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Lo showman Valerio Merola lancia l'appello: «Salvini, fonda Lega Italia e unisci tutti gli elettori»

Riflettori puntati, luci accese e che lo spettacolo abbia inizio. Chissà quante volte Valerio Merola, volto noto della televisione sin dai "mitici" anni ottanta, avrà vissuto sulla sua pelle queste emozioni. Il brivido della diretta, l'adrenalina da palcoscenico. L'ansia che si scioglie con quella lucina rossa della telecamera che si accende e poi l'inizio dello show. Un grande professionista di un mondo liquido e sempre in continua evoluzione. Una figura che ha studiato dai più grandi e che si definisce un frontman "vecchio stampo", di quelli venuti fuori grazie al talento e soprattutto alla dedizione e allo studio. Il grande seduttore, l'amante della bellezza e del piacere, un edonista moderno a suo modo, ma anche grande precursore, colui che ha portato per primo in terra italica il talent show così come lo si conosce. E poi gli interessi politici e l'impegno per rilanciare modelli soltanto accantonati dal correre dei tempi e riproporli in una chiave moderna e fruibile dal pubblico di oggi. Una fonte inesauribile di energia e di spirito di iniziativa. Questo è Valerio Merola, che in esclusiva per Spraynews ha raccontato con occhio vigile, di chi questo mondo lo conosce e ha contribuito a costruirlo, pregi, difetti, deviazioni ed evoluzioni dello spettacolo e del dietro le quinte.




Valerio Merola, quale parabola ha avuto il mondo dello spettacolo da quando ha iniziato lei negli anni '80 ad oggi? Le figure professionali come e quanto sono mutate?


«Rispetto al mio esordio nel 1984 con Fantastico 5, ritengo siano due i passaggi fondamentali che hanno interessato e in parte rivoluzionato la televisione in Italia: il primo grande cambiamento riguarda l'avvento della televisione commerciale, che coincide con l'espansione portata avanti da Berlusconi di quella che era una piccola realtà, TeleMilano, ed è divenuta poi l'impero Mediaset che tutti conoscono. Un punto di svolta assoluto che ha portato per la prima volta concorrenza al monopolio Rai, la cui offerta era sin lì fortemente limitata ed ha posto l'attenzione su temi quali il gradimento del pubblico e la nascita delle tendenze, prima quasi del tutto trascurabili. Il secondo passaggio epocale riguarda la nascita del reality, prima, e del talent show, poi. Con l'avvento anche in Italia del format del reality, con i vari Grande Fratello, Isola dei Famosi e via dicendo, c'è stato un vero punto di svolta, perché per la prima volta nella storia della televisione entravano dalla porta principale del "contenitore" dello spettacolo anche gli sconosciuti, che grazie a questo nuovo format hanno ottenuto popolarità e la possibilità di diventare dei personaggi pur non avendone titoli e spesso qualifiche. Da semplici osservatori, o coloro che la televisione la guardavano, sono passati ad esserne protagonisti.»


Quali sono secondo lei i "titoli" di cui dovrebbe disporre un personaggio per essere definito tale, all'interno del mondo dello spettacolo?


«Quando parlo di titoli mi riferisco alla professionalità, alla preparazione, allo studio, ma soprattutto al talento, senza il quale venivano a decadere tutte le altre prerogative»


L'avvento prima dei reality e poi dei talent ha secondo lei impoverito la televisione e creato un nuovo paradigma?


«Sicuramente i talent sono un altro passaggio epocale per il mondo dello spettacolo che posso, con modestia e orgoglio, citare per esperienza personale, essendone stato precursore in Italia, nel 1991, con Bravissima, un format da me ideato e che era un'assoluta novità nel panorama nazionale. Oggi, come è invece evidente, tutti i palinsesti ne sono stracolmi. Rispetto alla televisione che mi ha formato e che ho conosciuto io, quella odierna è una tv più ricca da un punto di vista tecnico, delle immagini, degli effetti speciali, di tutto ciò che il progresso tecnologico ha portato, ma per ciò che riguarda il talento vero di chi la fa, è sicuramente meno valida. Oggi hanno il microfono in mano persone che fino a poco prima facevano tutt'altro mestiere, la figura professionale è cambiata e si è probabilmente impoverita.»


