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Mario Zamma, star del Bagaglino: "stasera mi butto" col mio nuovo spettacolo a Roma


Ciao Mario, da stasera, 9 dicembre, a domenica 12 sarai a Roma al Teatro degli Audaci con un nuovo spettacolo, Stasera mi butto, su un tifoso che sale su un tetto in forma di protesta perché vorrebbe far replicare una partita che la sua squadra del cuore ha perso per lui ingiustamente, ce ne puoi parlare?


Quella del tifoso che vede svanire il suo sogno è una metafora: molti come me vorrebbero salire su quel tetto e gridare contro le ingiustizie e le avversità della vita. Interpreto una specie di Don Chisciotte, un po' folle, che sale sul tetto per prendere le parti dei deboli, che rappresenta l'80% degli italiani, tutti quelli che si vedono prevaricati nella loro quotidianità: lui sta combattendo a modo suo una lotta tra il bene ed il male. Le ingiustizie, anche se così non dovrebbe essere, ci sono anche nel mondo dello sport, e lui è un tifoso di una piccola squadra, il Benevento, che abbiamo scelto perché io sono di quelle parti, di Avellino - sono partenopeo, ma solo a metà perché Roma mi ha accolto, vivo qui da moltissimo tempo e mi sento davvero romano -, e il Benevento è appunto una piccola squadra che si trova ad affrontare questo gigante che è la Juventus, scelta invece come punto di riferimento perché si sa che in Italia per i grandi club le soluzioni arbitrali funzionano in un certo modo, quando non giocano bene c'è però sempre un arbitro che le aiuta.


Questa cosa non va giù al protagonista dello spettacolo, che così sale sul tetto di un palazzo di sette piani e minaccia di buttarsi giù se la Federazione non farà ripetere la partita: da lì si innescano una serie di situazioni tragicomiche. Naturalmente il grande pubblico mi conosce come comico e quindi si aspetta di ridere, e così sarà perché le situazioni drammatiche spesso sono quelle dove si ride di più.


Come è nato questo spettacolo nello specifico?


Lo ha scritto magistralmente Patrizio Pacioni, autore pluripremiato. Quando mi è stato proposto questo testo me ne sono subito innamorato, e grazie al prezioso lavoro del regista Giancarlo Fares me lo sono aggiustato addosso fino ad avere un risultato perfetto per me. Da lì siamo andati a comporre una squadra fantastica, che comprende anche un personaggio cupo e aspro ma allo stesso tempo ben inserito nella realtà, quello di un blogger d'assalto, che si vede capitare una notizia che non può non cogliere al volo, visto che lui abita nello stesso palazzo su cui sale il protagonista. Quindi io, che pensavo la polizia avesse bloccato tutti gli accessi, me lo vedo salire per fare lo scoop. Questa figura vuole essere una critica ad un certo tipo di giornalismo che cinicamente cerca di guadagnare sulle tragedie umane.


C'è poi anche una bellissima storia d'amore, con la mia ex moglie che viene contattata dicendole che sto minacciando il suicidio, e che nonostante ci fossimo lasciati in malo modo e non ci parlassimo più da 7 anni, si precipita su questo terrazzo per cercare di farmi cambiare idea: questo fa venire a galla delle cose che i nostri personaggi non si erano mai detti, e ci sono dei momenti molto teneri, di grande dolcezza; probabilmente l'amore tra loro non era mai finito.


Se nel primo tempo dello spettacolo ci sono momenti tragicomici, nel secondo la mia parte attoriale emerge ancora di più per via della forza di questi momenti con la moglie, perché l'amore è così forte che riesce a tirare fuori delle cose inaspettate, dure e tenere assieme. Ma ho già spoilerato troppo: se volete sapere altro, veniteci a vedere.


A proposito di te, che tipo di attore sei?


A me piace spaziare nel mondo del teatro a 360°, dalla commedia brillante al varietà, alle imitazioni e ai caratteri. Ad esempio il mio ultimo spettacolo, Sbussolati, che ho portato in giro per oltre 100 repliche fino a poco fa, mi vede protagonista assoluto, perché sono da solo in scena, e lì racconto un'altra storia sul malfunzionamento della società di oggi, attraverso personaggi tutti interpretati da me che si ritrovano in questo sbussolamento: c'è il principale che si separa con la moglie, ed essendo un italiano qualunque lascia la casa continuando a pagare il mutuo, il mantenimento ai figli e il resto, e va a vivere in uno scantinato, costretto ad andare a mangiare alla Caritas dove incontra altri sbussolati come lui, con i quali rappresento tipici caratteri italiani.


Anche questo è uno spettacolo molto divertente, che ho pure scritto completamente insieme a Roberto D'Alessandro che ne ha curato anche la regia, e nel quale pure suono e canto, una cosa che amo ma che ho fatto poche volte, principalmente la facevo al Bagaglino, che mi consacrò come uno dei più amati caratteristi ed imitatori di politici, ma poi la mia evoluzione artistica ha preso un'altra strada.


