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Mario Pepe sulle Europee: Forza Italia al 10 per cento per tenere in piedi il centrodestra



Il sesto senso e una carriera politica di lungo corso lo hanno abituato a stare con le antenne dritte. Attento a cogliere ogni segnale per capire cosa si può nascondere dietro l’angolo. E per Mario Pepe, ex parlamentare di Forza Italia, tre legislature alle spalle, dietro l’angolo di queste elezioni europee ci può essere la dissoluzione dell’Unione, travolta dalle pulsioni nazionaliste, dagli egoismi, dal populismo. Ecco perché anche alcune parole d’ordine che in altri momenti avrebbero avuto il suo sì convinto, oggi lo trovano singolarmente cauto. «Sento da più parti pronunziare “dio, patria e famiglia”. E sarei anche d’accordo con questi valori se non fosse…».


Se non fosse cosa Pepe?

«Ecco, non vorrei che da “Dio, Patria e famiglia” si passi d’un colpo a “credere, obbedire, combattere”, e poi a campi Dux. Sta montando un nazionalismo esasperato e pericoloso in tutto il Vecchio Continente. Per sconfiggerlo occorre che la destra, una destra liberale e cattolica, torni a rivendicare con forza i suoi valori . Ecco perché, dopo anni di silenzio, ha deciso di impegnarmi per sostenere Forza Italia alle prossime europee. In questo momento il voto a Forza Italia è l’unico voto utile. Una vittoria di Forza Italia, o almeno una sua tenuta sopra il 10 per cento, può aggregare il centrodestra e consolidare un’alleanza che alle prossime politiche consenta di governare il paese per cinque anni. Governarlo, aggiungo, con le ricette del centrodestra e senza andare ad inseguire i populismi, le elargizioni caritatevoli, le fandonie sulla decrescita felice ed altre sciocchezze targate Cinque stelle».


In un anno il Movimento si è sgonfiato parecchio, non trova? Dovevano aprire il parlamento come una scatoletta di tonno, ma nella scatoletta sono rimasti comodamente intrappolati.

«E ci credo! Troppa incompetenza troppe promesse e annunci impossibili da realizzare. Una scia di contraddizioni o, se si vuole, di tradimenti: il no alla Tap, con cui hanno raccolto moltissimi voti al Sud, si è tramutato in un sì. E poi l’Ilva, il referendum sull’euro…. Ha ragione Tremonti, faranno la fine di Monti e della Fornero: grandi aspettative, ma alla prova dei fatti un sostanziale fallimento. Anche la ricetta contro la povertà, il famoso reddito di cittadinanza, non mi pare stia raggiungendo il risultato sperato. Questo governo ha praticato uno spoil system spietato, cacciato quelli bravi e competenti, col risultato di mettere in posti chiave persone inadeguate. Gestire il potere è un’arte, ma questi non sono uomini di governo, sono bravi a prendere i voti, a cavalcare la protesta, ma, mi creda, il governo è un’altra cosa. Il 26 maggio succederà che tanta gente delusa volterà le spalle a Di Maio. Assisteremo ad uno smottamento dei Cinque stelle che potrebbe andare in gran parte a beneficio di Salvini. Ma, attenzione, non sarebbe un bene per l’Europa e per l’Italia».


Che succede se la Lega dovesse straripare alle europee?

«Se Salvini arriva al 37 per cento, come ho sentito in questi giorni, né Forza Italia, né - meno che mai - il partito della Meloni potranno condizionarlo in un futuro governo di centrodestra. Dovesse fare il pienone di voti, la Lega sarà spinta a presentarsi da sola alle elezioni. Se, invece, l’ascesa di Salvini si ferma al Sud, bene, si comincia a ragionare».


Salvini non sarà contento di queste parole.

