Marco Ottaviani, della “Sun Vibration Tattoo”: «un tatuaggio portafortuna in regalo, per lasciarsi alle spalle il Covid»
Quando parli con Marco Ottaviani della “Sun Vibration Tattoo” capisci che quella del tatuaggio è un’arte nel senso più vero della parola. Fatta di cura quasi maniacale per i dettagli, di pazienza artigiana e creatività. E d’altronde solo quando in un tattoo sono presenti tutte queste qualità, la pelle di una persona gareggia in bellezza con la tela del pittore. Non è un caso che i tatuaggi hanno cominciato ad essere considerati vere e proprie opere d’arte almeno a partire dagli anni 50, quando Allan Kaprow teorizza la body art.
Ottaviani è un di quelli che quando ha iniziato i tatuatori gli aghi se li costruivano da soli e da soli lavoravano sui colori. Ha alle spalle un background che fa la differenza. Nel suo studio in via della Farnesina 15, zona Ponte Milvio, ha visto passare tanti personaggi dello spettacolo, richiamati dalla sua bravura e dal tocco preciso della mano. «Oggi – spiega a Spraynews – sono molti quelli che si improvvisano tatuatori, al limite dopo un corso di appena 90 ore, ragazzi che non hanno la passione tipica dell’artigiano, che lavorano in serie. Comprano macchine ed aghi già imbustati e saldati da ditte cinesi e se hanno un imprevisto non sanno cosa fare. Per non parlare di quelli che sui propri profili social postano le foto di tatuaggi dai colori profondi; peccato che l’originale sia molto, ma molto più modesto, e quelle immagine siano ritoccate con photoshop!».
Ottaviani, una passione per il disegno sin da ragazzino, ha iniziato la professione nel 1996, ha fatto la gavetta con un tatuatore che gli ha insegnato il mestiere, le tecniche migliori. E ti dice che andare da un buon tatuatore è come andare da un sarto: «tu vai, ti scegli il tessuto, il colore, e quel disegno che hai scelto diventa un pezzo unico. E’ un pezzo unico». Perché un tattoo non è solo inchiostro o immagini da sfogliare su un catalogo, evoca emozioni e ricordi, che spetta al tatuatore interpretare e valorizzare.
Da pochi giorni il tattoo artist ha riaperto il suo studio, dopo più di due mesi di lockdown. Gli chiediamo se la gente, causa Covid-19, ha paura di farsi i tatuaggi. «No - spiega – la gente non ha paura di contrarre il virus facendo un tatuaggio. Ha paura per la situazione economica. Tante persone che prima avevano un posto fisso hanno perso il lavoro ed è naturale che chi aveva in programma di farsi un tatuaggio oggi ci pensa due volte. Nel periodo di chiusura tanti mi hanno contattato perché appena finita fase della chiusura totale avevano piacere di farsi un tatuaggio, ma poi il clima di incertezza economica ha fatto desistere molti».
Per reagire alla morsa in cui il paese è stato schiacciato, per riportare anche un po’ di speranza ed ottimismo, Ottaviani ha deciso di regalare a quelli che varcheranno la soglia del suo studio un tattoo portafortuna. «E’ un auspicio per il futuro. Sarà un disegno uguale per tutti, una simpatica sorpresa. Decido io quale sarà il soggetto. Penso che in questo momento le persone abbiano bisogno di una carica di positività per affrontare il presente». L’idea è piaciuta, ha girato così tanto sui social da arrivare fino a Londra. «Giorni fa mi ha scritto una tatuatrice italiana che vive e lavora nella capitale inglese e mi ha fatto i complimenti: “finalmente una iniziativa originale”».
Quando Ottaviani ha iniziato in Italia ce n’erano pochissimi. La loro professione non aveva nemmeno un preciso profilo, «pensa, eravamo equiparati ai podologhi», racconta. «Adesso siamo considerati alla stregua degli artigiani. Negli ultimi 10 anni sono nate nuove scuole, più serie e qualificate di quelle che hanno imperversato per lungo tempo, ma la categoria fatica ancora a darsi un profilo forte ed unitario».
A Roma all’inizio degli anni 90 i tattoo artist erano poche decine. «Adesso i negozi vengono su come funghi». D’altronde sono più di 7 milioni gli italiani folgorati dal fascino del tatuaggio. E agli studi si sono aggiunti anche i centri estetici. Ed è un accostamento che Ottaviani considera a dir poco forzato. In pochi anni il numero dei tatuatori è aumentato del 200 per cento. Se ne contano 7mila per 4mila imprese. E ai numeri “ufficiali” c’è da aggiungere, il sommerso, «perché sono tantissimi quelli che lavorano da casa». L’emergenza coronavirus poi rischia di farli aumentare ancor di più. «Tanti tatuatori che prima lavoravano negli studi, e ve ne sono che ne hanno anche più di venti, ora con le nuove regole sul distanziamento sociale sono stati mandati via, pronti ad andare ad ingrossare le fila del lavoro nero».
Domandiamo come i professionisti dei disegni sulla pelle si siano attrezzati per l’emergenza Covid-19. «In realtà – spiega – a noi non è cambiato nulla per quel che riguarda il metodo di lavoro, perché comunque i tatuatori hanno sempre lavorato con guanti e mascherine. Il problema semmai è un altro. In questo momento in cui c’è stata una richiesta enorme dei cosiddetti dpi, i dispositivi di protezione individuale, comincia a scarseggiare la materia prima e diventa difficile rifornirsi di guanti in lattice o in nitrile, quelli cioè aderenti perfettamente alla mano, necessari per poter lavorare. Ed i prezzi sono quintuplicati andando ad impattare sensibilmente sui costi fissi».
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