STEFANO BINI PER IL GIORNALE D'ITALIA
Luisa Regimenti è medico legale ed eurodeputata di Forza Italia. Al Parlamento europeo fa parte della commissione Ambiente, Sanità pubblica e la sicurezza alimentare, essendo tra le altre cose relatrice su una nuova strategia forestale per l'Unione, ed è anche componente della commissione speciale sul Covid. Da sempre impegnata nella lotta alla violenza contro le donne, è presidente onorario della Rete europea delle donne, di cui è fondatrice.
Dalla medicina legale alla politica. Com’è avvenuto questo passaggio?
«Non c’è stato un vero e proprio passaggio, perché continuo ad esercitare la mia professione di medico legale. La politica è sempre stata una mia passione, che coltivo da tantissimi anni. Una passione che è perfettamente coerente con il mestiere che faccio. Perché il medico legale, e il medico più in generale, è al servizio dei malati, dei pazienti, dei più deboli, delle vittime, dei loro familiari. La politica è al servizio del cittadino. E molti dei provvedimenti legislativi che ci troviamo a discutere riguardano proprio le categorie più sfortunate e disagiate. Diciamo che a livello sociale, la mia azione per proteggere i più deboli avviene sia attraverso due direzioni convergenti: la mia professione e la politica.»
Si trova in Italia per dare una mano al partito o a Bruxelles per risolvere i problemi legati a guerra e gas?
«La mia attività di europarlamentare non si è mai interrotta. Durante l’estate il Parlamento europeo è chiuso e questo ha fatto sì che il mio lavoro si concentrasse sul territorio. Ma vorrei chiarire che questo avviene tutto l’anno. Durante la settimana lavoro a Bruxelles, dove mi occupo di questioni importanti e delicate, facendo io parte della commissione Ambiente, Sanità pubblica e la sicurezza alimentare, ed essendo tra le altre cose relatrice su una nuova strategia forestale per l'Unione. Faccio anche parte della commissione speciale sul Covid. E’ naturale che l’Ue in questi ultimi mesi abbia lavorato moltissimo, coinvolgendo tutti noi per affrontare la gravissima crisi provocata dalla guerra e dal vertiginoso aumento del prezzo dell’energia. Tutti gli altri giorni sono in Italia, costantemente sul territorio, dove cerco, portando alto il nome di Forza Italia, di essere al servizio degli italiani e delle loro esigenze. Ho infatti ideato e aperto gli “Sportelli del cittadino europeo”, per sostenere, aiutare e guidare passo dopo passo tutti coloro che vogliono accedere ai fondi europei e non sanno come fare. E’ chiaro che in quest’ultimo mese si sia intensificato il lavoro sul territorio, per raccogliere in termini di consenso il tanto che si è seminato. Sono al servizio del partito e al partito offro non una mano, ma tutte e due, in un momento davvero delicato di questa campagna elettorale.»
Di recente, ha scritto un libro per bambini sulla violenza nei confronti delle donne. Ci spieghi meglio questo progetto.
«Io sono presidente onorario della Rete europea delle donne, in quanto fondatrice di questa realtà che vede impegnate quasi mille donne, dislocate sui territori per ascoltare, accudire, proteggere chi è vittima di violenza, cercando anche di sensibilizzare l’opinione pubblica su questo tragico fenomeno. Abbiamo cominciato questo lavoro di coinvolgimento dalle scuole primarie. Le donne della Rete, si sono dunque recate presso alcuni istituti scolastici per raccontare, spiegare e sentire la voce delle bambine e dei bambini. Per capire quanto siano consapevoli, quanto percepiscano davvero il fenomeno e come si pongono di fronte ad esso. Un lavoro impegnativo ma esaltante, che ha dato i suoi frutti attraverso il libro: “Io e te siamo pari”, che ha avuto l’onore di una prefazione scritta dalla presidente del Parlamento europeo, Roberta Metsola.»
Perché l’esigenza di scrivere un libro del genere?
«Come ho sottolineato, La violenza delle donne, di cui il femminicidio è l’espressione più terribile, è un fenomeno che va combattuto senza se e senza ma. Ma la repressione di un fenomeno parte dalla prevenzione, ed essa si realizza anzitutto attraverso strumenti legislativi. Ne cito uno fra tutti: i casi più frequenti, anche delle ultime settimane, riguardano aggressioni e omicidi avvenuti nei confronti di partner durante la delicata fase della separazione. Questo, perché spesso viene sottovalutata la propensione alla violenza di alcuni uomini. Dovrebbero essere varate norme che prevedano un’interconnessione fra gli uffici della Procura penale e del tribunale civile, perché in sede di separazione o di divorzio i giudici s’informino reciprocamente per poter intervenire in modo radicale nei confronti di soggetti che sono stati già protagonisti di atti violenti. Ma prevenire, significa anche sensibilizzare l’opinione pubblica, soprattutto attraverso mirate campagne informative. Ed è assolutamente necessario partire dalle nuove generazioni, in modo che la non violenza si faccia cultura fin da subito. I ragazzi devono crescere conoscendo e praticando il rispetto, segnalando e combattendo tutti quei comportamenti che possano in qualche modo ricondotti a qualsiasi forma di coercizione.»
Ieri, c’è stata la presentazione a Bruxelles. Girerete anche le scuole?
«Lo abbiamo fatto, lo facciamo e lo faremo, perché questa battaglia non deve conoscere un solo giorno di tregua. Se si vogliono ottenere dei risultati, occorre non abbassare mai la guardia, tenere alta la vigilanza, continuare a lavorare affinché il nome “femminicidio” e il concetto di violenza sulle donne scompaiano dal vocabolario della vita civile e sociale del Paese, anzi nel mondo. Se partiamo dai più piccoli, potremmo ottenere risultati assai soddisfacenti. Però a Bruxelles non ci siamo limitati a presentare il libro, ma nel corso del convegno “I diritti delle donne”, abbiamo affrontato tutte le problematiche femminili attuali in ambito sanitario e sociale: i femminicidi, i disturbi alimentari, le patologie femminili, spesso invalidanti, l’importanza dello sport e della difesa personale.»
Crede che il Covid e i vari problemi sociali abbiano intaccato la fragile psicologia dei bambini?
«Troppo spesso non ci rendiamo conto di quanto i nostri figli, a maggior ragione i più piccoli, siano delle vere e proprie spugne. Questo è buono, quando si parla di educazione, istruzione e apprendimento. E’ invece molto dannoso quando un minore si trova a vivere ed affrontare traumi difficilmente superabili. Succede quando subiscono o assistono ad episodi di violenza domestica: non a caso la risoluzione approvata a Strasburgo sulla violenza domestica, di cui sono stata relatrice, riguarda non solo i diritti di custodia sulle donne, ma anche sui bambini. Tornando al Covid, va detto che il lockdown ha fatto registrare una drammatica esplosione del fenomeno, tanto da essere definita “pandemia ombra” dall’agenzia Onu sull’uguaglianza di genere. Se a questo aggiungiamo la forte limitazione della libertà provocata dalla pandemia, la malattia in sé, i due anni e mezzo durante i quali siamo stati sommersi da ogni genere d’informazione relative alla malattia, i morti, i parenti persi, i vaccini, non possiamo pensare che tutto questo sia avvenuto senza pesanti ripercussioni. Le abbiamo subite noi, figuriamoci soggetti psicologicamente più fragili come i bambini.»
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