“Lo scopo del libro, per quanto mi riguarda è offrire uno spunto di riflessione su quello che non ha funzionato nell’organizzazione interna della magistratura. Questo è stato ed è il mio punto di vista, il motivo per cui ho voluto confrontarmi con il Direttore Sallusti, raccontando dei fatti non delle opinioni, ma dei fatti che erano basati su delle chat, su dei documenti e su delle e-mail, laddove questo non è stato possibile, abbiamo preferito eclissare, questo perché serve alla luce di quanto è accaduto, nel racconto che ha riguardato la mia vicenda, ma soprattutto il sistema correntizio all’interno del CSM per stabilire se è un sistema attuale a distanza di 60 anni o ancora di più dall’entrata in vigore della Costituzione, oppure è arrivato il momento di fare una riflessione sui quei temi? Tempi certi per la giustizia, individuare una linea di confine tra Politica ed Magistratura che dal 1993 è saltata? Il vero tema è questo il timore di fare le riforme con l’idea che qualcuno ti possa attaccare, da questo punto di vista io dico invece, che la magistratura non è proprietà di questo o di quel magistrato, tant’è che il mio racconto è per i tanti magistrati che in questo momento stanno esercitando la giurisdizione, come chiamiamo noi, ovvero fanno i processi che non hanno nulla a che vedere con il tema dell’organizzazione interna. Da questo punto di vista il momento è quello di stabilire: qual è la riforma da fare? Si risolve tutto con una riforma di una legge elettorale? No, occorrono riforme di sistema e soprattutto che la classe politica non abbia il timore di riformare la magistratura, e viceversa al suo interno è più portata ad attuare il principio della cosiddetta autoriforma, cioè ci riformiamo da noi stessi.
Uno dei motivi scatenanti per il quale ho deciso di raccontare, è proprio questo, perché un giorno all’interno della magistratura mio dissero, “Luca tu devi raccontare come sono andate le cose”. Faccio ancora parte del “sistema”, sono ancora dentro, perché c’è un ricorso pendente, quindi sono ancora dentro la Magistratura, l’ho fatto a maggior ragione quando è ancora in corso un delicato ricorso per la mia vicenda personale, ma in generale è un meccanismo di risposta che io avrei dato sin dall’immediatezza dei fatti, dal giorno dopo i fatti accaduti mi sono messo a disposizione sempre di chiunque, delle autorità giudiziarie e dei tanti magistrati per raccontare realmente quello che è accaduto, quello che era accaduto non si poteva raccontare solo con un segmento di un racconto di una serata, perché non avrebbe fotografato realmente la situazione, come oggi, tanto per essere chiari, la situazione interna alla magistratura non la si può fotografare solo con le chat presenti nel mio telefonino, sarebbe un non voler risolvere il problema, io invece penso che il coraggio oggi sia quello di affrontarlo a 360 gradi.”
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