«E non me ne frega niente. Dobbiamo essere consapevoli che una politica populista e nazionalista se nell’immediato può dare risultati elettorali per chi se ne fa promotore alla lunga potrebbe rivelarsi fallace. Sull’immigrazione, per esempio, la strategia della Lega non mi convince. In Italia ci sono 6 milioni di immigrati regolari che partecipano alla vita economica del paese e che sono esclusi dal voto politico. Significa che le leggi che noi facciamo sono leggi che non hanno una vera e propria rappresentanza democratica, perché escludiamo dalla partecipazione democratica una massa di 6 milioni di persone. Ecco, anche da questo punto di vista, l’importanza di una affermazione significativa di una forza liberale come appunto è Forza Italia. Berlusconi può arginare quei fenomeni pericolosi che, in questi mesi, hanno portato l’Italia ad essere isolata rispetto ai paesi fondatori. Dico di più. Credo che il leader di Forza Italia sarà il deputato più anziano a risultare eletto all’Europarlamento. Come deputato anziano dovrà dunque, secondo il regolamento Ue, presiedere il parlamento. Sarebbe un fatto di importanza assoluta, dal forte valore simbolico».


Pepe lei ha sempre rivendicato si essere prima che berlusconiano un liberale. Ma che vuol dire essere liberale oggi?

«Significa per esempio difendere la costruzione europea. Cambiarla, certo, ma difenderla, perché senza l’Europa non c’è futuro. Dobbiamo rendere l’Europa finalmente più incisiva sul piano politico e non solo economico. Forza Italia non difende l’Europa delle banche, ma l’Europa della civiltà e del diritto, l’Europa della sicurezza e dell’accoglienza, l’Europa delle libertà economiche. L’Ue è fondamentale per il Mezzogiorno d’Italia. E di Europa, per esempio, parleremo domani a Bellosguardo il piccolo paese in provincia di Salerno dove sono nato. Qui abbiamo 170 comuni agonizzanti: nel passato vivevano di agricoltura e pastorizia e oggi rischiano di spopolarsi. Hanno la necessità di reinventarsi. Come? Con il turismo e l’agricoltura di qualità. Domini sera ho riunito a una manifestazione elettorale di Forza Italia - a cui ho invitato Lorenzo Cesa, che oltre ad essere il segretario dell’Udc ha maturato una significativa esperienza all’europarlamento - tutti gli amministratori di questi comuni per discutere della nuova Europa che dobbiamo costruire».


Pepe, torniamo a Forza Italia. La convince la composizione delle liste? La decisione della Carfagna di ritirare la sua candidatura nella circoscrizione Sud dopo le polemiche che sono nate in Forza Italia non è che sia proprio un bel segnale.

«Quello delle liste è un problema vecchio che riguarda un po’ tutti i partiti. A volte le liste vengono fatte più per salvare le poltrone di quelli che ci stanno che non per accendere una sana competizione. Io sono uno di quelli che riteneva che la candidatura di Mara Carfagna potesse rappresentare un valore aggiunto. Hanno prevalso altre logiche. Ma non è il momento delle recriminazioni. E’ il momento di difendere la linea del Piave di Forza Italia che è quella del 10 per cento. In questo momento non serve che Salvini prenda un voto in più, serve che Forza Italia tenga le posizioni e inizi una rimonta nel Paese. Una tenuta di Forza Italia alla fine potrebbe essere anche nell’interesse di Salvini. Magari la prossima volta, con un centrodestra unito, potrebbe dire la sua sia sulle candidature nei collegi uninominali e sia sulla scelta delle persone. Che oggettivamente non possono essere sempre le stesse. Ci sono parlamentari che sono diventati di ruolo. Ci vuole un ricambio vero della classe politica del centrodestra».


Se dovesse dare un consiglio a Berlusconi?

«Berlusconi deve ottenere una valanga di voti di preferenza. E per averli deve saper mobilitare tutte le risorse del partito. Nel 2001 i parlamentari di FI erano quasi 400. Ebbene, secondo me questi parlamentari andavano chiamati uno per uno per invitarli a fare la loro parte. Non averlo fatto è stato un errore strategico.


Da cosa nasce questo errore, il carattere dell’uomo?

«Berlusconi punta ancora sulle sue sole forze. E questo gli fa onore. Ma questa battaglia o si vince tutti insieme o si perde».


di Giampiero Cazzato

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