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Lucano, il sindaco anti Salvini è di nuovo indagato per i migranti: truffa e falso ideologico



Accanimento. Altre parole non si trovano per la vicenda di Mimmo Lucano. Il sindaco di Riace che poco meno di dieci giorni fa aveva tirato un respiro di sollievo dopo le amarezze di questi ultimo anno. La Cassazione infatti nelle motivazioni depositate il 2 aprile aveva sancito la mancanza di indizi sui comportamenti fraudolenti del primo cittadino del comune calabrese. Lucano per la Corte non ha compiuto alcuna irregolarità nell’assegnazione degli appalti né ci sono elementi per dire che abbia favorito presunti «matrimoni di comodo».

E invece una nuova e pesante tegola è finita addosso all’uomo simbolo dell’accoglienza ai migranti. La Procura della Repubblica di Locri ha emesso infatti un avviso di conclusione delle indagini preliminari in cui gli vengono contestati i reati di truffa e falso ideologico sempre in relazione alla gestione dei migranti.

Si tratta di un’altra indagine. Con Lucano, nel procedimento per il quale è stato emesso l’avviso, sono indagate altre nove persone. Sarebbero otto gli episodi di truffa contestati. A Lucano viene contestato, in particolare, «di avere indotto in errore - è detto nel capo d’imputazione - il Ministero dell’Interno e la Prefettura di Reggio Calabria ricorrendo all’artificio di predisporre una falsa attestazione», a firma dello stesso Lucano, «in cui veniva dichiarato che le strutture di accoglienza per ospitare i migranti esistenti nel territorio del comune di Riace erano rispondenti e conformi alle normative vigenti in materia di idoneità abitativa, impiantistica e condizioni igienico-sanitarie, laddove così in effetti non era, essendo quegli appartamenti privi di collaudo statico e certificato di abitabilità, documenti indispensabili per l’utilizzo sopra specificato e per come richiesto dal manuale operativo Sprar e dalle convenzioni stipulate tra il Comune di Riace e la Prefettura di Reggio Calabria». Collaudo statico? E’ difficile non cogliere in queste argomentazioni una volontà punitiva che non è data riscontrare in altre situazioni e in altri comuni che si sono trovati e si trovano a gestire il fenomeno migratorio.

Ieri c’era stato un assaggio di cattive notizie per Lucano. Dopo ben 7 ore di camera di consiglio il gup di Locri, Amelia Monteleone, aveva ha rinviato a giudizio Lucano e altri 26 indagati, fra cui la sua compagna Lemlem Tesfahun. «Sono senza parole – aveva commentato il sindaco sospeso di Riace poco dopo la sentenza – Sono stato rinviato a giudizio anche per i capi di imputazione che la Cassazione ha demolito. Evidentemente quello che vale a Roma non vale a Locri. Ma vado avanti con coraggio, la verità si farà luce da sola».

Paga la sua determinazione Lucano. Anche il coraggio di proporre sul campo un modello di accoglienza che si scontra inevitabilmente con le politiche securitarie del governo e del ministero dell’Interno in particolare. E paga il fatto di essere diventato un simbolo per il movimento antirazzista. In una delle intercettazioni Lucano stesso ammette: «Vado contro la legge», spiegando di essere costretto a farlo per disattendere leggi balorde».

Lucano è stato indicato dalla rivista Fortune tra le 50 personalità più influenti al mondo. Tutto è iniziato nel 1998 quando una barca di profughi curdi ha raggiunto le coste di Riace. Mimmo all'epoca era un professore ma ha deciso di impegnarsi in prima persona per l'integrazione dei migranti nel paese. Venti anni di impegno accanto agli ultimi, costruendo un modello di integrazione che ha risollevato un paese che si stava spopolando e che è stato studiato in tutto il mondo.

Sì è vero, non è solo lui ad aver contrastato le politiche sull’immigrazione, ma nessuno lo ha fatto con la determinazione di Lucano. Prendiamo il primo cittadino di Firenze Nardella che a proposito del decreto sicurezza dichiarava: «a Firenze non violeremo nessuna legge ma apriremo un tavolo con tutto il mondo del volontariato, del terzo settore e delle istituzioni locali, in attesa che apra a livello nazionale una discussione per riscrivere la legge in molte sue parti». Per il sindaco Pd di Pavia Massimo Depaoli «comunque la si voglia pensare comunque noi Sindaci rappresentiamo una istituzione e anche se la legge è ingiusta resta sempre una legge». Eccone un altro sulla stessa lunghezza d’onda, Filippo Nogarin, sindaco di Livorno, targato Cinque Stelle: «Il Decreto sicurezza è tutt'altro che una buona legge, eticamente e politicamente. Ma le leggi si rispettano». Eppure se le leggi sono incostituzionali… come spiega Zagrebelsky non applicarle è un dovere. Già, ma di Lucano ce n’è uno solo.


di Pietro Roccaldo

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