«Moscovici? Quale? Jekyll o Hyde? Perché qui c’è lo strano caso di un signore che veste i panni di Hyde con l’Italia dicendo che la riduzione del deficit ancora non gli basta e poi fa invece la parte di Jekyll con il suo Paese la Francia, consentendo lo sforamento oltre il 3 per cento…» così Massimo Bitonci, sottosegretario al ministero dell’Economia, ex sindaco di Padova e prima ancora di Cittadella, il piccolo Comune veneto dove per primo impose il reddito obbligatorio come condizione agli immigrati per poter soggiornare, esempio della scuola degli amministratori leghisti, esprime nei corridoi di Montecitorio con ironia tutta l’irritazione con la quale il Carroccio sta aspettando l’esito della fatidica trattativa sulla manovra in corso a Bruxelles. Per giunta, cosa che non fa affatto piacere ai leghisti, c’è stato al Senato, come del resto già era in programma, l’approvazione con il voto di fiducia del blocco della prescrizione dopo il primo grado di giudizio, espressione di quel giustizialismo a 5 stelle che fa venire l’orticaria ai leghisti. I quali però ufficialmente fanno spallucce: «Ma tanto, deve scattare dal 2020 e per i processi in corso da quella data, vedrete se ne riparla nel 2030…». Insomma, campa cavallo. Così pronostica sotto anonimato un parlamentare di quella Lega che mastica ancora amaro per l’attacco “a freddo” di Luigi Di Maio al tesoriere Giulio Centemero sulla vicenda dei fondi di Via Bellerio. I leghisti pensano che “siano partiti ordini dall’alto”. Lo stesso Casaleggio? Qualcuno degli uomini di Salvini che ha dato ordine di non rispondere alle “provocazioni” la mette così: «È evidente che sono in crisi e Di Maio con i suoi capigruppo per tenere tutto assieme il movimento hanno fatto questa cosa…mah…facessero come gli pare». Non tira una bella aria con i contraenti pentastellati. Ma Matteo Salvini viene descritto come determinato ad andare avanti comunque, perché se qualcuno staccherà la spina, e non si prevede prima delle Europee, “quelli non saremo certo noi”, è la parola d’ordine che si sono dati i leghisti. Uno di loro ammette: «Berlusconi ieri sera è stato tonico, davvero in forma…caspita, quell’uomo è sempre un grande! E però noi pensiamo che rifare un governo di centrodestra con un gruppo di responsabili ex grillini dentro, insomma con certe manovre di Palazzo, è cosa che potrebbe danneggiare Salvini e la Lega nell’elettorato, sarebbe una cosa interpretata come vecchia politica che potrebbe portar via voti alla Lega». E però non potrebbe toglier voti alla Lega proprio tra quei ceti produttivi del Nord, da sempre la sua base numero uno, la politica pauperistica pentastellata con i no alla Tav e alle grande infrastrutture? I leghisti pensano di poter aggirare l’ostacolo, piuttosto ne vedono uno maggiore nel “giustizialismo” dei 5 Stelle: «Quel blocco della prescrizione, con il rischio di essere tenuti a vita sulla graticola dei processi, è cosa che preoccupa ancora di più il mondo dell’imprenditoria», riflettono alcuni parlamentari del Carroccio. Però al momento sembra che la Lega abbia deciso di trangugiare e aspettare comunque le Europee. E nel caso il Carroccio dovesse uscirne con un rapporto di forza totalmente diverso rispetto ai contraenti di governo, con una Lega vicina al 40 e i 5s poco sopra il 20, è chiaro che ritengono a quel punto non campata in aria l’ipotesi di elezioni anticipate. Anche se non sembra scartata neppure l’ipotesi sulla quale sta facendo pressing Berlusconi e cioè una nuova maggioranza di centrodestra da rifare in parlamento. Il “matrimonio” giallo-verde per ora sembra destinato a continuare. E la parola d’ordine leghista è non farsi prendere da una crisi di nervi, semmai la Lega sembra aspettare sulla riva del fiume che ci cadano gli altri soci dell’esecutivo. “Intanto, vediamo se riusciamo a portare a casa la manovra…”, è l’unica cosa sulla quale si sbilancia il capogruppo leghista alla Camera Riccardo Molinari. E naturalmente il primo obiettivo è evitare la procedura d’infrazione. Antonio Tajani, presidente del parlamento europeo e vicepresidente di Forza Italia, affonda il colpo: «Rischiano che la gente vada a prenderli con i forconi. Se parte la procedura d’infrazione, lo spread sale… Hanno avuto paura e hanno fatto retromarcia. Ma l’Italia ha fatto una figuraccia. Tanto rumore per nulla e nel frattempo sono stati bruciati 300 miliardi…». Intanto, mentre il governo non attraversa i suoi giorni più felici, Berlusconi sembra godersi a suo modo una sua rinnovata centralità. Racconta a Spraynews.it il deputato azzurro Sestino Giacomoni, stretto collaboratore del Cav: «Ieri sera, dopo la presentazione del libro di Bruno Vespa al Plaza, Berlusconi per la prima volta dopo tanto tempo è voluto tornare a Palazzo Grazioli a piedi. Ha bloccato tutto il traffico in Via del Corso, gli gridavano dalle macchine “Silvio, Silvio…”.Uno spettacolo…. Era tutto un “Silvio, Silvio” anche tra le persone a piedi… Neppure più un insulto, dopo tanto tempo».
di Paola Sacchi
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