Lorenzo Vecchi, lei fa parte del gruppo scientifico italiano di Extinction Rebellion, che ha iniziato oggi una settimana di mobilitazione non violenta. Siete fermati dalle forze dell’ordine a Piazza del Parlamento. Contro chi vi ribellate?
Contro il Governo, contro i Governi di tutto il mondo, che piangono i morti del Coronavirus, come se fosse solo un problema di altri o del destino. Il coronavirus è il segnale più clamoroso di un disastro ecologico e climatico, che ha responsabilità precise e scientificamente documentate. Non crediamo a ricostruzioni fantasiose e di comode, come quella del virus che sarebbe fuoriuscito per errore dal laboratorio cinese di Wuhan e avrebbe poi invaso il mondo. Pensiamo piuttosto che, come accaduto per le epidemie della Sars e di Ebola, i principali responsabili siano gli allevamenti intensivi, che hanno travolto l’ecosistema anche in zone prima incontaminate e la carbonizzazione incontrollata della produzione. E oggi è paradossale che la ripresa dell’economia sia demandata a generose elargizioni statali, che non richiedono, come presupposto, un cambio di marcia a livello di sensibilità ecologica e climatica, ma anzi premiano senza distinzioni anche le aziende e le scelte più irresponsabili.
Quanti siete?
Decine, forse centinaia di migliaia di donne e uomini di oltre 60 Paesi. Crediamo che non ci sia più tempo da perdere in più. Occorre un’inversione di rotta, da domani. Bisogna ridurre drasticamente ogni forma di inquinamento, e compensarlo con iniziative di contrasto in grado di renderlo al netto zero.
Che cosa dovrebbe fare il Governo italiano?
Deve agire subito con norme che mettano immediatamente fine alla distruzione degli ecosistemi marini e terrestri. La scienza ha dimostrato e ripetuto che la distruzione degli ecosistemi è direttamente collegata anche all’emergere di sempre nuove epidemie. I governi mondiali hanno ignorato questo avvertimento e un milione di persone nel mondo ha pagato con la vita. Oggi, se ce lo avessero permesso, avremmo rovesciare secchi di acqua del colore del sangue a Piazza del Parlamento. Quello di chi già muore oggi e, ,soprattutto, quello dei ostri figli, sacrificati in nome d di uno sviluppo che guarda al presente e al profitto. E non alla sopravvivenza della vita sulla Terra.
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