Se dovesse pronosticare un futuro per le televisioni generaliste, in seguito all'avvento di portali che offrono contenuti on demand, crede che da qui a dieci anni sopravviveranno o subiranno profondi stravolgimenti?


«A mio avviso la televisione generalista, intesa in Italia come polo pubblico Rai e polo delle emittenti private, continuerà ad esistere. Esiste e credo sempre esisterà una fetta di pubblico interessata a questa offerta e comunque penso che dieci anni siano un periodo troppo breve per smantellare un sistema in auge da più di mezzo secolo. Sicuramente la televisione on demand avrà sempre maggior incremento, ma dipenderà molto dal decorso che la crisi economica globale avrà sulla possibilità di spesa del pubblico. Non dimentichiamoci che la stragrande maggioranza di questi contenuti a richiesta sono a pagamento, mentre la tv generalista può ancora offrire una vasta scelta di programmi totalmente gratuiti. Se la capacità di spesa del pubblico dovesse rimanere su questi standard, credo che la diffusione dell'on demand rimarrà più o meno stabile, in caso di un'auspicabile ripresa potrà certamente avere un incremento, ma mai tale da sostituire la generalista.»


Per quanto riguarda i contenuti consultabili sul web, crede che la loro diffusione potrà scalzare il concetto di intrattenimento televisivo odierno?


«Sicuramente il mezzo visivo accessibile tramite internet, mi riferisco a YouTube e a tutta quella serie di portali gratuiti, ancora poco seguiti, avrà un progressivo incremento che coinciderà con la sempre maggiore familiarità che il pubblico avrà dello strumento. Senz'altro un ruolo di prim'ordine nello scenario dell'intrattenimento futuro.»


Passando a tutt'altri palcoscenici, gira voce che starebbe sponsorizzando un nome, quello di Lega Italia, calzante sia per lo spettacolo che per lo scenario politico. Di cosa si tratta?


«La mia è stata più che altro un'intuizione. Dopo essere stato ospite di Radio Padania Libera nel seguitissimo programma condotto dalla speaker Lidia Laudani, tra i tanti argomenti toccati, si è parlato anche del volto nuovo e di maggiore visibilità nazionale che tutta la Lega, e tutti gli eventi ad essa collegati, dovranno avere vista la portata di un partito non più soltanto radicato nel territorio che l'ha visto nascere. In relazione a questo è saltata fuori una manifestazione che mi tocca da vicino, essendone stato io il primo conduttore, allo storico Genux di Desenzano del Garda, cioè Miss Padania. Nato come contrapposizione a Miss Italia, l'evento puntava sulla bellezza, più che sul talento. Essendo notizia recente quella secondo cui i vertici della Lega, Matteo Salvini in primis, a prescindere dalla difficile situazione giudiziaria, non vogliono cambiare la denominazione al partito, perché non rilanciare una manifestazione come Miss Padania, molto attiva sul territorio e in grado di generare un considerevole indotto tra addetti ai lavori, sponsorizzazioni, televisioni e quant'altro, dandole proprio il nome di Miss Lega Italia? Un nome, tra l'altro, già depositato e quindi di pronto utilizzo, che potrebbe far concorrenza a un Miss Italia oggi in assoluto declino. La Lega è in ascesa, la sua portata da territoriale si è fatta nazionale, perché dunque non eleggere una Miss Lega Italia che, oltre alle prerogative di bellezza non possa includere anche quelle del talento e della competenza, in relazione a tutti quei valori fondanti della comunità leghista?»


Quali potrebbero essere a suo avviso i benefici nel riesumare una manifestazione come Miss Padania, ricoprendola di questa nuova veste?


