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Marco Galli: "Con Il Nido ho raccontato a fumetti la banalità del male"


Marco Galli è uno dei più interessanti fumettisti italiani. Autore completo, artefice di graphic novel spiazzanti e visionarie, tra i membri del Progetto Stigma, ha appena pubblicato il suo nuovo romanzo a fumetti, Il Nido, edito da Coconino come molti suoi lavori, dove racconta di Hitler nel suo bunker con Eva Braun durante i giorni dello sbarco in Normandia. Ne abbiamo parlato con lui.


Questo è il tuo primo libro con protagonisti personaggi reali, storici, mentre prima hai sempre fatto opere totalmente di fantasia. Come mai questa scelta?

Non ho e non ho mai avuto una linea da seguire. La mia mente funziona per suggestioni, vi si annidano, fanno dei giri, si nascondono, tornano a galla e si affinano. Quando sono pronte a uscire, bussano insistentemente.

Nel 2017, obbligato sul divano dei miei genitori per la convalescenza dovuta alla mia malattia, vidi un documentario su History Channel, parlava di Hitler, ma in un modo che non avevo mai calcolato: attraverso le sue debolezze fisiche, perciò naturali (dal greco “fisio”: natura), dunque umane.

Ricordando il celebre “La banalità del male” di Hannah Arendt, mi si accese “la miccia” in un istante: il mostro è anche umano!… E il libro, nella mia mente, incominciò il suo scavare.

Hitler è forse il mostro per eccellenza, il simbolo del male dello scorso secolo. Perché hai scelto lui e che uomo è il tuo Hitler?

In parte ti ho risposto qui sopra, aggiungo che proprio perché è il simbolo del male, era il soggetto più interessante, anche perché era decisamente un fanatico, non un pazzo però, sapeva esattamente cosa stava facendo, tanto da perdere una guerra, e morirne, per il suo odio verso gli ebrei.

Non credo di avere “prodotto” un mio Hitler, non era nemmeno il punto. Mi interessava mostrare che un uomo di potere, capace di ammazzare milioni di persone è, in fondo, un uomo come tanti altri, spesso più mediocre.

Siamo abituati a distanziarci, distinguerci, ad allontanare dall’umano questi mostri, come se non avessero il nostro stesso DNA, li definiamo DEMONI, gli diamo questa matrice non umana, ma è solo paura di comprendere che l’essere umano è un insieme di male/bene. Certo, si dice, uno può scegliere! In verità la cosa non è così semplice. Leggere Spinoza aiuta a capire la questione.

A livello grafico, l'esperienza di apehands seguita alla malattia come ha influenzato l'estetica di questo libro?

Anche in questo libro come in “La notte del corvo”, il primo libro fatto dopo la mia malattia, se si ha un occhio allenato al disegno, si nota che tra le prime pagine e le ultime c’è differenza nel segno. Ho impiegato circa tre anni a fare questo libro, con circa un terzo fatto nel 2017/18 e il resto tra il 2020/2021, nel frattempo la mia mano migliorava e dunque sono riuscito a dare “l’estetica” che volevo io al libro: una “linea chiara grottesca”, ma stando nel disegno realistico, poi ho lavorato molto sul colore e la griglia delle vignette.

Dopo la malattia hai pubblicato numerosi lavori, ma solo due, uno è questo, sono stati disegnati dopo. Tu credi che questo e il Corvo rispecchino una sensibilità differente rispetto a quelli usciti nello stesso periodo per Stigma? A tal proposito in futuro pensi che ci proporrai altri inediti degli scorsi anni o solamente lavori nuovi?

La mia malattia è stata uno spartiacque nella mia vita: un prima e un dopo. Perciò la mia sensibilità, umanità, pensiero, sono decisamente diversi i due periodi. Sicuramente anche i miei libri. Non saprei dirti come, però. Forse chi li legge nemmeno se ne accorge.

Non so se farei un libro come “Dentro la scatola di latta” oggi.

Comunque di libri nel cassetto non ne ho più, anzi sì, uno c’è, ma sarebbe molto complesso metterci mano, chissà, magari fra qualche anno. Ho in mente dei fumetti nuovi, a dir la verità più di uno e mi piacerebbe pure farli disegnare da qualcun altro… vedremo. Non dico di essere stufo del fare fumetti, ma di come vengono ancora percepiti e letti sì. C’è un pubblico attento, è vero, ma sono pochissimi! Vivere del lavoro di autore di fumetti in Italia è praticamente impossibile. Nessuna patetica lamentela, non mi piace lamentarmi, si può vivere di altro, nessuno è così indispensabile all’arte.

Il tuo lavoro ha una sensibilità anche politica, come la tua persona. Difficile nel Corvo non vedere il dramma del razzismo e dei migranti, l'ultimo Stigma addirittura anticipa il virus e i complottismi collegati e qui si parla di Hitler. Su Facebook ti vedo indignato dai "pacifisti per Putin": credi che anche dalle vicende recenti con Russia e Ucraina e la nostra reazione potrebbe uscire l'ispirazione per un fumetto?

Non direi indignato, annoiato è la parola giusta. Credo che ci sarebbe da fare un lunghissimo discorso su quei concetti che queste persone, in modo dogmatico e ideologico, ripetono ogni volta, roboticamente, su ogni circostanza secondo un pensiero granitico, morto e prestampato. La cosa divertente, se lo è, sta nel vedere pensieri di estrema destra uguali a pensieri di estrema sinistra, in sintesi, ma d’altronde siamo ben oltre la società dello spettacolo: direi che oggi è lo spettacolo (di noi stessi) che ci fa sociali.

Non credo che la questione Russa/Ucraina entrerà in un mio libro, per lo meno non in modo diretto: non mi interessa parlare della contemporaneità attraverso fatti, e personaggi, precisi e storici. Mi interessa una visione metaforica per parlare dell’oggi.

Hitler andava bene perché è quasi passato un secolo e la sua figura, compresa la sua aberrante retorica ideologica, sono ormai topoi.

Di Umberto Baccolo.





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