•Radiato dalla Magistratura, ora fa parte del Partito Radicale, commissione Giustizia, ben 90 componenti cui obbiettivo è chiedere una commissione parlamentare d’inchiesta per far luce sul CSM e il sistema della Magistratura.
Lei non intende andarsene dal mondo della magistratura, oppure darsi alla politica?
“La mia priorità in questo momento è attendere le motivazioni della decisione che mi riguarda per poi poter far i ricorsi che l’ordinamento mi mette a disposizione. Fino a quel momento la “partita” deve considerarsi ancora aperta. Ho dedicato tutta la mia vita alla magistratura, all’affermazione dei principi di una giustizia autonoma e indipendente e intendo continuare in questo impegno, mi auguro di poterlo fare ancora all’interno della magistratura. Nel frattempo il mio bagaglio professionale e culturale sento di doverlo mettere a disposizione di chi voglia intraprendere questa battaglia per una giustizia autonoma e Indipendente nell’interesse dei cittadini. Sono comunque convinto che il tempo è galantuomo e di riuscire a dimostrare realmente come sono andati i fatti.”
•Carlo Nordio, parlando della sua vicenda lo ha paragonato all’operazione Valchiria, lei condivide questa posizione?
“Rispetto le posizioni di tutti a maggior ragione quella di un magistrato importante come Carlo Nordio, sin dall’inizio ho avuto la necessità di far luce e dire la verità sulle vicende che mi hanno riguardato, in primis sull’utilizzo delle intercettazioni fatte con i parlamentar. Il mio impegno è ricostruire i fatti così come sono andati e come funziona il meccanismo delle nomine.”
•Questo paragone di Nordio presuppone sia stato fatto un reato, ma lei dice che basandosi su questo criterio di nomine non c’è stato nessuna irregolarità.
“Io non voglio autoassolvermi, non sarebbe corretto, io voglio mettermi a disposizione, ed è quello che farò, serve del tempo per ricostruire documentatamente quello che è avvenuto mettendo a disposizione di tutti quella che è stata la mia attività, che non ho svolto da solo, ma con altri rappresentanti del mondo delle correnti, penso sia necessaria anche per rispetto dell’opinione pubblica e dei cittadini, dimostrare in che modo ho realmente operato e quale era la mia funzione.”
•L’accusa è che si decidono i dirigenti degli uffici giudiziari italiani con dei criteri non molto ortodossi. Lei se fosse Ministro della Giustizia cambierebbe questo sistema?
“Non lo sono, quindi questa è una valutazione che dovrebbe fare il ministro. Sarebbe opportuno comprendere bene il meccanismo delle nomine, ma non ne l’ultimo anno ma negli ultimi 20 anni direi, in particolare modo dal 2007 in poi. Le faccio un esempio: nella mia consigliatura 2014/2018 sono state fatte circa 1000 nomine, andrei a capire come ha funzionato.”
•Ma sono avvenute rispettando le regole o no?
“Per stabilire se le regole sono state rispettate bisogna ricordare che le decisioni del consiglio superiore della magistratura con riferimento alle nomine possono essere impugnate davanti al giudice amministrativo, al tar e al consiglio di Stato. Basterebbe vedere quante volte il giudice amministrativo ha annullato le nomine e quante volte il CSM che è un organo collegiale, composto da 26 persone più il Presidente della Repubblica ha operato sulla scelta di questo o quel nome per dirigere uh ufficio.”
•Se riuscisse a rientrare nella Magistratura, queste cose le spiegherà oppure lo farà solo se resterà nel partito radicale?
“Non ho mai voluto rateizzare il mio racconto, ho cercato di sviluppare un racconto che sia il più veritiero possibile, perché ritengo che ci sia bisogno di questo, comprendere il meccanismo reale del funzionamento. Sono sicuro di avere agito sempre nell’interesse superiore della Magistratura.”
•Ha parlato anche di rapporti che ha avuto con magistrati veneti, ma anche lì non è venuto fuori niente di eclatante.
“Ho avuto rapporti con magistrati di tutta Italia, tra cui anche quelli del Veneto. Il Meccanismo delle nomine funzionava in quel modo, e ho avuto modo di relazionarmi con magistrati molti dei quali sicuramente di valore.”
•Lei ha scritto la perfezione di un libro che uscirà in questi giorni, dove parla del Trojan, quello che poi è stato messo sul suo cellulare per intercettarla. Lei ne avrà usate nella sua carriera di intercettazioni, secondo lei come dovrebbero essere usate e nei suoi confronti ritiene siano state usate male?
“Come ho detto in più occasioni, le intercettazioni rimangono uno strumento insostituibile nella lotta al crimine, in particolar modo nella criminalità organizzata. La mia vicenda rappresenta una dei primi casi, se non il primo, nell’utilizzo di uno strumento di nuova generazione che è quello del virus informatico, meglio noto come Trojan. Come tutte le innovazioni necessità di applicazioni sul piano concreto quindi può avere delle “pecche”.
•Lei si è lamentato di come siano stati riportati alcune frasi prese durante una intercettazione.
“In realtà più che personalmente è stata la mia difesa che ha giustamente evidenziato come taluni momenti il Trojan abbia funzionato ad intermittenza, registrando solo alcuni momenti della giornata, a queste nostre obiezioni è stato risposto che essendo strumenti nuovi non possono registrare tutto il giorno perché se così fosse i telefoni sarebbero perennemente scarichi. Fatto sta che il Trojan è uno strumento indubbiamente importante perché consente di scoprire il crimine, ma allo stesso tempo impatta negativamente su beni primari come la privacy.” Così Luca Palamara a Televenezia
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