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Lite Asselborn Salvini: «Usa metodi fascisti» e il leghista replica: «Se vuole migranti li accolga»



L'atto secondo del diverbio tra il ministro degli Interni Matteo Salvini e il ministro degli Esteri e dell'Immigrazione lussemburghese Jean Asselborn è fatto di un botta a risposta a distanza. Contattato dal quotidiano tedesco Spiegel.de il politico è tornato a parlare dello scontro avvenuto durante il meeting dei ministri degli Interni a Vienna. «Salvini usa metodi e toni dei fascisti degli anni Trenta». Questa la frase destinata a trascinarsi non poche polemiche, un affronto ai limiti dell'insulto che conferma la percezione che una certa schiera dell'Ue, quella tradizionalista e pro euro, ha delle politiche del leader leghista e del neo governo gialloverde. Ma c'è di più: stando alle parole di Asselborn quello di Salvini è stato un attacco premeditato, in quanto il vicepremier era conscio di essere ripreso da uno dei suoi collaboratori presenti durante il meeting, un'operazione trappola, che costituisce tra l'altro reato sia in Germania che in Austria, in quanto non è concesso filmare qualcuno a sua insaputa. «Se vengono ripresi incontri di ministri Ue oppure addirittura di capi di governo e di Stato, allora non ci potrà mai più essere un dibattito franco», ha poi aggiunto il politico, evidentemente stizzito dalla condotta dello staff di Salvini, prima di ribadire che, anche qualora avesse saputo del filmato, non avrebbe cambiato una virgola del contenuto della sua riposta, arrivata dopo la provocazione del leghista che parlava di «bisogno di nuovi schiavi per l'Ue» in merito all'invito di Asselborn a rivalutare le politiche di accoglienza. «Quando Salvini ha detto che l'Europa non ha bisogno di nuovi schiavi per soppiantare i figli che non facciamo più ho pensato che la misura era colma. Tutti guardavano imbarazzati per terra, io ho deciso invece di rispondergli».


Parallelamente al duro attacco del ministro del Lussemburgo, che ha donato all'estero un'immagine davvero pesante, quasi caricaturale di un'autorità italiana, non poteva tardare la risposta del diretto interessato, giunta come ormai spesso accade tramite social network. «Il ministro socialista del paradiso fiscale Lussemburgo, dopo aver paragonato i nostri nonni emigranti italiani ai clandestini che sbarcano oggi, dopo aver interrotto un mio discorso urlando "merda", oggi mi dà del "fascista". Ma dico io, che problemi hanno in Lussemburgo?!? Nessun fascismo, solo rispetto delle regole. Se gli piacciono tanto gli immigrati che li accolga tutti in Lussemburgo, in Italia ne abbiamo già accolti anche troppi. Buona domenica a tutti, cin cin». Chiaro conciso, dritto al punto. Nulla di nuovo per Salvini, che ormai colleziona nemici e avversari in giro per il mondo senza apparentemente curarsene più del dovuto. Dopo le parole, però devono necessariamente seguire i fatti. E se per ora il numero degli sbarchi in Italia sembra premiare le politiche del Viminale, quello dei rimpatri resta un nodo difficile da sciogliere e su cui serviranno tutte le doti diplomatiche di cui il leader del Carroccio è a disposizione. Poche per ora, un punto su cui si dovrà lavorare per non incorrere in ulteriori logorii nei rapporti con i partner internazionali, che se anche possono non piacere lì sono e lì resteranno: meglio conviverci dunque, che fare sempre e solo la lotta.

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