Quale?


Anche quella dello scrittore, perché sono un poeta romantico, il 16 presento il mio secondo libro, Poesiando io, per Bertoni Editore, che segue Malinconico del 2018. In questi libri parlo dell'amore verso la vita, verso la figura della donna.


Facendo un passo indietro nella tua storia, ci riassumi un po' la tua carriera artistica dai suoi inizi?


Allora bisogna partire da molto lontano, perché nasco cinquant'anni fa come bambino prodigio, a cinque anni mi esibivo nei festival canori eseguendo le canzoni dei grandi, imparando dai miei fratelli maggiori che avevano un loro gruppo: oggi direbbero che sono un extraterrestre. Dopo che ne vinsi quaranta gli altri bambini non volevano più venire, così decisero che potevo partecipare solo come ospite d'onore fuori concorso.


Visto questo mio talento feci dieci anni di conservatorio ad Avellino: fu in quel periodo che iniziai ad inventare le mie prime gag da comico. Così accadde che un grande violinista, molto amico di Uto Ughi, vedendomi mi disse: "Giovanotto, lei è nel posto sbagliato. Sicuramente la musica sarà una parte importante della sua vita, ma lei deve recitare". Fu proprio lui a farmi conoscere Gianni Raviele direttore di Prisma, settimanale d'informazione dello spettacolo, grazie al quale ebbi la mia prima intervista importante su Rai1 al TG, condotta dal grande Lello Bersani. Da quel battesimo televisivo iniziai a fare tantissime cose, mi hanno chiamato immediatamente per una tournee come comico che mi ha portato in moltissimi posti, cinquanta date, presentata da Valerio Merola. In quel periodo divenni famoso per la mia imitazione di De Mita, che piacque così tanto a Gino Bramieri che mi volle con lui al G.B. Show, io a fare De Mita e lui Craxi.


Grazie a quello fui invitato da Pierfrancesco Pingitore a partecipare al suo meraviglioso Biberon, e da lì ho fatto tutti i programmi televisivi e gli spettacoli teatrali della strepitosa compagnia del Bagaglino che Pingitore dirigeva, lavorando assieme a Pippo Franco e a tutti quegli altri straordinari amici e artisti, per tantissimi anni, fino al 2009. Ho fatto oltre 30 anni di televisione, con ascolti da 17 milioni di persone, e poi si è deciso che non dovevamo più andare in onda, perché le logiche italiane sono incomprensibili. La compagnia del Bagaglino ha comunque continuato ad esistere in teatro, ma io in quel periodo vista la situazione capii che dovevo iniziare a fare anche dell'altro, così mi diedi alla carriera solista. Nonostante questo dissi a Pingitone che ogni qualvolta che mi avesse chiamato io ci sarei stato: ad oggi lo spettacolo più recente che ho fatto con loro è del 2019, perché poi ci ha fermato il Covid.


E da solista come ti è andata?


Come ti dicevo ho iniziato a fare altri spettacoli, ad esempio nel 2016 ho fatto una bellissima commedia da oltre 100 repliche, di grande successo. Poi c'è stato Sbussolati di cui ti parlavo che è arrivato a 120 repliche, e la nuova avventura di Stasera mi butto. E come ti dicevo di recente sono riuscito finalmente a tirare fuori una parte di me che avevo sempre faticato a fare emergere, che è quella della scrittura. Un po' lo devo a Oreste Lionello che quando gli raccontavo le mie idee mi diceva che le dovevo assolutamente scrivere, che avevo idee molto profonde ed importanti. Ma anche a Franco Califano, con il quale abbiamo condiviso la tournee nelle carceri più importanti d'Italia, dove io iniziavo con uno spettacolo comico e lui concludeva con un concerto: siamo diventati amici intimi nei nostri pensieri ed anche lui mi diceva che dovevo assolutamente scrivere. Così ho preso coraggio, perché avevo sempre scritto solo cose comiche e mai pensieri un po' più alti, anche malinconici, che rappresentano l'altra parte di me che anche se meno nota non è meno importante rispetto all'altra.


Una bellissima carriera davvero.


Sì, ma nonostante l'esperienza ed i successi io mi pongo davanti ad ogni nuovo lavoro come se fosse il primo, perché se non rimangono quel tipo di entusiasmo, voglia di esprimersi ed umiltà non si va da nessuna parte. Io voglio continuare ad emozionarmi per poter continuare ad emozionare, perché in tutto quello che faccio io ci credo e metto il cuore, e credo che per poter toccare gli altri debba per primo farlo con me.


Il Covid ci ha condizionato molto e continua a farlo, io penso abbia cambiato la gente in negativo e su questo ho scritto un pensiero a cui tengo molto: "Abbiamo smesso di essere quello che siamo pensando di essere quello che abbiamo". Lo volevo citare a conclusione dell'intervista perché penso che rappresenti una sintesi di tutto ciò che voglio esprimere oggi con il mio lavoro artistico.


Di Umberto Baccolo.




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