Amedeo Laboccetta, presidente del Movimento di opinione Polo Sud, già deputato al Parlamento. Racconta a Spraynews la sua battaglia a tutela dello storico Caffè Greco in via Condotti a Roma. Senza mezzi termini invita la classe politica ad interrompere un silenzio ingiustificato per una questione che ha raggiunto dimensioni nazionali e ad esprimere il proprio supporto allo storico locale, riunendosi intorno ad un “tavolo della pace” con le due proprietà mediato da Vittorio Sgarbi, affinché prevalga il buon senso ed il rispetto della cultura.
Chiusura dell’Antico Caffè Greco, lei chiede l’intervento della politica e del ministro Dario Franceschini per risolvere una querelle, a suo dire, solo di natura economica. Si spieghi meglio.
«In quel locale è passato il mondo sul piano culturale, sul piano artistico e sotto tutti i profili. Le grandi personalità del mondo dal ‘700 ad oggi hanno potuto frequentare quella realtà. Mi sembra veramente assordante il silenzio, il disimpegno, o comunque tutta la serie di atti “pilateschi” che il ministro Franceschini e la politica tutta stanno ponendo in essere sulla questione che oggi ha assunto una dimensione nazionale. Non è pensabile strozzare un’attività culturale e commerciale di quel livello pretendendo il pagamento di un affitto assolutamente fuori mercato, o per meglio dire, un affitto che può essere affrontato esclusivamente o sopratutto da chi pratica attività opache. Oggi solamente la mafia, la ‘ndrangheta o la camorra possono sostenere, seppur in via Condotti, un canone di affitto mensile di 180mila euro, rendiamoci bene conto di che cifra viene proposta».
La ritiene quindi una provocazione più che una proposta.
«Io credo che dietro alla vicenda ci sia evidentemente un disegno perverso che sta tentando, da un po’, di far saltare il vincolo dei beni culturali che dal 1953 è stato giustamente apposto in quel locale, a tutela di quel bene che appartiene a Roma, ma anche all’Italia e al mondo. Tutti sono passati di lì, i grandi musicisti come Beethoven, i grandi poeti e scrittori come il più recente D’Annunzio. Come si può pensare e pretendere che tutta questa ricchezza culturale possa terminare a beneficio di una normale attività? Sebbene il locale, per la sua posizione centralissima, possa ottenere ottimi profitti, trovo impossibile che riesca a rispondere ad una richiesta di locazione così alta. Ecco perchè sto insistendo con tanti altri amici in maniera trasversale, da destra a sinistra al centro, a prendere posizione e attivarsi per impedire la chiusura di questo storico caffè».
Non si tratta di formare uno schieramento politico a favore o contro un emendamento, stiamo parlando della ricchezza culturale di una città come Roma. Almeno in questo dovrebbe esserci unità di intenti nella classe politica. È questo che sta dicendo?
«Assolutamente sì, questa è una situazione che deve vederci tutti uniti. Mi ha fatto molto piacere che qualche giorno fa Gasparri e Zanda siano andati a prendere il caffè in quel locale, come mi farebbe altrettanto piacere che Vittorio Sgarbi, che con il suo profilo dà assolute garanzie, possa svolgere una funzione di mediatore tra la proprietà delle mura, cioè l’ospedale israelitico e la proprietà del Caffè Greco nella persona di Carlo Pellegrini. Questa realtà culturale va salvata ad ogni costo. io continuerò insieme a tante associazioni culturali questa battaglia a tutela del locale».
Lei è molto attivo in questa protesta perché ritiene che la solidarietà si pratica e non si predica. Quali altre iniziative ritiene utili a difendere la cultura del Caffè Greco?
«Innanzitutto mi auguro che ci sia un’attività di “sindacato ispettivo” in Parlamento attraverso il metodo dell’interpellanza urgente, se fosse presentata il martedì, ad esempio, già il venerdì il governo sarebbe costretto a vedersi in aula ed a dare una risposta, almeno sulla questione che riguarda il vincolo. Già questo sarebbe un primo importantissimo passo. Il secondo sarebbe quello di convocare un tavolo con tutte le istituzioni e le parti interessate per raggiungere un accordo ragionevole, di buon senso. La proprietà si è dichiarata disposta a rivedere la cifra che paga da circa venti anni, pari a circa 18mila euro mensili, e quindi si è resa disponibile a dialogare. Deve vincere la capacità del dialogo e del confronto e nessuno può tentare, come è purtroppo stato fatto invece nei giorni scorsi, di criminalizzare questa realtà utilizzando qualche sproloquio uscito dalla tastiera di qualche idiota, che ha messo in moto una macchina che conosciamo bene in questo paese, la macchina del fango. Buttare fango oggi nei vari frullatori è molto facile».
Si sta riferendo al bullismo mediatico che si è scatenato nei giorni scorsi con post antisemiti. Come pensa di arginare questo fenomeno di odio incontrollabile?