«Innanzitutto potrebbe essere un bel messaggio da promuovere tra i giovani, quello che oltre alla bellezza occorrono anche talento e capacità. In secondo luogo potrebbe essere un ottimo veicolo per incarnare la nuova immagine della ragazza leghista italiana e non solo più padana, oltre che favorire il lavoro per le migliaia di iscritti e simpatizzanti al partito, che potrebbero operare in prima linea, attraverso l'organizzazione delle serate di selezione della manifestazione in tutte le regioni in cui la Lega è rappresentata. A tal proposito lancio una provocazione: ogni iscritta al concorso, ogni addetto ai lavori, e in generale ogni persona coinvolta potrebbe donare un euro, una somma simbolica che potrebbe andare a costituire un fondo per la restituzione dei tristemente noti 48 milioni di euro, così come previsto dalla sentenza del Tribunale di Genova.»


Ritiene dunque che la Lega necessiti di un restyling prima di tutto nel nome?


«Rivolgo un appello direttamente al capo politico Matteo Salvini, ribadendo che visto che il nome Lega Italia è già depositato, potrebbe essere un'ottima soluzione per dare una nuova denominazione e quindi un nuovo volto al partito. Sarebbe un segnale di rinnovamento totale, vista anche l'intenzione, da lui più volte ribadita, di voler chiudere col passato. Se c'è un corso nuovo, perché allora non avere un nome nuovo.»


Da osservatore attento quale è dell'attualità politica, come giudica i primi 100 giorni di governo e la natura di questa insolita alleanza?


«Il mio è per ora un bilancio incompleto. Cento giorni sono sicuramente pochi, oltre ad essere il primo governo che riunisce maggioranza e opposizione. Un unicum con all'interno tutto e il contrario di tutto, che trae forza proprio da questo. Il tutto legato da un contratto, un qualcosa dal punto di vista politico mai visto sinora. Queste due forze molto diverse tra loro e legate da questo accordo rappresentano due mondi diversi e proprio questa può essere la chiave di lettura da cui traggono forza. Quel che è certo è che la stragrande maggioranza degli obiettivi preposti, proprio per la natura ibrida di questa alleanza, necessiteranno di molto più tempo rispetto a quanto inizialmente pronosticato»


In conclusione, dopo una carriera che l'ha vista per anni nelle vesti di conduttore, oggi trova spazio nelle vesti di opinionista. È un ruolo che la soddisfa? Quali ambizioni e progetti ha per il futuro?


«Dopo una modesta carriera di trentasette anni in televisione, fatta di alti e bassi, sono sempre e comunque rimasto a galla. Grazie alla mia capacità professionale, alla voglia di reinventarmi e di non fermarmi mai, sono sempre fortunatamente rimasto attivo. La mia popolarità è immutata e ho ottenuto e sto ottenendo ottimi riscontri nei social network. Chiaramente mi sono adeguato alla crisi di oggi e, non avendo un programma da me curato e diretto, ho abbracciato anche l'attività di opinionista, avendo fortunatamente una dose di cultura e di preparazione che mi consentono di spaziare e fare ragionamenti su qualsiasi argomento. Nella mia vita non ho comunque mai messo un punto su nulla, soltanto virgole. Ho avuto talmente tante esperienze nella mia vita che so che la svolta può essere dietro l'angolo. So tuttavia di essere un personaggio che ha una collocazione precisa nel panorama televisivo, riconducibile agli anni ottanta e novanta. Oggi la figura del presentatore è fortemente mutata, basti vedere che Sanremo è presentato da un cantante, o come molti programmi vengano affidati ad attori o comici. Io sono di un'altra scuola, quella dei Baudo e dei Corrado, per intenderci, presentatori di uno stile più vicino al mio, probabilmente meno di moda da qualche anno. Pur sperando di avere di nuovo un programma di cui reggere il timone, la mia carriera di opinionista mi sta dando grandi soddisfazioni, consentendomi di godere dei vantaggi di stare davanti alle telecamere, senza gli inconvenienti legati agli ascolti e alle esigenze televisive legate al successo di una trasmissione.»




di Alessandro Leproux

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