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La Tav apre lo scontro interno nel governo. Salvini «Avanti coi lavori, non si può tornare indietro»



Prima o poi doveva accadere. Dopo lo sventato rischio di frattura dell'asse governativo pentaleghista sul tema dei migranti, dei porti chiusi e dei rimbrotti tra Matteo Salvini, Roberto Fico e il ministro della Difesa Elisabetta Trenta, potrebbe aprirsi un nuovo scenario che andrebbe a minare gli equilibri di un esecutivo per che per ora viaggia con il pilota automatico. Al centro del dibattito, questa volta, c'è il cantiere del versante italiano per la realizzazione della Tav Torino-Lione, una delle opere più contestate e ingolfate degli ultimi anni, in un Paese, l'Italia, in cui non si brilla certo per celerità in fatto di infrastrutture.


Quello della Tav potrebbe essere un nodo cruciale per il proseguo della vita del governo Conte. Se infatti il ministro dei Trasporti Danilo Toninelli, seguito a ruota da Luigi Di Maio e dalla schiera grillina, in ascolto alla base del movimento che inizia a scricchiolare di fronte all'evidente traino leghista di questi primi mesi, hanno ripreso in mano il fascicolo sull'opera transnazionale, come sancito nel contratto di governo, per valutarne costi e benefici e addirittura una possibile cessazione dei lavori e chiusura dei cantieri, con il premier Giuseppe Conte che sembrerebbe propendere per questa soluzione, è intervenuto il vicepremier della sponda leghista, Matteo Salvini, per ribadire l'importanza di non tornare indietro e non interrompere dunque l'opera in corso. «Occorre andare avanti e non tornare indietro. L'opera serve? E, se da un'analisi attualizzata del 2018 per caso non serve, costa di più bloccarla che proseguirla? Questo è il ragionamento che varrà su tutto, Tav, Tap, Pedemontana, Terzo Valico. Questo c'è scritto e questo faremo. C'è l'analisi costi-benefici, non è che faccio pagare agli italiani miliardi». Un avvertimento bello e buono e per quanto abbiamo imparato a conoscere del Salvini ministro, è lecito escludere che una volta puntati i piedi cambierà facilmente idea.


Nessuna decisione è comunque stata presa e né lo sarà in breve tempo, con il fascicolo che, stando a fonti del Movimento 5 Stelle, sarebbe ancora in mano al ministro dei Trasporti Toninelli, al vaglio per valutarne il rapporto costi-benefici e la possibilità di tirarsi indietro dopo la montagna di soldi già spesa dall'Italia.


Chi invece non ha atteso per farsi sentire è l'Unione Europea che, come ricorda il membro della Commissione europea con delega ai Trasporti Enrico Brivio «contribuisce alla realizzazione dell'opera per il 41 per cento della spesa complessiva», soldi che verranno investiti, nemmeno a dirlo, soltanto se effettivamente ci sarà l'intenzione di proseguire i lavori. Anche dalla Francia le reazioni si alternano tra lo stupore e lo sconcerto, come quanto riferito dal delegato generale del comitato francese Transalpine, che promuove i lavori della Tav nel tratto francese: «Siamo venuti a sapere delle posizioni italiane. Seguiamo la situazione con grande attenzione, ma onestamente facciamo fatica a vederci chiaro, perché c’è tanta confusione. Prima il ministro Toninelli dice che la Tav va migliorata, ora dicono che la vogliono bloccare. Mi chiedo come sia possibile cambiare idea così nel giro di quattro giorni».


Quel che è certo è che il governo, come mai prima, si trova di fronte a un primo grande ostacolo in cui il fronte unito sembra dissolversi lentamente, complici anche le militanze "dal basso" delle rispettive forze dell'asse che premono in direzioni contrarie e ostinate. Mai come oggi, nonostante nelle dichiarazioni di chi è al vertice della piramide gialloverde si tenti di mantenere toni di ordinarietà, l'alleanza appare meno salda e tonica, con il rischio che interrompere i lavori di un'opera che resta costosissima e contro tendenza con il resto d'Europa, possa combaciare con l'interruzione del dialogo tra le fila governative, l'unico vero collante che ha sin qui reso possibile l'esperienza del "tridente" Di Maio, Salvini, Conte.

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