«Si, esattamente. Il linguaggio moderno li definisce oggi “haters”, ma sono idioti e la categoria degli idioti è diffusa in tutte le nazioni. L’estremismo è una malattia infantile, se poi si ingigantiscono questi fenomeni che in Italia sono marginali e si fa da gran cassa a tutto quello che si muove in questo microcosmo, si rischia poi di diventare complici di un clima di tensione. Indifferenza: vanno assolutamente ignorati ed emarginati tutti coloro che pensano che con certe espressioni si difendano certe realtà. È esattamente il contrario. Nel caso specifico del Caffè Greco ho pensato che fossero soggetti in perfetta malafede e che fossero evidentemente disturbati dalla permanenza del locale. Per loro sfortuna l’antico caffè, di proprietà della famiglia Pellegrini, è come una teca di vetro sulla quale hanno provato a buttare fango, ma quando la teca non contiene incrostazioni il fango scende e l’immagine rimane comunque pulita. Questo è esattamente, parafrasando, quello che è successo. Adesso, superato questo momento di smarrimento mediatico ispirato, posso immaginare, senza fare accuse specifiche, che arrivi da alcuni ambienti interessati e visto che il Caffè Greco ha fatto una bella denuncia nei confronti di coloro che hanno utilizzato questo metodo per tentare di far nascere una campagna di criminalizzazione, mi auguro che venga fuori una campagna di verità, di controinformazione e di difesa di interessi legittimi. Roma non può perdere questo pezzo culturale che oggi vive un momento di antipatica querelle, io confido nella saggezza».
Lei crede che la diatriba non è, come erroneamente riportato su più organi di stampa, tra un gestore e un proprietario, ma tra due proprietari. Ha avuto modo di leggere atti e documenti?
«Io ho letto le carte e “carta canta”. I documenti provano chiaramente che la famiglia Pellegrini è proprietaria, nessuno ci può ricamare sopra o speculare dicendo sciocchezze come invece qualcuno ha detto, Parlamentari inclusi. Sicuramente sono caduti nella trappola per non aver approfondito il tema. Invito tutti a documentarsi e a capire. La politica deve smettere di fare battute e slogan e di mettersi al servizio di interessi opachi. Ho conosciuto solo adesso la famiglia Pellegrini, loro sono i proprietari non solo della caffetteria, ma di tutto ciò che lì è custodito, conservato e ben tutelato, chiunque entra se ne può rendere conto. Tra l’altro ci lavorano tante persone ed anche loro, a causa di questa situazione, stanno vivendo momenti di fibrillazione ed incertezza legata al loro impiego. Bisogna portare tranquillità, chiarezza e sopratutto chiudere questa vicenda con un accordo di grande equilibrio e di grande serietà».
Lei aveva proposto anche una manifestazione con un simbolico girotondo intorno alle mura per sensibilizzare sulla questione quante più persone possibili. È così?
«Non solo questo, ho proposto anche di dare vita ad una petizione popolare che chiarisca i termini della questione e chieda la sottoscrizione ai cittadini romani, italiani e pure agli stranieri, che visitano e frequentano il Caffè al fine di difendere questo luogo storico. Al tempo stesso mi farebbe piacere se nascesse un manifesto di intellettuali, giornalisti, scrittori, poeti, opinionisti; un appello forte firmato da tanti uomini liberi. Non ci si può dividere sui momenti culturali, poi ognuno tutela e conserva le proprie idee, ma la cultura è patrimonio di tutti e il Caffè Greco è parte di questo circuito, per questo non deve essere sfrattato e mi auguro appunto che la politica esca da questo momento di timidezza e passi dalla solidarietà formale a quella più concreta, con fatti».
Ha dichiarato anche di auspicare un incontro con tutti gli esponenti politici, seduti a tavoli di discussione, proprio al Caffè Greco, con Vittorio Sgarbi autorevole mediatore per l’occasione. Come mai secondo lei la richiesta non è stata ancora accolta?
«Io non voglio utilizzare il concetto della “teoria del giustificazionismo”. In Italia, qualcuno potrà dirmi, la classe politica è affaccendata su altre problematiche, però l’attenzione ed il rispetto che si deve alla cultura è doveroso. Il tempo lo si deve trovare perché la politica senza la cultura non va da nessuna parte, solo con la conoscenza e la cultura si fa seriamente politica. Ecco perché ho lanciato questo appello e colgo l’occasione di questa intervista per rilanciare nuovamente l’invito. Penso che prevarrà il senso di responsabilità e la passione civica perché se venissero a mancare, in questo momento di mediocrità nazionale, dove la politica è ancora in esilio e fatica a rientrare nelle istituzioni, sarebbe un vero danno. Grazie a Dio ci sono ancora nelle istituzioni, a tutti i livelli, il senso dello Stato, il rispetto del bello, il concetto di tutela della bellezza e del nostro patrimonio culturale. Un patrimonio,, tra l’altro, apprezzato e riconosciuto in tutto il mondo. Si tratta di tutelare il nostro dna. Questa è la giusta riflessione e spero che trovi il giusto spazio perché in Italia esiste una galassia formata da associazioni, centri civici e persone non appartenenti ad apparati partitici, che ragiona con la propria testa. In questa battaglia al momento ci vuole un alfiere carismatico ed autorevole».
Si riferisce a Vittorio Sgarbi?
«Si, l’alfiere più idoneo in assoluto. Io penso che abbia la giusta autorevolezza per guidare un movimento di questo tipo e portare a casa questo risultato non solo nell’interesse del Caffè Greco, ma nell’interesse di tutti i cittadini romani che non possono perdere questo pezzo di storia».
di Camilla Taviti
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