Rai agile, al passo con i tempi, con il mercato, con il mondo diciamo. Poi, però, uno si ricorda quel che sta avvenendo a viale Mazzini, sede del vertice aziendale, e tornare alla realtà è d’obbligo. Perché l’unica agilità vista sino ad ora è quella della Lega, che ha scelto Foa, nell’occupare tutti gli spazi e nel contrastare l’azione dell’alleato a 5 Stelle, che in Rai può contare sull’amministratore delegato Fabrizio Salini. Questa, al momento, è l’unica vera fiction prodotta dalla Rai. Non altro. Il braccio di ferro sul futuro di Fabio Fazio, per esempio, è da manuale. La Lega lo vuole fuori, i cinquestelle lo difendono. Alla fine sarà un pareggio visto il contratto super blindato del conduttore, al quale al massimo possono ridurre il compenso e imporre il cambio di rete. Ma non certo farlo fuori dalla Rai. Un’azienda davvero agile, nei fatti, potrebbe farlo. Ma non questa Rai. «Dal 2020 circa il 50% della produzione video», spiega ancora Foa, «sarà veicolata tramite le piattaforme digitali, questo significa che bisogna essere in quel mondo con l'autorevolezza di un grande marchio come quello della Rai ma con la flessibilità di chi sa adattarsi a sviluppi tecnologici repentini. Il mondo dell’animazione, che è spoliticizzata e può operare senza le tensioni che accompagnano altri ambiti, può essere un bel laboratorio per imparare della tecniche e fare esperienza. L’auspicio è che più si conosce questo ambito più si può immaginare un futuro che sia al contempo tradizionale e digitale». Francamente più che da presidente Foa parla già da amministratore delegato, facendo intuire quale potrebbe essere il futuro dell’azienda dopo le europee, se la Lega dovesse stravincere. «Dobbiamo cambiare l’approccio laddove ci sono nuovi bacini di utenza e nuove abitudini di fruizione dei media, la Rai deve essere connessa. Noi dobbiamo essere dove sono loro». E dietro al quel loro ognuno può vederci quello che vuole. A sentire i leghisti che si lamentano del fatto che la Rai non sia a favore del Carroccio, non è necessario un grande sforzo di fantasia per riempire quel vuoto. Tanto che si parla già di un possibile turnover al Tg1 dove l’attuale direttore, Giuseppe Carboni, sta scontentando i leghisti e non li asseconda troppo, dicono, i 5 Stelle. Una cosa è certa: belli i tempi in cui c’era Berlusconi e i giornalisti, in Rai e non, erano liberi di dire e scrivere qualsiasi cosa.


di Alberto Milani

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