La prima volta non si dimentica mai. E di solito è un dolce ricordo, ma in questo caso la bocciatura della manovra italiana da parte della Commissione europea rischia di essere un boccone amaro, difficile da digerire per la maggioranza gialloverde al governo.
Italia rimandata a novembre, quindi, dalle parole dure del vicepresidente Dombrovskis e del commissario Moscovici che però da una parte accusano il governo di andare contro impegni già presi con l'Unione Europea; ma dall'altra mostrano un atteggiamento "politico" verso un esecutivo di colore diametralmente opposto a quello che governa ora i 28 paesi del Vecchio Continente quando accusano l'Italia di una deviazione dalle regole "netta, chiara, certa e in un certo modo rivendicata". Come se si volesse in qualche modo punire il Bel Paese non per il suo modo di voler uscire dalla crisi - facendo più debito - ma per la maggioranza che si è democraticamente scelta. Insomma, la scadenza della Commissione tra sei mesi e le nuove elezioni di maggio creano una "legittima suspicione".
Insomma, per l'Europa aumentare il debito non è una strategia intelligente, abolire la legge Fornero è un passo indietro, il condono rischia di incentivare l'evasione e le tasse ridotte alle imprese che investono sono controbilanciate e azzerate dall'abolizione delle agevolazioni fiscali. Il tutto però preceduto dall'affermazione che la Commissione non intende sostituirsi alle autorità italiane nel determinare le politiche di lotta alla povertà.
Logico quindi che le prime reazioni del governo e dei partiti che lo sostengono siano improntate al rifiuto: per il premier Conte non c'è nessun piano B, quindi nessuna modifica alla manovra, al massimo più tagli alla spesa ma il deficit rimane al 2,4%. Di Maio ripete che "siamo sulla strada giusta", questa manovra per il capo dei 5 Stelle non piace all'Europa perché, dice, "è la prima scritta a Roma e non a Bruxelles. "Attaccano un popolo, non un governo" dice Salvini che poi aggiunge, ricordando quanto successo a Berlusconi nel passato, che "questo governo non cadrà per colpa dello spread perché non arretrerà".
Dalla bocciatura manna per le opposizioni: "è un gioco d'azzardo sulla pelle dei cittadini e sul futuro del Paese" dicono a caldo da Forza Italia le capogruppo Bernini e Gelmini. "Così si compromettono i sacrifici degli italiani", vaticina il segretario Pd Martina.
Intanto lo spread con i titoli tedeschi sale fino a quota 320, poi si assesta a 316 mentre dalle Borse non si ode il temuto tonfo: Milano va giù ma non come Francoforte, e questo forse perché i mercati hanno già in qualche modo metabolizzato il no della Commissione alla manovra. Incombe l'ombra di Standard&Poor's, con un downgrading che potrebbe arrivare venerdì.
Scendono in campo il ministro dell'Economia Tria e quello agli Affari europei Savona, vagheggiando un passo indietro sul tetto al deficit già fissato e una verifica trimestrale per valutare l'efficacia della politica economica: insomma sono in pericolo le bandiere di Lega e 5 Stelle, la quota 100 per le pensioni e il reddito di cittadinanza. Ipotesi che i due partiti cercheranno di scongiurare fino all'ultimo.
All'orizzonte l'apertura della procedura di infrazione verso l'Italia per debito eccessivo: il 5 novembre i 19 dell'Eurogruppo si troveranno sul tavolo il Dossier Italia; tre giorni dopo la Commissione deve pubblicare le previsioni di autunno. E il duro monito lanciato dal Capo dello Stato Mattarella - "la logica dell'equilibrio di bilancio non è di astratto rigore" - lascia intravedere tre settimane di un braccio di ferro tra le istituzioni italiane ed europee che promette scintille.
Di Paolo dal Dosso
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